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Modelli di business e modelli di valutazione.

Ma proprio perché esiste questa opportunità, è importante che anche le banche si concentrino sulle imprese del futuro, evitando di continuare a supportare aziende con modelli di business non sostenibili“. Così Claudio Torcellan, partner della società di consulenza Oliver Wyman, ripreso in un articolo di Alessandro Graziani sul Sole 24Ore on line di oggi, parlando delle leve per rilanciare la redditività delle banche e delle opportunità offerte al sistema delle imprese e al sistema bancario dalle misure previste nel Recovery Fund.

Se è vero, come pare, che Oliver Wyman sia la società di consulenza della stessa BCE in materia di vigilanza, ci sarebbe più di un motivo per riprendere in mano la questione del modello di business, e non solo perché è scritto nelle metriche degli Orientamenti EBA e diventa oggetto di vigilanza ispettiva: saper valutare il proprio business model, per le imprese e per le banche che le finanziano, diventa un elemento fondamentale del processo del credito, ovvero del processo di conoscenza reciproca che ruota intorno alla misurazione del rischio ma è, sicuramente, molto di più.

Nel prosieguo dell’articolo, che invito tutti a leggere, vi sono molti spunti di riflessione, alcuni dei quali sono veri e propri ossimori da risolvere, o se si preferisce, da sciogliere: si pensi, tra gli altri, al rapporto tra lavoro umano, indispensabile nel modello della banca di relazione, e intelligenza artificiale, capitolo non più eludibile, anche alla luce della marcata preferenza, ormai ben chiara, espressa dal regolatore per la grande banca a dimensione nazionale. Non c’è industrializzazione del processo del credito che possa prescindere da solide conoscenze e da una capacità di lettura che riesce difficile immaginare di appaltare a un robot; così come riesce difficile immaginare che le stesse riflessioni sul modello di business dell’impresa possano essere lasciate all’imprenditore senza che la banca condivida le proprie, sull’impresa stessa, sul settore e/o sulla filiera.

Prima ancora che sia la banca a razionare, di fatto, il credito a quelle imprese e a quei settori destinati inevitabilmente a diventare marginali o ancora più competitivi e quindi con una marginalità in progressiva, costante erosione, la riflessione dovrebbe essere agevolata da un ceto professionale che appare ancora un po’ troppo impaurito o forse preso alla sprovvista dalle novità (quando non “affonda” nella miriade di pratiche, dal 110% alle moratorie) e dalle banche stesse, unitamente alle associazioni di categoria, anche se al momento la preoccupazione principale sul tema è spostare in avanti le scadenze, prolungando le moratorie. Anche perché ogni allungamento delle moratorie aiuta a spostare in avanti il problema del credito deterioratosi a causa della crisi indotta dalla pandemia…

Bisogna intendersi: è difficile immaginare un mondo dove si possa fare a meno del commercio al dettaglio e della distribuzione retail, ma non è evidentemente pensabile che cessata l’emergenza, sia business as usual per tutti e amici come prima. Ovvero, un business model che nella distribuzione al dettaglio ignori le conseguenze della digitalizzazione e/o dei mutamenti nei comportamenti dei consumatori è destinato inevitabilmente a soccombere, così come quello di un classico terzista la cui formula competitiva sia tuttora basata sul body rental, senza offrire un reale valore aggiunto.

Dunque, guardando avanti, occorrerà agire ed agire in fretta; e se in questo ambito non è sicuramente il caso di occuparsi del policy maker e delle sue scelte –trop vaste programme-, non ci si può non fare, per l’ennesima volta, interpreti della necessità di un dialogo che riempia di contenuti la necessaria partnership tra banca e impresa, mai come in questo momento storico così importante e così decisiva per il nostro Paese e il suo sistema economico. E allora si deve dire chiaro e forte che non ci servono meno banche di relazione perché quello è un modello adatto a banche piccole, ma banche che sappiano crescere in maniera profittevole senza perdere il contatto con la realtà dei territori e delle imprese che vi lavorano: l’intelligenza artificiale elimina la relazione solo se viene concepita in un’ottica fine a sé stessa, non come strumento. Siamo uomini, non caporali.

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Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo Vigilanza bancaria

Banche locali e salvataggi: senza pregiudizi si costruisce sempre.

Banche locali e salvataggi: senza pregiudizi si costruisce sempre.

Il Sole 24 Ore on line di ieri riporta un lancio di Radiocor di questo tenore: “Si sblocca il dossier Carige ma non è ancora tempo di sospiri di sollievo perché l’operazione di salvataggio dovrà passare dal via libera decisivo dell’assemblea degli azionisti che potrebbe tenersi nel mese di settembre. Intanto però la struttura dell’operazione sembra aver ricevuto i consensi necessari da parte del sistema bancario e dalla Cassa Centrale Banca, partner industriale intorno a cui ruota l’intero riassetto della banca genovese. Secondo quanto anticipato da Radiocor, è stato trovato l’accordo tra il Fondo interbancario di tutela dei depositi e la holding delle banche cooperative per la copertura dell’intero ammontare dell’aumento di capitale da 700 milioni necessario al rafforzamento patrimoniale di Carige: lo Schema Volontario del Fondo ha approvato ieri la conversione del Bond da 313 milioni di euro, mentre 65 milioni arriveranno da Cassa Centrale che ha tenuto oggi il suo consiglio di amministrazione, il resto dell’ammontare (oltre 300 milioni) sarà comunque garantito dal Fondo interbancario che chiude così il cerchio dell’aumento anche nel caso in cui gli azionisti attuali decidessero per non partecipare alla operazione.”

E’ singolare che la Banca indicata come il peggiore concentrato del “localismo” e dei danni che esso ha compiuto (ampiamente dimenticabile la stucchevole polemica portata avanti da Sebastiano Barisoni dai microfoni di Radio 24 proprio sul tema di Carige e delle banche locali) stia per essere salvata da Cassa Centrale Banca, la più rapida delle tre banche uscite dalla riforma del credito cooperativo a darsi una struttura organizzativa e manageriale di livello nazionale, con un management che, lungi dal ripiegarsi su sé stesso e sugli immani problemi che comporta diventare uno dei primi dieci gruppi italiani, decide addirittura di rilanciare, grazie ad un free capital evidentemente adeguato. Solo due cose, in attesa di vedere gli sviluppi: alla faccia di Barisoni e dei molti uccelli del malaugurio, il localismo nelle banche è vivo e lotta con noi (forza CCB); se anziché lamentarsi e avere pregiudizi, provi a costruire, vengono fuori “cose belle”.

P.S.: per chi l’avesse dimenticato, la riforma delle BCC l’ha fatta Matteo Renzi.

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Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo BCE

Semplificazioni (?).

Semplificazioni (?).

Il Sole 24 Ore di oggi nella sezione Finanza e Mercati riporta un articolo di Davide Colombo dal titolo significativamente attrattivo “Bankitalia lancia la semplificazione per banche minori”. Si tratta delle nuove modalità con cui saranno attuati gli orientamenti e le raccomandazioni delle autorità europee in materia di banche less significant, appunto, le banche minori. Premesso che di banche minori ne esistono e ne esisteranno sempre di meno, stante una legislazione (vedi leggi di riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo, tutte di fatto confluite in Gruppi “significant”) ed un indirizzo del regolatore palesemente orientati alla concentrazione del mercato e all’uso degli strumenti di Vigilanza strutturale, la semplificazione pare più di tipo formale che sostanziale.

Chi ha avuto modo di lavorare con e dentro le banche, soprattutto di minori dimensioni, sa bene che il principio di proporzionalità cui doveva essere informata tutta l’attività di vigilanza e la relativa compliance(ovvero l’adesione alle regole) è stato più che altro enunciato ma mai effettivamente applicato, sia per il “profluvio regolatorio” di cui parla Colombo nel suo articolo, sia per la chiara volontà di BCE e Bankitalia di non mollare la presa sul sistema bancario, riducendo il numero dei competitor.

La semplificazione, in poche parole, consisterebbe nel fatto che gli “orientamenti di vigilanza” a differenza degli “atti aventi natura normativa” potrebbero essere disattesi in quanto non vincolanti, a condizione che la banca che usi modalità diverse dimostri che le stesse soddisfano le disposizioni di legge e regolamentari cui gli “orientamenti” stessi si riferiscono. La comunicazione di Bankitalia relativa alla semplificazione, d’altra parte, dimentica un piccolo-grande particolare, ovvero che lo strumento della moral suasion, da sempre insegnato in tutte le aule universitarie dove si parla del ruolo della Banca Centrale, non solo non passa mai di moda ma è stato sempre più utilizzato negli ultimi tempi. BCE e Bankitalia sanno come farsi rispettare ma, soprattutto, sanno come farsi ascoltare: io non semplificherei.

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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio Banche Banche di credito cooperativo Fabbisogno finanziario d'impresa PMI Relazioni di clientela

Eppur si muove (il rapporto banca-impresa).

Eppur si muove (il rapporto banca-impresa).

Mentre finisco di parlare in un’aula di bancari, dopo tre giorni di intenso lavoro sul processo del credito e sulla qualità degli affidamenti (che oltre ad essere un libro dovrebbe essere un metodo di lavoro) chiedo a qualche partecipante delle esperienze precedenti in materia di formazione, dando quasi per scontato che l’analisi per flussi sia stata assimilata come il latte materno e gli omogeneizzati per i bimbi. Scopro, non so se con rassegnazione (il mio Maestro me lo aveva detto, il sistema bancario è irredimibile) o sorpresa (io continuo a illudermi) che questi professionisti della relazione di clientela hanno fatto il corso fidi base e poco altro esclusivamente sull’analisi per indici: che il loro docente era un bancario andato in pensione, che ovviamente sarà costato poco, e che i casi aziendali che hanno visto in aula riguardavano multinazionali o società quotate. Ci sarebbe di che deprimersi, o forse di che esultare, perché, in finale, si tratta di lavoro: e vista la preparazione di fondo, ci sarà sempre ignoranza da estirpare.

Eppure…eppure qualcosa si muove: a cominciare, pochi giorni dopo, da un piccolo imprenditore alberghiero riminese che, con mio grande stupore, ha chiesto al sottoscritto di preparare il piano economico-finanziario, mostrando di ben conoscere il tema della pianificazione strategica e del controllo di gestione in hotel. Non sapeva fare tutto, ma sapeva dove mettere le mani, sapeva che domande farsi, si poneva e si pone problemi: confrontarsi con lui è stato rigenerante. A proseguire, una grande banca di interesse nazionale ha mostrato attenzione ad un’impresa purché documentasse correttamente l’evoluzione del proprio fabbisogno finanziario, ai fini del sostegno ad un piano di investimenti, esigendo un piano finanziario. E, da ultimo, alcune laureande che si sono improvvisate imprenditrici chiedendo finanziamenti per un’impresa di fantasia, per verificare il tipo di risposte ricevute: se quasi tutte le banche interpellate volevano le firme dei genitori (qualcuna, in pratica, solo quella) più d’una ha mostrato interesse a sviluppare un piano finanziario, assistendole o consigliando loro di verificare attentamente la fattibilità del progetto. Una di queste era una Bcc…

Basta poco per consolarsi, o forse per vedere il bicchiere mezzo pieno. Però se è vero che si può ripartire solo da un lavoro, non da un’idea astratta, qualcuno lo sta facendo. Bisognerebbe raccontarlo più spesso.

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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio Banche Banche di credito cooperativo Indebitamento delle imprese PMI

Farsi domande sull’impresa (per non restare soli).

Farsi domande sull’impresa (per non restare soli).

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È abbastanza straordinario che, grazie ad una banca locale come la Cassa Rurale di Fiemme, 80 imprenditori siano venuti una sera di inizio di ottobre dalle 20 alle 23 ad ascoltare un poco illustre e sconosciuto accademico che parlava loro di gestione economica dell’impresa. Non meno sorprendente è che siano tornati (ieri sera) per ascoltare lo stesso relatore sugli aspetti più importanti della gestione finanziaria, sempre a orari non proprio agevoli per chi abbia lavorato tutto il giorno.

In fondo però la sorpresa è giustificata solo per chi ama gli schemi e inquadra tutte le situazioni secondo preconcetti. Quello che @Cassa Rurale di Fiemme sta portando avanti con la collaborazione di @R&A Consulting è, al contrario, il segnale di quanto si possa essere capaci di stare vicini alle imprese ascoltandole, comprendendone le esigenze e offrendo loro soluzioni.

La prima sera del percorso è stata introdotta da una premessa: “non ci sono soluzioni magiche, guru, ricette”. Ed è stato proprio il sottoscritto a ricordare che si può dire “riuscito” solo un incontro dove, una volta tornati a casa, si abbiano più domande di prima.

Questo è accaduto e continua ad accadere a Tesero, questo potrebbe accadere nuovamente coinvolgendo ancora di più le imprese sui territori grazie alla Cassa Rurale di Fiemme e a Banking Care, non appena partirà il progetto di consulenza alle Pmi denominato “Consulenza d’impresa. Crediamo nel tuo lavoro”. Si può fare cultura d’impresa, si può fare per le piccole e medie imprese e, soprattutto, lo si può fare (solo?) con le banche locali.

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Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo PMI

Riformare il credito cooperativo non è solo questione di regole.

Riformare il credito cooperativo non è solo questione di regole.

L’approdo alla versione finale del Decreto Legge che ha riformato il credito cooperativo dopo una lunga gestazione ed una sostanziale imposizione dal centro (su questo, e solo su questo, a parere di JM, hanno ragione i vari “colonnelli” che hanno fatto veri e propri pronunciamenti latino-americani sul tema) non può che far riflettere non solo tutti coloro che hanno a cuore la democrazia economica e la “biodiversità” mutualistica, ma anche chi, più semplicemente, si interroga sul futuro delle relazioni di clientela nel nostro Paese, soprattutto per quel che riguarda le Pmi. Su Linkiesta ci sono le considerazioni di Luca Barni, che riesce a sintetizzare efficacemente il vero pregio della riforma: l’avere accolto le linee principali dell’autoriforma che Federcasse stava discutendo, riuscendo, nello stesso tempo, a rafforzare patrimonialmente le Bcc senza far loro perdere il nesso col territorio.

Ovviamente, non è mai stata una questione di regole in passato e non lo può essere nemmeno ora: la riforma rimette in gioco per tutti i valori, ovvero la cultura, il modo che hai di leggere la realtà, con buona pace di coloro (p.e.l’ottimo Sebastiano Barisoni di Radio 24) che dal crac delle 4 banche avevano tirato giudizi frettolosi e sommari sulle banche locali. La mutualità ed il localismo possono venire distorti così come la grande dimensione extra-nazionale: Deutsche Bank, ma non solo, rappresenta l’esempio più lampante di come la grande dimensione non garantisca comportamenti virtuosi, non eviti conflitti di interessi, non impedisca il moral hazard.

Mi piace, invece, ricordare due esempi che in una sola settimana ho potuto ri-conoscere ed incontrare di nuovo: una piccola Bcc, con un record di sofferenze irrisorie (talmente basse da sembrare quasi insultanti, visti gli elevati accantonamenti prudenziali comunque effettuati) che lavora strettamente sul territorio ma che osserva continuativamente le buone prassi in materia di valutazione del merito di credito. E poiché ho lavorato e lavoro per questa banca, evito di nominarla, sapendo che non me ne vorranno.

Il secondo esempio è sul lago di Ledro, dove la Cassa Rurale ha riunito -indubbiamente senza alcun merito del sottoscritto- ben 80 imprenditori per incontri serali (dalle 20 alle 23!) sulla cultura d’impresa, il bilancio ed il fabbisogno finanziario. Si può decidere di rimettersi in gioco su ciò che si ha di più caro, i propri conti aziendali, se chi te lo chiede è la banca che da sempre ti è accanto nelle tue scelte sul territorio: per giunta venendo ad ascoltare un illustre sconosciuto, che ti parla senza fare sconti, o almeno ci prova, nonostante l’ora. Cultura d’impresa e buone prassi, non solo regole: su queste basi la riforma del credito cooperativo non è appena una normativa illuminata, ma l’occasione per tutto il Movimento di riformarsi ritrovandosi.

 

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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio Banche Banche di credito cooperativo Fabbisogno finanziario d'impresa Indebitamento delle imprese PMI

Del margine disponibile (saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro).

Del margine disponibile (saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro).

Ricominciare a lavorare ad agosto, per giunta di sabato, ha qualche vantaggio: è un inizio soft, il sabato lo rende meno pesante, ti abitui a quelli che saranno ritmi ben più intensi. Ma, soprattutto, sei riposato e dunque attento: e così riesci a cogliere meglio alcune perle. La perla, come in una canzone di Stefano Rosso, arriva dopo aver discusso di problemi dello Stato. E dopo “cliente storico“, “socio“, “favorevolmente conosciuto“, “esistenza di patrimonio responsabile” arriva il grande colpo di fine estate: “ampio margine disponibile“. I grandi colpi arrivano solo dai vecchi lupi di mare, da quelli che hanno percorso tutte le strade del credito ed hanno dovuto spiegare che Gesù Cristo era (almeno) morto di freddo a gente che negava fosse morto.

Così un amico mi spiega che il margine disponibile, unitamente a tutte le frasi dette sopra, ha rappresentato (purtroppo, a quanto pare, rappresenta ancora in talune realtà) un’eccellente giustificazione per crediti che non dovevano essere erogati: ciò che la giurisprudenza in materia di concessione abusiva di credito chiama “fido irregolare“, in quanto non determinato sulla base delle buone prassi, ma di altri criteri. Apprendo così che, contrariamente alle mie credenze (per anni ho ritenuto che il suddetto rappresentasse la differenza fra fido accordato e fido utilizzato come da Bollettino Statistico di Bankitalia) il margine disponibile consta invece della differenza tra valore delle garanzie rilasciate ed ammontare del credito effettivamente utilizzato, magari sconfinando. Ci sono molti modi per aggirare la corretta determinazione del fabbisogno finanziario d’impresa, la misurazione della capacità restitutiva e dunque il valore o merito di credito: fermo agli insegnamenti del Maestro Giampaoli, pensavo fosse colpa degli indici di liquidità e dell’analisi della solvibilità a breve. Invece no, sono i muri, ancora loro. Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro.

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La forma cooperativa? Il vaglio?

La forma cooperativa?

La forma cooperativa ha limitato il vaglio da parte degli investitori e ha ostacolato la capacità di accedere con tempestività al mercato dei capitali, in alcuni momenti cruciale per far fronte a shock esterni. La riforma faciliterà lo svolgimento efficiente dell’attività di intermediazione creditizia in un mercato reso più competitivo dall’Unione bancaria.

Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, 26 maggio 2015

Il vaglio degli investitori sarebbe stato migliore nelle banche spa? In MontePaschi per esempio? La sensazione è quella che frasi scontate come questa nascondano solo la (comprensibile) volontà del Vigilatore di ridurre i vigilati. Meno banche, meno complicazioni. Ma per favore, non diamo la colpa alla cooperazione.

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Oroscopo (settoriale) del Mago Alex per il 2015

Oroscopo (settoriale) del Mago Alex per il 2015

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Il Mago Alex, previsioni per i bancari (dal 2013 anche per gli aspiranti bancari, i banchieri ed i banchieri centrali), ininterrottamente dal 2009.

La premessa è che “E’ un mondo difficile, è vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto.” Ammonimento mai da dimenticare: e se il 2014 lascia un’eredità all’anno che sta per arrivare è proprio il venire meno di molte certezze.

Non che manchi la voglia di cazzeggiare, quella grazie a Dio rimane, ma è come se ogni giorno le persone fossero un po’ più tetre, quasi non avessero voglia di mettere giù i piedi dal letto la mattina, chiedendosi per cosa ne valga la pena.

Ecco, per cosa ne vale la pena?

John Maynard ed il suo alter ego se lo sono chiesti, pensando a cosa scrivere nell’oroscopo per il 2015, ed hanno deciso di ammannirvi il primo oroscopo pensato (sic) per il settore finanziario. Forse il cassiere di Pizzighettone o l’addetto fidi di Isernia non vi troveranno la promessa di nasciture storie d’amore tra le scartoffie, ma per quello esistono maghi più predisposti ed esperti.

NdA: si ringrazia l’astrologia cinese per i suggerimenti su alcuni segni zodiacali, il sistema bancario italiano per l’immensa casistica che offre, Paolo Mereghetti per la filmografia, il prof.Berti per il bestiario.

P.S.: JM torna dopo la Befana. Abbiate pazienza, il 2014 è stato un po’ sabbatico, come per l’Inter, faremo meglio nel 2015.

Autorità di vigilanza (tutte, ma soprattutto una).

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Sotto il segno del Cane (Bastardo), in perfetto allineamento con il Cinghiale (a pelo lungo) opereranno indisturbate, così come avviene ormai da molti anni. Neppure per questo anno dovranno temere l’accountability e potranno tranquillamente continuare a fare ciò che loro meglio riesce: distruggere qualunque cosa si presenti come non funzionale ai loro disegni. Nel sostanziale disinteresse del Governo, di questo come dei precedenti, e di tutta la politica, compresi i geni del M5S, nonché di Milena Gabanelli e del Fatto Quotidiano, ridefiniranno il sistema finanziario secondo linee di vigilanza strutturale che neppure la Banca d’Italia di Guido Carli: che si tratti di politica economica è evidente, che non lo stia facendo la politica è altrettanto palese. Très démocratique

Darth Vader.

Prospettive: L’impero colpisce ancora.

 

Amministratori e direttori generali di banca (non tutti, ma tanti).

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Sotto il segno della Capra (per l’etimo ed il significato profondo del termine chiedere a Vittorio Sgarbi), con la Luna allineata con il segno della Lepre (animale notoriamente eroico), continueranno a ballare sul Titanic, chiedendosi con Mina perché tutto questo gli sia scoppiato dentro il cuore “All’improvviso”?

Solo che sono altri gli organi che stanno scoppiando: e i salvataggi bancari, ce lo ricorda il Grande Timoniere, sono un atto di violenza, come la voce 130 del Conto Economico.

Un’estate fa, la storia di noi due, era un po’ come una favola…”: chiedersi con una lacrima sul viso perché “l’estate va e porta via con sé anche il meglio delle favole” è sport inutile ed ozioso, rimpiangere i bei tempi non serve. Servirebbe coraggio, non sfacciataggine, consapevolezza, non incoscienza: ma che uno non possa darsi quello che non ha, lo sapeva pure il pavido (e saggio) don Abbondio.

Stupidi (cfr. l’etimo latino).

Prospettive: Alice nel paese delle meraviglie o The Walking Dead.

 

Società di software gestionali per banche.

toroSotto il segno del Toro ascendente Capra, a testa bassa e con supremo sprezzo del ridicolo (per avere il senso del ridicolo bisogna avere dei riferimenti al di fuori di te e sei hai sempre lavorato in maniera perfettamente autoreferenziale è una vita che ti guardi allo specchio: conosci solo te stesso), continueranno a sfornare programmi “integrati”, “aggiornati” e “compliants” con le direttive delle autorities, a misura di un cliente che non hanno mai visto, se non per parcellare profumatamente (analizzare i bilanci per credere). Anche nel 2015 non parleranno mai con un cliente e se lo faranno sarà per fare pagare cara una personalizzazione che non faranno, una modifica non necessaria, un aggiornamento fantasma. O per giustificare la loro mortale ignoranza in materia di economia aziendale.

Indifferenti.

Prospettive: il remake di 2001 Odissea nello spazio, Hal 9000 è vivo e lotta con noi.

 

Rappresentanti di categoria (ABI, ANIA, associazioni settoriali varie etc…: non tutte, ma molte).

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Sotto il segno del Serpente (animale che notoriamente ispira fiducia), ascendente Scimmia (non vedo, non sento, non parlo) assisteranno impavidi allo scempio legislativo e regolamentare dei loro associati. D’altra parte, memori del fatto che solo chi è senza peccato può tirare pietre, non hanno neppure tentato di reclutare la Madonna, ma si limitano a tacere. La concentrazione del mercato non farà loro tanto bene, ma preferiscono il Bunga Bunga al morire. D’altronde, ove optassero per la morte, è probabile che spetterebbe loro comunque un po’ di Bunga Bunga, dunque perché biasimare il loro eroismo?

Inutili.

Prospettive: La collina dei conigli.

 

Addetti fidi, responsabili area crediti, analisti fidi, gestori corporate, small business etc...

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Sotto il segno del Drago, tenteranno come sempre di fare il loro sporco lavoro. Continueranno a blaterare di clienti storici, di soci, di persone “favorevolmente conosciute”: colpevolmente ignorando il reato di falso interno manderanno avanti pratiche che sarebbero da dare da mangiare ai maiali, senza neppure pretendere una mazzetta; continueranno a chiedere garanzie, inutili come l’ABI. Eseguiranno stupri etnici della lingua italiana, che gli archeologi finanziari, tra 150 anni, archivieranno nelle bizzarrie del bancariese. Tuttavia, per l’ascendente Tigre che contraddistingue taluni di loro, riusciranno a scrivere istruttorie fatte come Dio comanda, dove si capisce come viene misurato il rischio e si traggono le dovute conseguenze dalla presenza o dalla assenza della capacità di reddito e di rimborso. Speriamolo.

Soldati.

Prospettive: Bastardi senza gloria.

 

Il Mago Alex

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(D.O.R.) Diversamente Orientato al Rientro.

(D.O.R.) Diversamente Orientato al Rientro.
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Ricevo e pubblico: come se l’avessi scritto io, ma molto meglio. Grazie.

(…)  Ma come chiama sé stesso chi non si professa “rientrista” ? “non rientrista” ? “sconfinista” ? “moratorista” o, in versione politically correct, “diversamente orientato al rientro? ” (D.O.R.).
Proviamo a tracciarne un profilo.
E’, per costituzione fisica e mentale, un semplicista; per lui Riccardo III era: “un gobbo sempre incazzato”; La Ricerca del Tempo Perduto: ” Come La Grande Bellezza, ma più lunga…“
La sue istruttorie, alla voce “Motivo della Richiesta” o “Natura del Fabbisogno” vengono invariabilmente compilate con un frettoloso “Liquidità”. La Capacità di Rimborso? Se la cava con un: “presente”. Autofinanziamento? Preferisce ignorare la richiesta.
Vittimista, è perennemento afflitto dalla sindrome della Cittadella Assediata. Il suo nemico non è, come dovrebbe essere, il Rischio di Credito, ma un’entità arcigna ed astratta definita genericamente “la Sede” ( o, spesso, come in Lost, “Loro”). Dentro le mura, oltre a sé stesso, vengono difesi anche i clienti, considerati, anziché partner d’affari, amici e sodali.
Gli uni e gli altri sopravvivono frugalmente attingendo a scorte di caffè, camparini e olive in salamoia, consumati al banco dei numerosi bar della cittadella, presso i quali si invitano a vicenda, fra strette di mano e pacche sulle spalle.
Il D.O.R. è astuto. Quando l’Ufficio Fidi o il controllo andamentale attacca una sua posizione affidata, sconfinante o in mora dai tempi in cui potevi comprare una 127 nuova, alle 8 lo trovi a presidiare la Direzione Generale. Sfodererà il suo repertorio di scenari apocalittici. Finale, scontato: “di questo passo dovremo chiudere la filiale”. La concessione di una moratoria è assicurata.
Può essere , anche, pericoloso. A volte, infatti, qualche D.O.R. approda alla direzione di un Ufficio Fidi.
La sua cultura e natura sono, però, insopprimibili. La sempre auspicabile dialettica fra Rete Commerciale e Uffici Tecnici scompare. La qualità degli impieghi si deteriora. Gli uffici addetti al Controllo Andamentale assumono interinali. Non importa siano specialisti di analisi andamentale. Basta una alfabetizzazione media, che consenta loro di scrivere con disinvoltura la parola “incaglio”.
Inevitabilmente, arriva una ispezione della Banca d’Italia. Gli Ispettori riconoscono i D.O.R. a pelle. Incontrarne uno li mette di buon umore. Sanno che si divertiranno. Negli occhi si accende la scritta “dubbi esiti” e vanno via di svalutazione. Quando il CDA gli comunicherà che è funzionario di una banca che chiude in perdita, il D.O.R. reagirà con lo stesso atteggiamento di una signora al ristorante al momento della presentazione del conto: gurdando da un’altra parte.
Perché esitono i D.O.R. ?
Siccome il finale deve essere serio, prendo in prestito un frammento dell’ Intervento di Carmelo Barbagallo Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria al convegno “L’impresa bancaria: i doveri e le responsabilità degli amministratori”:
“incentivi ad amministratori e ad altre figure aziendali (cd. risk takers) distorti da prassi di remunerazione non ben collegate ai rischi e all’andamento non di breve periodo dei profili economico-patrimoniali e di liquidità della banca. Le lacune si sono riflesse sugli assetti organizzativi e di monitoraggio degli intermediari: sistemi di gestione e controllo dei rischi frammentati e incompleti; flussi informativi poco tempestivi e affidabili.”