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Alessandro Berti Capitalismo Crisi finanziaria Cultura finanziaria

Ma se io avessi previsto tutto questo, dati, cause, pretesto, le attuali conclusioni…

Ma se io avessi previsto tutto questo, dati, cause, pretesto, le attuali conclusioni…

Già successo, ma alla Regina Elisabetta si perdona tutto. All’inizio della grande crisi 2008-2018 HMQ si altera un po’ con gli economisti, bacchettandoli per non avere previsto la crisi. Ovviamente finisce lì.

Quella che è finita oggi, sul Corriere, è stata la mascalzonata, che non perdono, di titolo e contenuti, riguardante il “flop degli economisti che non avevano previsto tutto questo“. Mi pare che il giornalista fosse Rampini, ma potrei sbagliare: è sparito dal sito un articolo che per due o tre giorni, aprendo corriere.it appariva come prima notizia. Ora, io non sono un economista e non ho previsioni da difendere, ma qualche volta vorrei solo ricordare che nonostante modelli, equazioni, matrici e derivate, l’economia resta una scienza sociale. L’abbiamo riempita di quantità perché proviamo sempre a inscatolare la realtà nei nostri schemi, ma la realtà deborda. Se l’economia fosse una scienza esatta come la fisica, sapremmo che come l’acqua bolle a 100° e gela a 0°, così in qualche modo per prezzi, salari, tassi di interesse etc…

Chi ci prende sempre è solo Nouriel Roubini, perché dice sempre le stesse cose, preconizzando che qualcosa andrà male; e come ogni orologio rotto, due volte al giorno dice l’ora esatta, lui può dire:”L’avevo detto!”. Pessimista cosmico, a mio parere da incrociare solo dopo aver compiuto opportuni gesti apotropaici, il nostro incarna bene il signore della foto. Prevedere il futuro, sa farlo solo il divino Otelma: o il mago Alex.

P.S.: bisognerebbe ascoltare più spesso L’avvelenata di Francesco Guccini.

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Alessandro Berti Crisi finanziaria Disoccupazione Economisti Ripresa Sviluppo

Fermiamo il declino! ri-approvo, ri-sottoscrivo e voto!

Fermiamo il declino! Ri-approvo, ri-sottoscrivo e voto!

Cari amici,

il primo invito rivolto a voi tutti è di moltiplicare il più possibile le attività di proselitismo, fund raising, e l’organizzazione di eventi territoriali per estendere la nostra rete e illustrare i dieci punti programmatici, che per noi sono pietra angolare imprescindibile per la verifica di un’offerta politica radicalmente nuova e all’altezza del compito di fermare il declino italiano. I coordinatori regionali hanno iniziato a lavorare a questo fine, la comunicazione quotidiana sui social networks grazie ai volontari impegnati si va intensificando, sul sito trovate le indicazioni delle trasmissioni radio televisive in cui siamo impegnati a rafforzare la nostra presenza, ogni giorno veniamo contrattati da nuove espressioni della società civile, professionale, e da chi non si riconosce nell’attuale offerta politica.

Negli ultimi giorni, tre eventi hanno catalizzato l’attenzione politica dei media. Su ciascuno di essi, qualche breve considerazione per mantenere noi tutti le idee chiare ed evitare equivoci sulla natura della nostra iniziativa. E sulla sua percezione da parte dell’opinione pubblica.

Cominciamo dal confronto interno al Pd. Matteo Renzi sale nei sondaggi di fiducia e popolarità, molti ci chiedono come consideriamo la sua ascesa. E’ presto detto. Apprezziamo l’energia e chiarezza con cui pone nel Pd il tema del rinnovamento della politica e della selezione delle sue classi dirigenti. Non sappiamo come la pensa su alcuni dei punti fondamentali e per noi essenziali, indicati nel nostro programma. Punti per noi irrinunciabili. Non possiamo né vogliamo esprimere alcun consenso alla sua azione, se e finché dichiarerà che in ogni caso il suo obiettivo resta all’interno dell’attuale perimetro del Pd. Vedremo come e se la sua iniziativa evolverà, ma restare nel recinto delle vecchie forze politiche per noi è segno di non comprensione che il problema è proprio quello di superarle, alla luce del pessimo bilancio da tirare del ventennio che abbiamo alle spalle. Di nuovo, Renzi rappresenta un fattore positivo rispetto alla vetusta e inadeguatissima oligarchia del Pd, ma il potenziale di rinnovamento che egli rappresenta finirà sprecato se viene costretto dentro alle maglie strette dell’ideologia che governa la politica del Pd.

Il secondo evento politico è quella della cosiddetta agenda Monti, o meglio la conferma tout court di Monti come premier anche per il futuro e a prescindere dalle prossime elezioni. E’ una questione potentemente rilanciata a Cernobbio, tradizionale appuntamento di ripresa estiva del confronto sui temi economici e finanziari dell’agenda nazionale. E’ un’impostazione inaccettabile, a nostro giudizio. Non si tratta di disconoscere la credibilità internazionale attribuita a Monti, rispetto alla totale sua perdita che giustamente travolse Berlusconi. Si tratta di guardare agli interessi del paese e a ciò di cui ha veramente bisogno. Per quanto ci riguarda, tre questionimolto rilevanti obbligano a ragionare diversamente, sul futuro politico dell’Italia dopo le prossime elezioni.

  • La prima è che dare l’impressione agli italiani che il loro voto abbia un’importanza pressoché nulla – perché si tratta di confermare la stessa premiership tecnica che peraltro rifiuta di sottoporsi a giudizio elettorale – non può che rappresentare un ulteriore incoraggiamento al puro voto di protesta. Con più di una ragione, visto che il ragionamento sottintende che sarebbero “buoni” invece i voti dati a Pd, Pdl e Udc che sostengono Monti, a prescindere dalla loro totale sconfitta politica e sociale, sfociata poi in una soluzione d’emergenza per evitare il collasso dell’Italia come detonatore dell’euro.
  • La seconda è che non comprendiamo in che cosa la più volte citata “agenda Monti” si differenzi davvero, sinora, dalla continuità rispetto all’impostazione di politica economica seguita in precedenza. Agli occhi degli italiani, come si vede anche nella distinzione netta nei sondaggi tra fiducia relativa a Monti e bocciatura del suo governo, l’esecutivo tecnico ha significato più tasse, nessuna cessione di attivo pubblico per abbattere il debito, nessun taglio di spesa che sia stato retrocesso ai contribuenti per far risalire la crescita potenziale, nessuna eliminazione di monopoli e privilegi. Se la discontinuità è mancata perché mancava il consenso popolare e per colpa dei partiti, come sostengono molti fautori della conferma di Monti, allora a maggior ragione solo un nuovo patto con gli italiani, che goda del consenso esplicito degli elettori su proposte precise, può produrre il sostegno necessario a invertire la politica economica imboccando la via di una profonda ridefinizione dello Stato e di ciò che occupa impropriamente, sia centralmente che nelle Autonomie. Questo è ciò che Fermare il Declino propone e che Pdl, Pd e Udc negano a priori.
  • La terza questione riguarda invece il dibattito sotteso al formarsi di un “partito-Monti”. La conferma sarebbe dovuta alla perdita di sovranità dell’Italia, alle clausole condizionali per gli aiuti europei, implicite anche nello stesso programma straordinario di ripresa di acquisti dei titoli eurodeboli recentemente varato dalla BCE. In altre parole, il governo italiano si decide a Berlino e a Bruxelles prima e più che nelle urne italiane, stante che il nostro Paese resta il sorvegliato speciale rappresentando il 19% del Pil dell’euroarea. Non sfugge a nessuno che si tratta di una questione molto importante, e con qualche fondamento. Vedremo come andrà tra poco il voto in Olanda, ma anche in quella nazione – per molti versi non nelle nostre penose condizioni di debito e crescita – sembra profilarsi una soluzione di grande coalizione. Proprio chi ritiene di avere una ricetta per ridare forza all’economia italiana e credibilità alla sua finanza pubblica, deve battersi perché l’elettorato comprenda che questa prospettiva esiste e che è nelle sue mani. Altrimenti, anche da noi prenderanno sempre più piede revanscismi e populismi nazionalisti, come quelli che sembrano alla base del sovranismo nazionale indicato da Giulio Tremonti come base di una sua eventuale lista elettorale.

Infine, il terzo evento che ha alimentato le cronache politiche è stato il convegno di Chianciano, dell’Udc di Pierferdinando Casini. L’intervento di Emma Marcegaglia ha fatto scrivere a molti che la Lista Italia di Casini sarebbe a questo punto già l’inveramento della nuova offerta politica per le prossime lezioni. Noi non la pensiamo affatto così. Abbiamo per questo risposto con un comunicato stampa inequivoco, che qui vi riportiamo:

“A proposito degli accostamenti che sono stati fatti tra l’iniziativa di Fermare il declino e le scelte prese dall’Udc a Chianciano, sottolineiamo che per noi sono dirimenti quattro questioni:

1) Un forte rinnovamento della politica, impegni espliciti nei meccanismi di selezione della classe dirigente, vincoli per i quali non si possa dire una cosa a Roma e una Palermo;
2) Un energico mutamento nella politica economica, con proposte serie per abbattere il debito statale con cessioni pubbliche e retrocedere tagli di spesa in meno imposte a lavoro e impresa, vincolante per noi insieme alle 10 proposte programmatiche che abbiamo presentato;
3) Ridefinire lo Stato, il suo perimetro e le sue mille articolazioni inefficienti, dal socialismo municipale al sottobosco degli enti statali;
4) Cambiare le persone: senza evidenti discontinuità nel ceto politico, non si dà una risposta credibile alla protesta di massa della società italiana.

Su questi quattro punti, l’Udc a Chianciano non ha dato risposte. Continuiamo dunque per la nostra strada. Non c’è molto tempo. Se i partiti credono di affrontare il declino dell’Italia con modesti aggiustamenti, saranno gli elettori a svegliarli”.

Non abbiamo messo in campo la nostra iniziativa per proporre e tanto meno diventare degli indipendenti sotto il simbolo dello scudocrociato, culla di Cuffaro e Lombardo. Se Marcegaglia, Passera e altri la pensano diversamente, questo riguarda loro. Non noi.

Non è affatto detto che da soli avremo, con così poche settimane davanti a noi e con così pochi mezzi esclusivamente frutto di raccolta spontanea, la forza di convincere gli italiani che il cambiamento profondo di cui siamo convinti cammina credibilmente sulle nostre gambe. Ma questo non significa che devieremo dalla chiarezza dei princìpi e delle proposte che abbiamo avanzato.

Fermiamo il declino!

Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales

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Economisti Felicità fiducia Formazione Giulio Tremonti Silvio Berlusconi Università

Professori e narrazioni.

Professori e narrazioni.

In un articolo del 16 giugno linkiesta.it titolava che “Col potere ai professori venne l’inverno della nostra civiltà“.  Qualcuno mi ha chiesto cosa ne pensassi, a quel qualcuno, così paziente, rispondo solo ora; non senza aver riflettuto, per l’ennesima volta sul lavoro di chi, come me, fa appunto il professore e dunque, secondo la vulgata (il magazziniere riminese Mario C. ne è il dimenticabile esempio), insegna perché non sa.

L’articolo di linkiesta.it è di Giulio Sapelli, professore anch’egli, di ben altro spessore rispetto al sottoscritto e non mi permetto di chiosarlo. Ma come sempre nei giornali, anche in quelli on line, contano gli articoli e, spesso, anche -se non di più- i titolisti. Del Governo Monti, che avevo tentato di esorcizzare nella sua vicinanza al mio portafoglio ed alla mia vita ho apprezzato in seguito la riforma delle pensioni ed il modo con cui è stata fatta: e la ministra Fornero è, personalmente, nella top list delle donne italiane che non solo contano, ma che fanno (ed è professoressa). Ciò che non ho apprezzato è stato il seguito, ovvero un’inconcludente concertazione, il mancato uso della forza (quella che impone di fare certe cose, costi quel che costi), i carabinieri come messi del Consiglio dei Ministri. Ma tant’è. Con il governo dei professori venne l’inverno della nostra civiltà: quale, di grazia? Quella di palazzo Grazioli? La civiltà del sorriso che raccontava un mondo neppure da sognare, un mondo già presente, dove i ristoranti erano pieni etc…un’estate fa. Perché nessuno ha titolato, il 3 agosto del 2011 per esempio, quando il Governo Berlusconi prese in giro le Camere ed il Paese con un passaggio parlamentare ignobilmente vile e ignavo, che quel governo aveva fatto scendere il buio sulla nostra civiltà?

La risposta a questo enigma, quello per cui se un governo di inetti politici non fa nulla, se non leggi ad personam, nonostante sia dotato di una maggioranza bulgara, nessuno parla di tristezza, mentre se un governo di professori (certo, con molti distinguo: Martone, Ornaghi, Ugolini, non pervenuti, Patroni-Griffi vetero sindacalista del pubblico impiego etc…) fa la riforma delle pensioni, ovvero la riforma per la quale dovremmo ringraziare Fornero e Monti medesimo vita natural durante, allora siamo tutti più tristi, la risposta a tutto questo è nella narrazione. Ovvero nella condivisione che diventa pubblica, patrimonio comune (anche luogo comune, nel vero senso della parola) di un giudizio sulla realtà, che ci riguarda, che riguarda coloro che ascoltano. Il Governo di B. era scollegato dalla realtà, ma ha saputo narrare, senza giudicare la realtà, anzi, rifuggendovi. Ha blandito il popolo senza metterlo di fronte a nulla, a nessuna responsabilità, raccontando le menzogne di chi non metteva le mani nelle tasche degli italiani, pur facendolo. Il Governo Monti, che pure ha saputo mettere, ed in che modo (!), le mani nei nostri portafogli, non è mai uscito dal binario di una narrazione seria e realista. Che gli editorialisti di Libero o del Giornale, che gli on.li Alfano, Lupi, Cicchitto, Verdini non la vogliano ascoltare, non ha importanza: quella è la situazione, quella è la narrazione.

Siamo in dirittura. Ma per finire si deve, appunto, parlare di professori e di inverno della civiltà. Insegno tecnica bancaria, parlo di merito di credito, parlo di come si valutano le aziende, lo faccio da quasi 30 anni, in università e nelle banche. Ricordo perfettamente quando venni messo alla porta da una grossa società torinese che organizzava congressi con la motivazione “Lei è troppo severo, la gente viene per essere tranquillizzata e blandita”. La narrazione era troppo realista, non andava bene. Io ho continuato, invece, a narrare le imprese ed i loro rapporti con le banche ed in tutti questi anni, anche nelle ultime settimane, il riconoscimento maggiore non è mai stato lo stipendio o una parcella: sono state le facce, le mail, le strette di mano, l’amicizia, di tutti coloro ai quali sono state date ragioni, strumenti, metodi. Forse dovremmo chiederlo al Governo Monti, di studiare narrazione. Ma nessuno può decidere al posto nostro se stare, oppure no, di fronte alla realtà: secondo la totalità dei suoi fattori.

P.S.: nonostante l’essere tacciato di buonismo, JM questa sera tifa Grecia, indefettibilmente. Così come a Istanbul il 25 maggio 2005 tifava Liverpool. Con buona pace di tutti.

 

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Banche Crisi finanziaria Economisti Liquidità USA Vigilanza bancaria

Ingiustizie intrinseche.

Ingiustizie intrinseche.

(..) Recentemente, in un articolo sulla rivista online Slate intitolato «La generosità della Fed ha regalato 13 miliardi di dollari alle più grandi banche d’America», Yglesias scrive: «Che la Banca centrale stesse erogando prestiti di emergenza su ampia scala alle banche, in una forma o nell’altra, e che alcune persone non vedessero affatto di buon occhio questi prestiti, giudicati un turpe bailout fatto per consentire alle banche di rimanere sul mercato, è sempre stato chiaro. Ma quello che sta venendo fuori inequivocabilmente ora è che questi prestiti sono avvenuti a tassi tutt’altro che punitivi: le banche hanno ricevuto liquidità a prezzi scontatissimi e questo ha consentito loro di realizzare profitti finalizzati a risolvere, almeno parzialmente, grossi problemi di solvibilità».Drum, editorialista di un’altra rivista, Mother Jones, ha scritto il 28 novembre che è d’accordo con le osservazioni di Yglesias e che «i grandi crac finanziari producono sempre ingiustizie intrinseche. Per qualche ragione, però, abbiamo chiuso un occhio su queste ingiustizie quando è stata Wall Street che è venuta a mendicare soldi, mentre sono diventate un’ossessione quando alla porta si è presentato il resto della popolazione».

Paul Krugman

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Crisi finanziaria Economisti PIL Ripresa Silvio Berlusconi

Quando si dice la chiarezza.

Quando si dice la chiarezza.

Il prof.Piga, in maniera garbata, ma chiarissima, impartisce una lezione che andrebbe letta parola per parola, per come aiuta tutti noi a capire i nessi tra manovra, recessione, sviluppo.

Da studiare attentamente.

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Banche BCE Crisi finanziaria Economisti Liquidità

Our people will suffer avoidable and potentially lasting damage.

Our people will suffer avoidable and potentially lasting damage.

Central bank officials have wasted too much time over the last year worrying about how their institutions would appear to markets, to politicians and to the public, were they to undertake more stimulus. Sometimes you have to do the right thing even if the benefits take time to become evident. If we do not undertake the monetary stimulus that the grim outlook calls for, then our economies and our people will suffer avoidable and potentially lasting damage.

Adam Posen

New York Times, 21 novembre 2011

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Economisti Strumenti finanziari Università

Avevo dei dubbi sulla possibilità di produrre rendimenti sistematicamente superiori alla media (Non ritenevo che come business fosse troppo promettente).

Avevo dei dubbi sulla possibilità di produrre rendimenti sistematicamente superiori alla media (Non ritenevo che come business fosse troppo promettente).

Andrea Gamba, dalla rete.

Tre anni dopo, a chiudere con Micalizzi fu anche un altro accademico aveva lavorato con lui e Trigeorgis sul modello che sarebbe poi stato applicato ai fondi Dynamic Decisions. Parliamo di Andrea Gamba, oggi professore della Warick Business School, in Gran Bretagna. «Avevo dei dubbi sulla possibilità di produrre rendimenti sistematicamente superiori alla media. E non ritenevo che la strategia fosse sufficientemente solida e fondata dal punto di vista scientifico», ci spiega. Il 30 giugno 2004 anche lui decise di separarsi da Micalizzi e non seguirlo nella sua avventura dei fondi Dynamic. Motivo: «Non ritenevo che come business fosse troppo promettente».

Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore, 19 novembre 2011

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Banche BCE Economisti

Documento degli economisti: per una vera BCE.

Documento degli economisti: per una vera BCE.

Adesione di JM al documento degli economisti.

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Crisi finanziaria Economisti Università

Mario, stai lontano dalla mia vita e dal mio portafoglio.

Mario, stai lontano dalla mia vita e dal mio portafoglio.

Per quel che valgono le considerazioni di un professorino di provincia, l’ipotesi di un incarico a Mario Monti non mi piace. Non è in discussione la competenza del grande economista, tantomeno il suo kilometrico curriculum vitae. E’ in discussione la sua non-nomina da parte del popolo sovrano, la sua chiara provenienza dalle élites -i c.d.poteri forti- che sanno sempre cosa fare meglio degli altri, soprattutto se con i soldi degli altri. Il milieu di Monti è quello della buona borghesia milanese e della finanza illuminata, quella che ha fatto del nostro sistema economico-finanziario un capitalismo straccione, senza capitali (e basterebbe riandare alla privatizzazione Telecom o ad altre storie similari per chiarire il concetto).

Infine, last but not least, Monti è bocconiano. Ovvero proviene da quella università che, lungi dall’aver messo in guardia contro la crisi, esprime, soprattutto nelle materie che il sottoscritto insegna, banche ed intermediari finanziari, il mainstream degli ultimi 10/15 anni: la creazione di valore a tutti i costi. Non abbiamo bisogno di essere ripuliti con una patrimoniale, non abbiamo bisogno di qualcuno che ci tratti da deficienti: voglio dirmelo da solo, del caso, per avere votato sino ad ora Silvio Berlusconi. Proprio per questo, anzi, solo per questo, Sig.Presidente della Repubblica, ci lasci votare presto, è molto meglio votare.

Grazie.

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Capitalismo Economisti Educazione

Il loro io, in difetto atavico, irrigidito nelle procedure, scarso, li predispone in maniera formidabile per il capitalismo.

Il loro io, in difetto atavico, irrigidito nelle procedure, scarso, li predispone in maniera formidabile per il capitalismo.

“L’Europa sta avanzando risolutamente verso l’ideale cinese di rendere simili tutte le persone.” Sono parole di John Stuart Mill che, nel 1859, previde questo nostro paradossale presente. Il fatto che nessuno se ne ricordi conferma la pochezza espressiva della scienza economica. Anche perché questa frase di Mill poteva dirsi più che una profezia: era nesso sociologico che legava la tendenza generale all’omologazione e il trionfo della Cina. “La tendenza all’omologazione è tendenza generale, ma ancora in fase”, scriveva. E gli eventi hanno svolto la tendenza in fase ulteriore. Un capitalismo, in uno stato alterato, impensabile persino a Weber, concede ai cinesi di prevalere. Il rendere tutti più simili fa contare infine solo i numeri. Così, alla non alta produttività cinese è bastato nutrirsi dei suoi eccessi demografici, di poveri per centinaia di milioni trascinati dalle campagne negli orridi e pullulanti formicai di cemento delle città. Il loro io, in difetto atavico, irrigidito nelle procedure, scarso, li predispone in maniera formidabile per il capitalismo.

Geminello Alvi, Il capitalismo. Verso l’ideale cinese, Marsilio