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Approcci alternativi (la second life delle banche italiane).

Approcci alternativi (la second life delle banche italiane).

Al Convegno ABi su Basilea 3 che si terrà prossimamente a Roma sono numerosissimi i relatori. Quasi esclusivamente di grandi banche e di grandi società di consulenza, oltre che di docenti dell’università Bocconi (o di bocconiani trasferiti in altre università). Ad occuparsi di Pmi (forse) sarà il capo di una società di consulenza che fa programmazione economico-finanziaria a medio-lungo termine per i propri clienti moltiplicando 1 (uno; one; un; ein; um) semestre, sempre lo stesso, per 2 e poi moltiplicando il tutto per 30, ovvero gli anni della previsione. Il piano che ho avuto modo di esaminare qualche giorno fa sfruttava benissimo la potenzialità di Excel per riprodurre e moltiplicare le formule e, soprattutto, ignorando completamente gli effetti dell’inflazione, stimava risparmi di costo per milioni di euro  immotivati ed irragionevoli. Come si suol dire su twitter, #soncose.

Orbene, a parte queste amenità, che poi non sono tali se a quel convegno andrà, come è certo, qualcuno che conta in banca ed ascolterà i pareri di personaggi come quello che si è sommariamente descritto, nessuno si occuperà di credito alle imprese se non per le due seguenti relazioni:

  1. RWA optimisation: un approccio alternativo – come contrastare gli impatti sul costo del capitale agendo sulle strategie creditizie.
  2. Analisi di settore, distretti, filiere, reti per la gestione di portafoglio
    e la selezione del credito della banca

Per il resto, cartolarizzazioni, strumenti ibridi (strumenti ibridi? ancora? ancora a parlare di mercati e di strumenti alternativi di capitale?) e, tocco lirico, un intervento su Importanza delle informazioni qualitative nell’assegnazione di un rating unsolicited. In altre parole, come fare ad assegnare un rating non richiesto dall’impresa senza ottenere informazioni qualitative (quelle che si ottengono solo in un lungo colloquio diretto: rischio fiscale, passaggio generazionale, sostenibilità sociale ed ecologica del business etc…); si potrebbe anche dire, come farti una visita medica al telefono.

Non è un caso, tuttavia,  che la prima relazione, quella nella sessione plenaria, con il direttore generale dell’Abi e il nuovo direttore della Vigilanza di Bankitalia, si occupi di come contrastare gli impatti sul costo del capitale agendo sulle strategie creditizie. In altri periodi sarebbe bastato leggere qualcuno dei manuali per uso interno delle grandi banche per capire che il problema si risolve in un solo modo, evitando di fare prestiti a soggetti che non siano di qualità primaria -ovvero che non hanno bisogno di quattrini- ed evitando le Pmi. Ma non è cosa, i tempi sono cambiati e, soprattutto, mentre in passato si poteva pensare di chiedere denari agli azionisti sulla scorta di ROE prospettici a doppia cifra, ora sono gli stessi azionisti a chiedere denari per sopravvivere: il caso MPS, in proposito, è illuminante.

Non so quali siano le strategie creditizie che saranno proposte dal relatore per contrastare l’impatto sul costo del capitale. Da sempre, da quando il dibattito su Basilea 2 prese il via, nessuno in ambito bancario (e neppure accademico, salvo eccezioni) si è mai preoccupato di capire come si debba analizzare il fabbisogno finanziario delle imprese, dando per scontato che la professione bancaria questo strumento lo avesse già acquisito. La storia della crisi e della bolla immobiliare ci insegnano che è vero il contrario. Ma se l’approccio ABI al problema continua ad essere quello che pone al centro la questione del risparmio di capitale, sarà bene che le imprese sappiano, soprattutto se Pmi, che i loro interlocutori vivono in una realtà parallela, slegata dalla realtà. Entrare -o restare- in un’altra second life, questa volta imprenditoriale, fatta di lamenti e di richieste ripetitive, sarebbe mortale. Sarebbe il caso di cominciare ad attrezzarsi per governarlo, il fabbisogno finanziario della propria impresa: nella first life, non in altre.

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Banche Banche di credito cooperativo BCE Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese Liquidità PMI Relazioni di clientela

Quello che le banche hanno dimenticato.

Quello che le banche hanno dimenticato.

Un gran bell’articolo “Le banche dimenticano uomini (e credito)” di Dario Di Vico, giornalista attento alle vicende di banche e Pmi, ha segnato il dibattito dell’anno che si è appena concluso. Vale la pena rileggerlo (si trova nei documenti) per riflettere e ragionare su quello che (non) stanno facendo le banche in questo momento. Mi si perdonerà l’esegesi del testo, ma credo serva a capire meglio quanto sta accadendo, e perché.

Vi sono due punti chiave nella lettura dell’articolo, entrambi all’inizio: il primo riguarda il differenziale fra i tassi attivi, applicati alla clientela (che arrivano a sfiorare il 12%) e quelli passivi, riconosciuti alla BCE e pari all’1%; il secondo punto riguarda la capacità della banca di selezionare il merito di credito dei prenditori, in questo momento quasi automaticamente negativo.

Sul primo punto osservo che non si può ignorare che la raccolta presso la BCE non solo è una frazione del totale dei fondi intermediati ma, soprattutto, è destinata a fornire di liquidità istituti sempre più illiquidi a causa dei prestiti che hanno concesso, soprattutto nell’immobiliare. E che non diventeranno liquidi a breve, sia per la ritrosia delle banche a spingere per l’esecutività dei loro titoli (temendo di gravare il bilancio di nuove sofferenze si preferisce rinviare la loro emersione), sia per l’attaccamento morboso al mattone di tanti, troppi prenditori, privati e imprese, che non intendono (s)vendere fino a che il prezzo non sia ridiventato remunerativo. La verità è che le banche sono illiquide e la liquidità che offre loro la BCE serve a spuntare qualche utile sugli impieghi finanziari e a far fronte alle necessità determinate dall’applicazione dell’LCR e del dover essere sempre solvibili verso i depositanti.

Quanto al secondo punto, Di Vico intervista Stefano Caselli della Bocconi, il quale osserva che “Non ci sono state innovazioni nella capacità di individuare il merito di credito, le banche stanno semplicemente reagendo all’inasprimento dei requisiti di capitalizzazione richiesti dalle autorità bancarie europee“. Caselli ha ragione, anche se, anzichè parlare di mancate  innovazioni nella capacità di determinare il merito di credito, avrebbe dovuto argomentare circa la “smarrita capacità di inviduare il merito di credito“. Dall’entrata in vigore dei rating, più di dieci anni fa, tutte le banche, con l’eccezione delle banche locali, hanno fatto a gara nell’elaborare modelli di valutazione interni talmente perfetti da rendere superfluo il capitale umano, dimenticando che le imprese non sono un fenomeno fisico o chimico, ma sono fatte da persone. Duole dirlo, ma in prima fila nell’elaborazione teorica di questi modelli ci sono stati proprio i professori della Bocconi, la cui sterminata bibliografia degli ultimi dieci anni sui rating testimonia quanto vado dicendo.

I modelli sono fatti apposta per minimizzare i costi operativi (leggi: personale), ma funzionano solo con i prenditori di qualità primaria. La lettura dei manuali per uso interno delle principali banche italiane è illuminante al riguardo. Prima che Di Vico riscontrasse nella prassi quello che ha raccontato nel suo articolo, i funzionari delle maggiori banche italiane (l’85% del mercato del credito), già applicavano una preselezione dei soggetti da affidare, tralasciando nei fatti proprio ciò che ora viene invocato da Caselli, ovvero la valutazione del merito di credito. Valutazione che parte dai conti, dagli hard numbers, per arrivare a capire la personalità dell’imprenditore, la sua preparazione, la sostenibilità finanziaria del progetto: valutazione che i rating ed i modelli evitano. Mi colpisce tuttora pensare al commento fatto da un collega di un’università della mia regione che qualche anno fa, quando gli inviai la consueta copia saggio del mio lavoro sul processo del credito, mi rispose con un “Finalmente qualcuno che si occupa di cose concrete.” Si potrebbe aggiungere: per le quali serve tempo, risorse, soprattutto capitale umano, e la voglia di intrattenere relazioni di lungo periodo non basate sui profitti di breve periodo.

Infine, e questo nell’articolo non è scritto, le banche più illiquide sono quelle che sono state e sono tuttora più vicine alle Pmi, le banche locali, Bcc in primis. Che hanno corso tanto, che hanno fatto tanto, probabilmente più di quanto avrebbero dovuto; che hanno peccato di azzardo morale quando hanno inseguito una dimensione che non era la loro, gonfiando il portafoglio di impieghi che le altre banche lasciavano perdere. Le banche locali non hanno dimenticato gli uomini, ma hanno capitali limitati e attivi illiquidi. Possiamo anche fare tante fusioni, come propone la Vigilanza di Bankitalia, preoccupata del rischio microsistemico: ma allora la triste conclusione dell’articolo di Di Vico, quella che prevede imprenditori che metteranno in vendita al primo che passa la loro azienda, diventerà presto una triste realtà.

 

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BCE Crisi finanziaria

Portare in cassa 20-25 €/bn (e basta là).

Portare in cassa 20-25 €/bn (e basta là).

Provo a resistere alla tentazione di sparare sentenze però alcuni fattori vanno chiariti:
1. la fiammata delle borse e la discesa dello spread BTP vs Bund di questi giorni non dipende dalla manovra come i giornali di regime vogliono farci credere ma alle attese che i mercati ripongono nel vertice delll’8 e 9 dicembre (ricordo che i primi trattati europei furono sottoscritti proprio l’8 dicembre e misteriosamente adottata la bandiera con 12 stelle) dove i più ottimisti si aspettano una ridefinizione della BCE come Lender Of Last Resort (prestatore di ultima istanza): saranno probabilmente delusi;
2. per quanto riguarda la manovra, questa doveva raggiungere tre obiettivi:
– portare in cassa 20-25 €/bn e probabilmente lo farà e questa è oggettivamente una necessità;
– essere equa e non lo sarà in quanto pagano sempre gli stessi (maggiori imposte 80%, minori spese 20%)
– favorire la crescita e non lo farà in quanto riduce il potere d’acquisto (es. la nuova ICI, il blocco della rivalutazione delle pensioni …) e dunque è intrinsecamente depressiva.

Staremo a vedere ma a me, da bocconiano, viene da associarmi a quanti si domandano:  Ma per mettere nuove tasse e lasciare tutto il resto come prima, c’era bisogno di tanti professoroni? non hanno fatto così da 40 anni i vecchi governi “politici”?.
Capire tutto magari no ma neanche farci prendere per il ..lo così sfacciatamente come sta cercando di fare il Giornalista Unico Italiano.

Cino Ripani

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Crisi finanziaria Ripresa

La crescita (di organi genitali maschili sulle conchiglie di mare).

La crescita (di organi genitali maschili sulle conchiglie di mare).

(Secondo il Financial Times: ndr) le manovre di bilancio di Monti «sono avvolte nella nebbia» e «gli italiani che hanno riposto fiducia in lui stanno diventando un po’ nervosi», dopo che «in cima all’agenda di un atteso cdm c’è stata la discussione di accordi bilaterali con le Mauritius e le Isole Cook (nella foto della testata, una spiaggia) e una legge per fermare dannosi sistemi antivegetativi sulle barche i cui effetti prevedono la crescita di organi genitali maschili sulle conchiglie di mare».

Dal Corriere della Sera on line.

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Rischi Risparmio e investimenti Strumenti finanziari Università

Poco più di un buffetto sulla guancia.

Poco più di un buffetto sulla guancia.

Sugli amministratori di Helm, l’avvocato Rescigno conclude: «Quali soggetti che materialmente hanno commesso da un lato la violazione del regolamento e dall’altro l’illecito collocamento delle quote del fondo caymano… agli amministratori si potrà contestare sia la realizzazione materiale delle violazioni, sia il mancato controllo e quindi un loro contributo indiretto alla realizzazione dei quegli atti che hanno cagionato i danni ad Igm».

L’istruttoria della Consob su Helm si è formalmente chiusa il 30 settembre 2010 con la delibera n. 17512. Avendo accertato «la mancanza di correttezza e diligenza del comportamento di Helm Finance Sgr nell’interesse degli investitori gestiti, per essersi la società disinteressata della gestione del Fondo speculativo Helm Growth Premium, in ogni fase del ciclo di vita dello stesso» la Consob delibera sanzioni amministrative per 55.100 euro ad Alessandro Angelo Rombelli, 29.900 a Maurizio Dallocchio e 16.200 a Giulia Ligresti. Poco più di un buffetto sulla guancia a tutti. Per anni, invece, Alberto Micalizzi non ha avuto neppure quello. Fino a martedì.

Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore, 19 novembre 2011

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Economisti Strumenti finanziari Università

Avevo dei dubbi sulla possibilità di produrre rendimenti sistematicamente superiori alla media (Non ritenevo che come business fosse troppo promettente).

Avevo dei dubbi sulla possibilità di produrre rendimenti sistematicamente superiori alla media (Non ritenevo che come business fosse troppo promettente).

Andrea Gamba, dalla rete.

Tre anni dopo, a chiudere con Micalizzi fu anche un altro accademico aveva lavorato con lui e Trigeorgis sul modello che sarebbe poi stato applicato ai fondi Dynamic Decisions. Parliamo di Andrea Gamba, oggi professore della Warick Business School, in Gran Bretagna. «Avevo dei dubbi sulla possibilità di produrre rendimenti sistematicamente superiori alla media. E non ritenevo che la strategia fosse sufficientemente solida e fondata dal punto di vista scientifico», ci spiega. Il 30 giugno 2004 anche lui decise di separarsi da Micalizzi e non seguirlo nella sua avventura dei fondi Dynamic. Motivo: «Non ritenevo che come business fosse troppo promettente».

Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore, 19 novembre 2011

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Strumenti finanziari Università

Non è facile.

Non è facile.

Alberto MIcalizzi, dalla rete.

Non è facile inquadrare Alberto Micalizzi“, scrive sul Corriere di ieri Massimo Sideri. Alberto Micalizzi, di cui JM si era già occupato due anni fa, torna alla ribalta della cronaca per essere stato indagato dalla procura della Repubblica di Milano per truffa aggravata. Vivaddio, dopo due anni, la prestigiosa Università milanese, già retta dall’attuale Presidente del Consiglio, Mario Monti, lo sospende dal ruolo di ricercatore, peraltro ricoperto, a quanto riferito da fonti anonime (meglio non esporsi neppure sui complimenti) in maniera “intelligente”. Non è facile, ma i clienti del suo fondo fanno i conti con un crac da 500 milioni. E quanto al dott.Micalizzi, del quale il The Hedge Fund Journal parlava come guru della finanza quantitativa, forse sarebbe bastato leggerne le bibliografia per capire dove sarebbe andato a parare. Ci sono voluti due anni capirlo? Infine, una domanda semplice sull’oggetto degli studi del nostro: serve a qualcuno? A qualcosa? Serve allo sviluppo? Alla crescita, all’occupazione? Qualcuno sa rispondere? Grazie.

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Banche Unicredit

Quaranta milioni garantiti.

Quaranta milioni garantiti.

Radiocor – L’ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, ha una clausola di manleva per gli atti compiuti durante la sua gestione della banca. Nel firmare le carte del suo addio dal’istituto di piazza Cordusio, secondo quanto risulta a Radiocor, e’ stato dato atto e poi scritto che Profumo ha operato correttamente. La manleva copre tutto il suo operato. Appare quindi difficile che i malumori registrati tra alcuni consiglieri delle varie fondazioni azioniste della banca possano poi sfociare in un’azione di responsabilita’, considerato inoltre che gli atti di Profumo sono stati proposti e approvati dal cda e dalle assemblee della banca, come prevede lo statuto.

Commenti sobri e pacati sulla vicenda imporrebbero di non aggiungere altro a quanto scritto da Radiocor, se non lo splendido commento di Dagospia. Tuttavia, del tutto incidentalmente, giova ricordare che Unicredit ha presentato una semestrale con soli 10,5 miliardi di euro di perdita; che Profumo è banchiere di sincera fede democratica, già McKinsey e, obviously, bocconiano.

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Economisti

Giorni incerti, poesia pura.

Giorni incerti, poesia pura.

Il candidato premier in pectore aiutato dai ragazzi della Bocconi ad allestire un ufficio “Come va? Mah, giorni incerti…”

Repubblica Concita De Gregorio (su Repubblica Mobile)

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Crisi finanziaria Economisti Università

Mario, stai lontano dalla mia vita e dal mio portafoglio.

Mario, stai lontano dalla mia vita e dal mio portafoglio.

Per quel che valgono le considerazioni di un professorino di provincia, l’ipotesi di un incarico a Mario Monti non mi piace. Non è in discussione la competenza del grande economista, tantomeno il suo kilometrico curriculum vitae. E’ in discussione la sua non-nomina da parte del popolo sovrano, la sua chiara provenienza dalle élites -i c.d.poteri forti- che sanno sempre cosa fare meglio degli altri, soprattutto se con i soldi degli altri. Il milieu di Monti è quello della buona borghesia milanese e della finanza illuminata, quella che ha fatto del nostro sistema economico-finanziario un capitalismo straccione, senza capitali (e basterebbe riandare alla privatizzazione Telecom o ad altre storie similari per chiarire il concetto).

Infine, last but not least, Monti è bocconiano. Ovvero proviene da quella università che, lungi dall’aver messo in guardia contro la crisi, esprime, soprattutto nelle materie che il sottoscritto insegna, banche ed intermediari finanziari, il mainstream degli ultimi 10/15 anni: la creazione di valore a tutti i costi. Non abbiamo bisogno di essere ripuliti con una patrimoniale, non abbiamo bisogno di qualcuno che ci tratti da deficienti: voglio dirmelo da solo, del caso, per avere votato sino ad ora Silvio Berlusconi. Proprio per questo, anzi, solo per questo, Sig.Presidente della Repubblica, ci lasci votare presto, è molto meglio votare.

Grazie.