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ABI Banca d'Italia Banche

Un salvataggio bancario è un atto di violenza (re-load).

Un salvataggio bancario è un atto di violenza (re-load).

Un salvataggio bancario non è un pranzo di gala. Non è un convegno dell’ABI su Basilea 3, non si può fare come se fosse la rivalutazione di un immobile.

Un salvataggio bancario non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo. Non è il premio Strega, non si fa con le vignette di Vauro o le battute di Bergonzoni. Non si può fare con la carta o con i debiti, ci vogliono soldi, veri. Pubblici.

Un salvataggio bancario non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. Un salvataggio bancario non si può fare consultando la Camusso, chiedendo alle parti sociali, telefonando in Confindustria. Un salvataggio bancario non si può fare castigando i banchieri cattivi e con l’efficienza purificatrice del mercato.

Un salvataggio bancario non si può fare senza mettere le mani nelle tasche degli italiani.

Un salvataggio bancario è un atto di violenza.

Prof Ze Dong

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ABI Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo Imprese Indebitamento delle imprese Mario Draghi PMI Vigilanza bancaria

L’arte del regolatore e la sega elettrica.

L’arte del regolatore e la sega elettrica.

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Mi ero tenuto alla larga dal dibattito (invero non proprio di spessore) sul Monte Paschi, pur potendo vantare un track record di post, scritti in tempi non sospetti, che facevano ben comprendere quanto io abbia avuto in simpatia la conduzione manageriale di quella banca. Ma se il Governatore Visco dedica 5 pagine su 17 del suo intervento di ieri al Forex, stimolati da cotanto pulpito, forse vale la pena spendere due parole.

Ignazio Visco, anzitutto, ha ben spiegato che il regolatore non è un giustiziere: e che vigilare sulle banche non è qualcosa di molto simile a un linciaggio, piuttosto che al lavoro di un giustiziere fatto in casa come Dexter. Il Governatore ha puntigliosamente ricordato che notizie false e non verificate possono danneggiare banche e soprattutto risparmiatori, questi ultimi, peraltro, notoriamente tutelati dalla “più bella del mondo“. Non si commissaria una banca al primo stormire di fronde né, d’altra parte, la Vigilanza ha i poteri per sostituire gli amministratori; per quanto mi riguarda, non solo dubito che sia una buona idea, ma sono scettico sul fatto che, nonostante questa sia stata la lettura dei giornali ieri, lo abbia chiesto lo stesso Visco. Sullo sfondo esiste il concetto di libertà e di democrazia economica che qualcuno vorrebbe sempre nelle mani di un bel commissario del popolo e che invece va difeso e tutelato, anzitutto con coscienza e responsabilità.
Infine, come ho rilevato su twitter, il Governatore ha messo al centro del suo intervento non Monte Paschi, cui pure doveva dare risalto (e lo ha fatto, fin dalle prime righe della relazione), ma il concetto di efficienza, per le banche e, per quanto mi riguarda, soprattutto, per le imprese.

Le banche sono da almeno un anno sotto la lente di ingrandimento, anche in via amministrativa, per quanto riguarda compensi, impegno degli amministratori, preparazione tecnica, riduzione dei costi: e il cenno fatto durante l’esposizione alla patrimonializzazione delle Bcc non deve trarre in inganno sul fatto che anche esse siano al centro di un imponente lavoro di revisione dei modelli di governo e, cito testualmente, di focus sulla “qualità del capitale umano“, che va rafforzata, in quanto”cruciale nelle attività di valutazione del merito di credito e nella gestione dei rischi.” D’altra parte, per ritornare a banche di più grandi dimensioni, Alessandro Profumo era in prima linea, ieri, a guardarsi la punta delle dita mentre Visco sottolineava che i compensi, buonuscite comprese, dovranno essere legati a componenti reddituali certe, anche in prospettiva. Per quanto riguarda le imprese e le Pmi in particolare, il Governatore ha fatto passaggi che sia la stampa, sia la rete si sono ben guardati dal rilanciare: per quel che vale lo faccio io.

Se il mantenimento in equilibrio dei conti pubblici è la precondizione e non l’ostacolo per il risanamento, il Governatore ha ricordato al mondo delle imprese che non sono i denari ad essere mancati (le cifre delle due moratorie e delle garanzie messe in campo da Cassa DDPP sono impressionanti), ma la serietà nel continuare a sostenere iniziative imprenditoriali “con precaria situazione finanziaria e prive di prospettive di sviluppo.”

Si chiama allocazione efficiente delle risorse ed è un concetto che insegnamo fin dalle prime lezioni nei corsi di economia della banca o di economia degli intermediari finanziari: ma, soprattutto, è un concetto che non può essere appaltato in esclusiva al sistema bancario, quasi che le imprese siano tutte, senza distinzioni, partecipanti a un concorso di bellezza nel quale la più brutta assomiglia a Monica Bellucci e dunque i giurati, ovvero le banche, siano degli incapaci. Le banche non sono tutte uguali, e devono poter scegliere e farsi scegliere; ma lo stesso vale per le imprese, e non è un diritto divino.

Come sempre, il lavoro più impegnativo è quello culturale.

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ABI Banca d'Italia Banche

Il silenzio degli innocenti (le colpe dell’affaire #MPS).

Il silenzio degli innocenti (le colpe dell’affaire #MPS).

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Il caso MontePaschi capita durante la chiusura delle lezioni per la sessione invernale degli esami; ma se fossimo durante il semestre, si potrebbe usare la vicenda per molte e molte ore di lezione su casi aziendali di moral hazard, benefici privati, malfunzionamento della teoria dell’agenzia, efficacia e pervasività dell’attività di vigilanza sui sistemi finanziari etc…

Dei legami tra politica e banche mi annoio persino a parlare, ricordando le nottate -ai bei tempi del centro-sinistra- nel corso delle quali il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR) nominava amministratori delegati e presidenti di tutte le banche pubbliche italiane, ovvero tutte le più importanti. E al Monte dei Paschi, che io ricordi, non è mai andato un bel democristiano doc, che so, uno come Ferdinando Ventriglia: no, solo compagni comunisti, di sicura fede. Questo accadeva prima della Legge Amato-Carli, quella che privatizzava, sui generis, le banche italiane, obbligando queste ultime a creare una spa, con la Fondazione a monte, secondo il ben noto meccanismo che vige in Unicredit, Intesa e lo stesso Monte dei Paschi. La politica, uscita dalle porte delle banche spa, è rientrata dalle finestre delle Fondazioni: le quali, come insegna la vicenda riminese della Carim, non agiscono secondo logiche propriamente economiche, nè di “sana” gestione no-profit, ma nuovamente e unicamente politiche, sia pure con una forte connotazione localistica.

Anche in MontePaschi sembra di poter rinvenire i medesimi comportamenti: la Banca è stata usata come mucca da mungere per gli interessi dell’azionista di maggioranza, talmente legato a doppio filo al proprio unico e non diversificato investimento, da non potersi permettere di scendere sotto il 51%, anche a pena di un indebitamento crescente. La Fondazione MontePaschi non solo non ha minimamente controllato l’origine e la natura delle performance (invero pessime) del proprio asset principale, ma ha compiuto scelte antieconomiche nel nome di un mantenimento del controllo che può ben essere definito finalizzato esclusivamente all’ottenimento di benefici privati. Ascoltando Focus Economia su Radio 24 ieri sera, in macchina, ho udito Fabio Pavesi ripercorrere la vicenda MPS accennando in modo velato a colpe e mancanze di Consob e Banca d’Italia. Su Consob mi permetto solo di rammentare che l’autorità è garante del funzionamento dei mercati mobiliari, non dei ribassi o dei rialzi: e che non le compete il controllo sui bilanci delle quotate. Altro discorso è quello riguardante Banca d’Italia. Mi rendo conto che è facile individuare un colpevole nel vigilatore, che non vigilerà, ovviamente, mai abbastanza, soprattutto se si deve polemizzare, come alcuni pessimi esponenti del PdL stanno facendo, dimentichi dei guai di Popolare Milano e dei banchieri legati alla Lega (oltre che di altre tante situazioni che in scala ridotta riproducono schemi analoghi di malgoverno e di ingerenza). E si potrebbe andare avanti, ma è inutile, oltre che, appunto, noioso. La questione della vigilanza è ampia e complessa, non può essere risolta da un richiamo ad una maggiore pervasività: posso immaginare le vestali dei tagli alla spesa pubblica stracciarsi le vesti medesime alla notizia di nuove assunzioni da parte dell’Ispettorato di Bankitalia. Se si guarda al passato, in URSS e in Cina non ci sono mai state crisi bancarie, per la buona ragione che la dittatura comunista garantiva (e in Cina tuttora garantisce) il controllo su ogni attività economica: d’altra parte Francisco Franco, con la dittatura, ha da parte sua garantito lo sviluppo di Santander e BBVA, libere dai condizionamenti della concorrenza. Il massimo di controlli corrisponde al minimo della libertà economica oltre che essere, appunto, assai costoso: ed il Collegio sindacale è gravato, da ultimo, da compiti che il profano neppure immagina, per complicatezza, ambiguità e rischio professionale. Da ultimo, affidarsi fideisticamente ai controlli genera irresponsabilità ed evita la fatica: la fatica dell’azionista di chiedere conto, al di là dei risultati, di ciò che gli viene presentato, la fatica degli stakeholder di valutare complessivamente le performance. E, da ultimo, la fatica dei manager di conseguire risultati che dicano, al di là dei numeri, di una strategia condivisibile e condivisa. Se il dibattito di queste ore provasse a ripartire di qua, forse si potrebbe anche sperare che una vicenda così grave e triste possa avere qualche esito positivo. Forse.

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Banche Liquidità Strumenti finanziari

Strumenti innovativi di capitale.

Strumenti innovativi di capitale.

Conoscevamo la disinvoltura imprenditoriale, quella per intenderci di Vincenzo Boccia e della lobby confindustriale, quella che vuole ricapitalizzare le imprese ma senza metterci neppure un centesimo. Ma non pensavamo fosse possibile che anche una Fondazione, con una banca nel proprio attivo, ragionasse allo stesso modo. Il Sole 24 Ore rende noto, infatti, che “la Fondazione Monte dei Paschi sta per affrontare uno dei passaggi più difficili della sua giovane esistenza da quando, nel 1995, ha scorporato e conferito l’attività creditizia in Banca Mps. Accompagnerà l’azione di rafforzamento patrimoniale del gruppo di Rocca Salimbeni senza diluire in modo significativo il pacchetto di azioni in suo possesso (45,7% del capitale ordinario e 55% di quello complessivo). E lo farà anche a costo d’indebitarsi.

Quindi Monte Paschi si indebiterà (con il Tesoro, verosimilmente) per sottoscrivere un aumento di capitale che non potrebbe sottoscrivere, al solo scopo di non diluire il controllo: finalità più che comprensibile, ma che inevitabilmente dovrà farei conti con le esigenze di politica per il territorio che la Fondazione ha, o dovrebbe avere, scritta a caratteri cubitali nella sua missione. Lorenzo Bini Smaghi ha affermato che le banche dovranno rinunciare a distribuire dividendi e dovranno rafforzare il capitale. Se poi il capitale è stato preso a prestito, il bilancio sociale del Monte dei Paschi di Siena sarà fatto con i cantuccini.

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ABI Banca d'Italia Banche Mario Draghi Vigilanza bancaria

Nessuno chi?

Nessuno chi?

Gabriello Mancini, Presidente Fondazione Monte Paschi

Ma se gli istituti non sono redditizi, se non riescono a remunerare adeguatamente il capitale, nessuno sarà disposto a metterci dentro risorse e sarà più difficile rafforzare il patrimonio come sollecita il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.

Giuseppe Mussari, intervista rilasciata al Corriere della Sera, 28 febbraio 2011

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Banche Imprese

Etica della responsabilità.

Etica della responsabilità
Riferire ogni comportamento all’etica della responsabilità, che impegna ad essere sempre orientati al servizio, all’integrità e alla trasparenza, alla correttezza negli affari, alla salvaguardia dell’ambiente ed al rispetto di tutte le persone.
Orientamento al cliente
Sviluppare l’ascolto e quindi l’attenzione alle relazioni con i clienti, migliorando la qualità dei servizi forniti e la customer satisfaction attraverso una costante attenzione all’efficienza e all’efficacia nei processi di produzione e di erogazione dei servizi stessi.

Monte dei Paschi di Siena, Valori e principi

Il 2009 è stato un anno complicato per la finanza e per l’economia italiana in generale. Un anno in cui il prodotto interno lordo è diminuito del 5%, in cui abbiamo avuto un aumento estremamente significativo della cassa integrazione, del numero dei disoccupati, delle famiglie in difficoltà, delle imprese che non riuscivano a mantenere i fatturati necessari a sostenere il proprio ciclo economico. In questo contesto, non avere smarrito la vocazione tradizionale della nostra Banca, quella di banca vicina al territorio, con un profilo profondamente retail e che mantiene la sua natura a prescindere dalle condizioni del mercato, ci ha consentito di navigare in un mare difficile senza perdere la rotta. Dentro questa navigazione, coscientemente, abbiamo perso forse delle opportunità, ci siamo rifiutati di assumere determinati rischi, siamo rimasti legati ad un concetto di ricavi tradizionali ricorrenti; e tutto questo trova la sua compiuta raffigurazione nel conto economico di fine anno.

Monte dei Paschi di Siena, Bilancio sociale 2009.
Ecco perché scegliere come banca Monte dei Paschi di Siena. Ecco perché, se in un derivato (venduto come assicurazione) il nozionale è il doppio del fido accordato, si tratta sicuramente di un’operazione orientata al servizio, all’integrità, alla trasparenza.


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ABI Banche

Il palio dei somari.

Quello vero si corre a Turrita di Siena. Quello bancario si corre a Siena, come ricordato nell’articolo di Alessandro Penati su Repubblica e che riportiamo grazie alla segnalazione del prof.Ripani.

Per la cronaca: sono gli stessi che fanno il “bilancio sociale“, vantandosi di non finanziare quelli che producono i paracadute per l’esercito, ma solo per chi ne fa un uso sportivo.

Il sonno della ragione genera somari.

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ABI Banche Banche di credito cooperativo Lavorare in banca Lavoro

Lavorare pochi, lavorare peggio.

Il presidente Giuseppe Mussari, commentando il Rapporto Abi 2010 sul mercato del lavoro ha affermato che le banche italiane sono “penalizzate dall’alto costo del lavoro“. Le cifre del saldo occupazionale, a livello aggregato -2% circa, sembrano dare ragione al capo dei banchieri italiani, che richiede una “opportuna combinazione di moderazione salariale e acquisizione di nuove flessibilità all’ingresso, nella gestione della prestazione di lavoro e in uscita.” (Il linguaggio delle relazioni industriali, applicato alle banche, si mescola con il bancariese, creando ibridi orrendi).

Una cosa Mussari ha dimenticato di sottolineare o, forse, di domandarsi: come mai nelle banche piccole il saldo occupazionale è pari a zero e nelle minori è addirittura positivo (+0,7%)? Forse esiste un legame fra ciò che ha consentito alle banche più piccole si sopravvivere alla crisi e di fare bene il loro lavoro, aiutando, per quanto possibile, le Pmi e le famiglie, e un costo del lavoro elevato, necessario presupposto della banca di relazione? Risparmiare sul costo del lavoro, per il sistema bancario principale, è la normale premessa di un solo obiettivo strategico di fondo: creare valore per l’azionista con la banca di transazione, quella che prescinde dalle persone. Meno sono, meglio è: ma anche, a quanto pare, meno sono, più lavoreranno.

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ABI Banca d'Italia Banche Vigilanza bancaria

Deleveraged banks?

Come ha riferito Bloomberg una settimana fa, Anna Maria Tarantola, responsabile per la vigilanza sugli enti creditizi della Banca d’Italia, pensa che le banche italiane, più “deleveraged” (sic) rispetto al resto del mondo, dovrebbero subire meno di altre concorrenti, europee e mondiali, l’impatto della nuova regolamentazione di Vigilanza nota come Basilea 3. Eppure, secondo il Sole 24 Ore, che cita sempre Anna Maria Tarantola, l’impatto sulle grandi banche potrebbe essere “non trascurabile“, anche se nella generalità dei casi il sistema bancario italiano si caratterizza per elementi di capitale di qualità primaria.

“La debolezza della struttura finanziaria delle piccole imprese”, continua il Sole, potrebbe «incidere negativamente sulle condizioni di accesso al credito» dopo l’entrata in vigore di Basilea 3. Tuttavia le imprese con meno di 20 addetti beneficeranno del fatto di essere finanziate prevalentemente dagli istituti bancari di medie e piccole dimensioni o da quelle banche che già oggi presentano in media «livelli di patrimonio superiori a quelli richiesti dalle nuove regole». Sono queste, ha precisato il vice direttore generale di via Nazionale, le banche che anche durante la crisi hanno continuato ad assicurare «un sostenuto flusso di credito all’economia».

Nonostante l’apparente distanza fra i due commenti, è neppure il caso di pensare ad una doppiezza dell’intervento di Anna Maria Tarantola, la cui autorevolezza e competenza sono fuori discussione. La sensazione che si ricava leggendo i resoconti sul dibattito intorno a Basilea 3, oltre  a quella consueta di giornalisti che non sanno bene di cosa stanno parlando e dunque semplificano, è quella di un problema non proprio chiaro e che, come nel caso di Basilea 2, sembra essere affrontato in base a pregiudizi ideologici e lobbistici. Ciò che veramente infastidisce, tuttavia, è che nessuno riesca a cogliere la mistificazione operata dalle banche, che dopo aver rischiato di affondare, ed essere state salvate dal naufragio, chiedono alla guardia costiera di lasciarle ripartire, senza aver troppo riguardo alla qualità dello scafo. Confidando, evidentemente, che qualcuno non mancherà di salvarle forever and ever.

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ABI Banche Crisi finanziaria Germania UBS Vigilanza bancaria

Banchieri coraggiosi.

 

Joseph Ackermann, CEO di Deutsche Bank

 

Con il consueto garbo Marco Onado elimina in un solo colpo, mostrandone la miseria, gli argomenti di tutti coloro, banchieri in primis, che temono l’avvento di Basilea 3 come funesto giro di vite sul credito alle imprese. Attraverso l’esempio della Svizzera, che ha imposto alle sue due principali banche (il cui attivo è pari a 4 volte il PIL del Paese) requisiti di capitale ancora più stringenti e di Deutsche Bank, che ha condotto a termine l’aumento di capitale più elevato della storia della banca, per 10,2 miliardi di euro, Onado fa riflettere sulla reale consistenza delle preoccupazioni delle Fondazioni, delle banche e delle associazioni di categoria, ribadite due giorni fa anche dal presidente dell’ABI, Giuseppe Mussari, che dalle Fondazioni viene e che ne conosce bene la lunghezza di vedute. Mettere più capitale vuol dire incrementare il capitale reputazionale, vuole dire fare crescere l’affidabilità di una banca che, da posizioni di partenza più solide, non potrà che vedersi ridotto il costo della raccolta. Resta la soluzione che tutti paventano, perché è quella più comoda ed è quella che si è verificata con Basilea 2: ovvero, anzichè aumentare il capitale, ridurre l’attivo e dunque rischi e prestiti. A quanto pare, invece, si può essere più seri e coraggiosi, come insegnano svizzeri e tedeschi, senza strozzare l’economia.