Categorie
Agnelli Alessandro Berti Banche Imprese

Capitani coraggiosi (e garantiti).

Capitani coraggiosi (e garantiti).
“Discussions with state-owned credit insurer Sace SpA are ongoing for a guarantee over at least part of the amount, and there’s no certainty the parties will reach an agreement on the financing, they said. A Rome-based spokesman for Telecom Italia declined to comment. A spokesman for Sace wasn’t immediately available for comment. A new loan backed by Sace would help Telecom Italia boost its reserves after it booked an 8.6 billion-euro fourth-quarter loss because of impairments and avoid possible future downgrades. The company has been struggling for years from high indebtedness amid fierce competition in Italy’s telecoms sector.”
Così Daniele Lepido e Giulia Morpurgo su Bloomberg del 20 aprile u.s. riguardo alla richiesta di Telecom Italia spa circa una richiesta di 3,3 miliardi di euro di “facilitazioni” bancarie da garantirsi da parte di Sace spa.
Così termina la storia di una cash-cow, scalata a debito nel secolo scorso da Colaninno and co., ovvero da “capitani coraggiosi” (copyright Massimo D’Alema), talmente coraggiosi che il debito, come nelle più squallide e manualistiche storie di LBO, non solo è stato addossato alla target, ma la stessa si dibatte da anni nell’eccessivo indebitamento. Termina con una richiesta di fido garantita dallo Stato, come un ingrosso di casalinghi o una falegnameria qualunque, con rispetto parlando per le PMI.
Come finirà? Non finirà male, Telecom Italia è too big to fail, e poi mai come in questo caso varrebbe lo strumento della golden share in mano al governo per impedire che la Società cada in mani straniere; non è una storia da PNRR ma lo Stato ci metterà una pezza. Bene, ma non benissimo; forse male, per lo Stato, per il bilancio che viene fatto con i nostri redditi tassati assai.
Come è cominciata? Male per lo Stato, che ha fatto una privatizzazione, all’epoca, che definire “della mutua” sarebbe persino un eufemismo. Per chi ha memoria storica, quello che ne sortì fu un “nocciolino duro” che controllava l’allora monopolista delle telecomunicazioni con il 6% del capitale; e sempre scorrendo negli annali, si troveranno i nomi dei soliti noti, Agnelli, banche & Mediobanca, protagonisti, da una parte o dall’altra della vicenda. Duole ricordare che Tronchetti Provera, all’epoca, accortosi di avere acquisito il controllo a prezzi di gioielleria da Colaninno, trovò conforto nel Governo di Romano Prodi che, volonterosamente, gli diede una mano.
Visto che finisce a schifìo, almeno proviamo a trarne una morale: quando sovrainvesti a debito (Colaninno) o sei molto scaltro (e l’advisor era Mediobanca) oppure ti rimane in mano il debito e non riesci a pagarlo. Sovrainvestimento=sovraindebitamento, come insegno ancora nelle aule, il debito diventa insostenibile.
Allora non si presentavano le tabelle prospettiche sul rapporto PFN/Ebitda o sull’andamento futuro del DSCR -a quanto pare neppure adesso perché “già il credito rende poco, se poi dobbiamo perdere tutto quel tempo a chiedere i business plan”-; chissà cosa si presentava, bisognerebbe chiederlo agli advisor di Colaninno, che tutto era tranne che coraggioso, nel senso che D’Alema volle dare all’aggettivo. Era geniale, questo sì, ma aveva un bel paracadute, forse più di uno. Probabilmente era una operazione su cui la Borsa ha voluto scommettere, il sentiment degli operatori era positivo, chi si sarebbe messo di traverso. Sic transit gloria mundi, ormai della scalata del secolo scorso non si ricorda più nessuno. Se vi ho annoiato, non s’è fatto apposta.

P.S.: Telecom Italia è too big to fail anche perché i tribunali italiani hanno “riscoperto” il reato di ricorso abusivo al credito e l’illecito della concessione abusiva di credito.
Per gli altri, buon divertimento.

Categorie
Banche Imprese Indebitamento delle imprese Mariella Burani

Capitani coraggiosi.

Fabio Tamburini, sul Sole 24 Ore di oggi commenta il comportamento di Mediobanca, prudente nelle scelte, restìa ad essere coinvolta in progetti impegnativi, nonostante i tassi siano bassi. Tamburini cita un anonimo banchiere, il quale afferma che “ci vorrebbe un po’ più di coraggio”. Ma, nello stesso tempo, ci ricorda che “la leva del debito permette di finanziare su ampia scala progetti impegnativi. I problemi arrivano dopo, quando scatta l’inversione di tendenza e il costo del denaro riprende a salire.” Viste le storie, recenti e non, dai cosiddetti “capitani coraggiosi” di dalemiana memoria -che hanno indebitato fino al collo Telecom-, alla crescita, tutta finanziata con il debito, di Mariella Burani, non solo viene da elogiare il comportamento di Piazzetta Cuccia (che vanta un core tier elevatissimo e non ha risentito della crisi), ma sarebbe il caso di aggiungere, alle parole di Tamburini anche un’altra, semplice, considerazione. La leva del debito facile, infatti, esalta le possibilità di sviluppo ma non migliora di un solo centesimo la redditività caratteristica delle imprese acquisite, fuse, scalate e quanto altro; ed il vecchio concetto della capacità di reddito, che dovrebbe rappresentare il fondamento delle valutazioni, di parte bancaria e non, circa la capacità dell’impresa di mantenersi in equilibrio nel tempo, ripagando i debiti, portando ricchezza, mantenendo l’occupazione. Altrimenti il coraggio serve solo a ri-fare la cattiva finanza degli ultimi dieci anni; non ne sentiamo la mancanza.