#disperatimai, una risposta a Flavio.

Dal blog di Simone Spetia traggo la lettura di una lettera che mi permetto di commentare e, commentandola, vi rispondo. Ricorda Spetia che “oggi Radio24 dedica la sua programmazione a artigiani, professionisti, imprenditori e lavoratori schiacciati dalla crisi. A Prima Edizione la lettura di una delle prime lettere che ci sono arrivate a disperatimai@radio24.it”.
Ed ecco la lettera, in corsivo. I commenti-risposte sono in grassetto.
La mia è una storia uguale a mille altre, che condivido con altri miei colleghi. Ho una piccola impresa nel settore del commercio edile, -il primo aspetto: un settore in bolla da tanti anni, che qualcuno pensava potesse solo crescere- con un giro d’affari di circa 4 milioni di euro. Nel 2008, prima della crisi, avevamo affidamenti bancari per 2 milioni, -secondo aspetto: un’attività commerciale, con margini di norma non molto elevati, che ha debiti bancari pari alla metà del fatturato; come li ripagherà? con i quali abbiamo finanziato investimenti -temo di sapere di che investimenti si tratti: è una commerciale, non una manifatturiera, non trasforma nulla, non servono investimenti particolari: temo che Flavio e soci abbiano comprato un inutile capannone-. Dal 2009 è iniziato a cambiare il mondo. I nostri clienti (costruttori) hanno cominciato andare in crisi, poi a non essere regolari con i pagamenti e le cose sono andate peggiorando. Poi sono arrivate le perdite sui crediti con i fallimenti e le chiusure (un nostro cliente si è suicidato il 31 dicembre). Da lì sono iniziate le tensioni finanziare, il rating bancario è peggiorato e le banche hanno ridotto gli affidamenti. Dalla crisi al panico. Oggi (aprile 2012) abbiamo affidamenti per 850mila euro, gli ultimi 100mila ci sono stati ridotti 1 mese fa (alla faccia dei finanziamenti della Bce alle banche italiane). -qualcuno che non sia il prof.Berti, il quale non conta notoriamente nulla, può cominciare a guardare in faccia la realtà e spiegare a tutti che i quattrini BCE servono a non far diventare illiquide le banche che non hanno ancora messo a rientro tutti quelli che avrebbero dovuto, ovvero a salvaguardare i risparmiatori?- Siamo nel panico … la continua diminuzione dei fidi ci sta facendo fallire. -mi spiace, ma non si può dire questa cosa senza riflettere: non è la continua diminuzione dei fidi che sta facendo fallire l’azienda di Flavio, ma il mercato nel quale lavorano, che è in crisi di sovrapproduzione strutturale: ovvero di eccesso di offerta sulla domanda, irrimediabile, irreversibile. Dire che la bolla è colpa delle banche è troppo facile: che le banche l’abbiano assecondata, non c’è dubbio, ma a questo punto, se mai qualcuno non l’avesse capito, il problema è del mercato immobiliare in sè, non delle banche cattive- Non riusciamo ad onorare i fornitori, e gli stessi ci bloccano le forniture finché non paghiamo il debito. Stiamo vivendo alla giornata e non so quanto riusciremmo a sopravvivere. Stiamo ristrutturando, riducendo i costi più possibile, risparmiamo anche sul toner della stampante e fra licenziamenti e cassa integrazione permanente abbiamo ridotto di 5unità su 16. Altre ne verranno in futuro. -Forse sarebbe anche il caso di ripensare radicalmente al business in sè: l’edilizia in quanto tale non va più, e non andrà più a lungo, per tanto tempo. Ci sono troppe case, poco spazio, poche persone per abitarle. Non basta? Tagliare i costi non basta, si deve ripensare al lavoro, a farne un altro, letteralmente- Abbiamo proprietà immobiliari che valgono più del doppio del nostro debito, -no Flavio, non valgono, valevano più del doppio del vostro debito: ora valgono solo se vi decidete ad abbassare, e di molto, i prezzi, se accettate di perdere su beni il cui mercato è caratterizzato da troppa offerta e nessuna domanda.- ma ad oggi non siamo riusciti a vendere e realizzare per autofinanziarci. –Fatevi una domanda sui prezzi che esigete e chiedetevi se prevale l’esigenza di autofinanziarvi, realmente, o quella di non perdere rispetto al valore che avete fissato dentro di voi per quegli immobili, che è puramente teorico.- Se non succede un miracolo prima delle ferie di Agosto abbiamo chiuso. A mio modesto modo di vedere la politica è lontana dalla realtà! … per noi non è un problema dei costi della politica, … dei benefit dei politici, .. dei finanziamenti pubblici, .. dell’art. 18, .. per noi il problema è la crescita!!! … è il finanziamento alle PMI!!! .. il mercato non c’è!! … e le banche!!!!!!!! Sono quelle che ci hanno rovinato dandoci affidamenti in momenti di abbondanza. -ma, Santiddio, quando chiedete i finanziamenti non vi chiedete mai se potrete renderli?? Davvero avete firmato le pratiche pensando che il debito fosse una passeggiata di salute? Ma siete imprenditori o cosa?? Chi deve preoccuparsene? Di chi è l’azienda??- Con tali affidamenti ci siamo esposti, e nel momento di crisi ci obbligano al rientro. Per noi è una batosta!!! … pensate che se le banche non avessero chiesto il rientro, nonostante la crisi e le perdite su crediti “staremmo ancora bene” -no Flavio, non stareste ancora bene: semplicemente sareste ancora più indebitati e, probabilmente, i vostri debiti, supererebbero il fatturato: è pensabile una simile follia?… ma così non si può andare avanti
Saluti, Flavio
Infatti così non si può andare avanti. Si può e si deve chiedere allo Stato, alle associazioni, ai commercialisti, alle università, di lavorare su percorsi di ristrutturazione e riconversione, di formazione, mai abbastanza predicata e frequentata. Perché non si possano più dire certe cose, senza riflettere, perché certe cose servono solo a dire che la colpa è di qualcun altro, banche in particolare. Perché, soprattutto, si cominci a pensare all’impresa in termini di responsabilità personale: sull’antropologia, sul modo di essere e di vedere il mondo delle persone si può lavorare solo a livello personale, con l’educazione. Fra l’altro, a non pensare che si sia definiti, come parola ultima, da un fallimento. Noi valiamo molto di più degli immobili nei quali riponiamo le nostre speranze.
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