Donato Masciandaro, in un lucidissimo articolo sul Sole 24 Ore di giovedì 29 ottobre mette in evidenza, con la consueta chiarezza, quale sia il vero problema nel quale si dibattono le autorità politiche e di vigilanza rispetto al “che fare?” e al “cosa lasciar fare” alle banche dopo la crisi.
L’articolo, che andrebbe inserito in un manuale di Economia degli Intermediari Finanziari -d’altronde l’illustre Collega non per caso è ordinario in Bocconi- mette in evidenza il falso dilemma delle due possibili alternative del dopo crisi:
- sfuggire ai rischi, mantenendo unicamente i compiti tradizionali e creando inefficienze a carico dei clienti;
- procedere ad uno “spezzatino” dei grandi istituti, preparando un piano di smobilizzo della attività per i momenti difficili.
La falsità del dilemma consiste -e Masciandaro lo spiega con chiarezza estrema, appunto mettendo, come si dice in Romagna, “poca acqua nel vino”– nel fatto che le soluzioni proposte evitano di mettere al centro l’unica vera questione, quella del capitale delle banche. Che dovrebbe essere, come ricordato da Luigi Zingales in un contributo da far studiare anch’esso nelle Università, tanto più elevato quanto maggiore è la dimensione (ed invece al momento della crisi il core Tier di Unicredit era inferiore a 7) della banca che opera. Le altre soluzioni sono solo illusioni, che spostano in avanti il problema, senza risolverlo. Come ricorda Masciandaro, almeno fino alla prossima crisi.
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