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La perdita del cliente spiega lo scostamento (controesodo).

La perdita del cliente spiega lo scostamento (controesodo).

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Sul Sole 24Ore di qualche giorno fa veniva riportata la conclusione di una controversia tributaria che oltre a far pensare che l’Accademia  della Guardia di Finanza debba inserire nei programmi dei suoi corsi più ore di analisi finanziaria e di bilancio, fa riflettere sull’importanza dell’analisi settoriale ai fini della relazione bancaria e del rapporto di affidamento.

In sintesi “il maggior ricavo ottenuto con Gerico non prova, da solo, una gestione imprenditoriale antieconomica se l’impresa ha perso il cliente principale. Inoltre, una differenza tra il margine di ricarico applicato dall’impresa sul costo del lavoro, e quello mediamente applicato dalle altre realtà dello stesso settore, non può fondare il recupero se non si mettono a confronto i costi di struttura. Infine, le condizioni di marginalità escludono il valore probatorio di una presunzione grave, precisa e concordante richiesta per l’accertamento dei maggiori ricavi. Così si è espressa la Ctr Lombardia 1893/15/2015 (presidente Giordano, relatore Staunovo Polacco).”

Premesso che si parla di 2004 e che l’argomento è noiosissimo (per chi volesse mettere i puntini sulle i il Governo in carica era quello di Silvio B. e Ministro dell’economia l’ineffabile Giulio Tremonti) stupisce che il Fisco -tardivamente- e la giurisdizione tributaria si accorgano prima delle banche che le imprese hanno formule competitive differenti, margini differenti rispetto ai settori e che la concentrazione del fatturato è un rischio. Quanto alla “gestione antieconomica” ricorre spesso nei commenti in aula di coloro cui faccio formazione, che immaginano scenari fantasiosi quando invece sarebbe meglio essere realisti. Nel caso in questione “l’antieconomicità della gestione è giustificata dalla perdita del cliente principale, dalla contrazione del mercato del software applicativo gestionale e dal tentativo di arginare queste perdite con l’avvio di nuove attività di siti web e counseling ai lavoratori; le spese contenute, diverse dal lavoro subordinato, provano l’assenza di una struttura aziendale e lo svolgimento di prestazioni di sola mano d’opera, mentre le imprese del campione rappresentativo hanno costi di struttura più elevati che possono influenzare i prezzi praticati ai clienti, facendo emergere così percentuali di ricarico più elevate.”

Ecco, se qualche pratica di fido in più fosse stata scritta così, forse avremmo lo stesso ammontare di sofferenze sugli impieghi, perché quando la crisi è sistemica, oltre che settoriale, c’è ben poco da fare. Ma magari qualche CdA e qualche DG avrebbero compreso meglio certi andamenti economici ed il credit crunch sarebbe stato meno duro. E forse, anche grazie alle banche, avremmo potuto comincciare ad uscirne prima. Come direbbe il Presidente del Consiglio (che apprezzo assai), cambiando direzione. Forse.

 

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Capitalismo Crisi finanziaria Disoccupazione fiducia Indebitamento delle imprese PMI

Forconi, imprese marginali e altre storie.

Forconi, imprese marginali e altre storie.

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A me sembra, viste le categorie partecipanti, che questi non ce la fanno più a tenere la concorrenza e le tasse che cominciano finalmente a pagare sono la botta finale.
Però non è quello che li sta mandando in rovina. Un esempio su tutti: gli autotrasportatori tedeschi fanno lavorare i TIR 24h al giorno con turni a scorrimento: dopo 2 o 3 anni il camion viene sostituito, quindi tir sempre nuovi, logistica all’avanguardia, e impiegati che ottimizzano non facendo viaggiare mai vuoti i camion. Il padroncino Italiano anche sta sveglio 24h a lavorare non ce la può fare, anche senza pagare le tasse non ce la può fare. E ci credo poveraccio che vuol tornare a 20 anni fa, con mercati chiusi e protetti. Lo stesso si può dire di negozianti, tassisti agricoltori. Mi spiace per loro ma sono destinati economicamente a scomparire, è il capitalismo baby, se vi piace è così.. un grande con il barbone vi aveva avvertito che o diventavi un boss mondiale…o ciao
.”

BOBROCK3 dal sito de IlSole24Ore.com

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Giuliano Ferrara Imprese Indebitamento delle imprese PMI

Evasori marginali.

Evasori marginali.

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Rientrato ormai dalle ferie, ma con ancora addosso i postumi dell’infarto (e delle medicine) leggo Giuliano Ferrara sul Foglio.it di oggi, riguardo alla ben nota polemica sollevata dall’intervento di Stefano Fassina, che ha impropriamente scandalizzato i moralisti delle imposte schierati nel PD. Come sa chi frequenta questo blog (ultimamente in modalità “infarto” prima e “vacanzina” poi, come da foto) sa che non abbiamo mai amato né gli evasori, né i moralisti, qualche tempo fa prendendocela con l’ex-presidente della Camera di Commercio di Rimini, Maggioli, il quale aveva più o meno ripetuto le stesse cose di Fassina.Ora la questione non è giustificare l’evasione, anche se la curva di Laffer dovrebbe, perlomeno, far riflettere qualcuno, se non insegnare qualcosa. La questione vera è un’altra e riguarda quelle imprese che non hanno nei loro margini sufficiente sostanza non solo per pagare le tasse esageratamente elevate del nostro Paese, ma che non pagherebbero nessuna altra aliquota, nemmeno molto più bassa, per una ragione molto semplice: non hanno margini, ovvero sono imprese che dovrebbero uscire dal mercato, marginali, appunto. Sono le stesse imprese che non pagano gli interessi alle banche, che sottopagano i dipendenti, che amano il nero, per amore o per forza.

Il problema dell’evasione di sopravvivenza, diventa allora, in realtà, quello di una concorrenza sleale fatta a chi le regole le rispetta, da parte di chi non le rispetta: e dovrebbe, duole dirlo ma è così, chiudere.

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Giuliano Ferrara Giulio Tremonti Silvio Berlusconi

Una classe dirigente che ha fallito la riforma fiscale (e non solo quella).

Una classe dirigente che ha fallito la riforma fiscale (e non solo quella).

I politici del Pdl e altri vari nordisti che si sono scagliati contro i controlli a campione di Cortina possono avere molte ragioni astratte dalla loro, ma devono ricordarsi di essere parte di una classe dirigente che ha fallito la riforma fiscale, anzi la strategica ricomposizione e pacificazione fiscale di questo paese molto malmesso, e che certi comportamenti irridenti verso il prossimo oggi non sono più minimamente tollerabili. Punto.

Giuliano Ferrara, Il Foglio, 6 gennaio 2012

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Crisi finanziaria Giulio Tremonti Ricchezza Sviluppo welfare

Un deplorabile iniziamento di socialismo in tutta l’amministrazione.

Un deplorabile iniziamento di socialismo in tutta l’amministrazione.

Questa materia, già lo sapete, è la ricchezza ossia gli averi del cittadino: dal quale l’autorità può chiederne quel tanto che ciascuno è obbligato a contribuire per bene comune. Or rispetto a questo, per primo corollario ne scende, non doversi chiedere ai sudditi se, non la contribuzione veramente necessaria al bene comune. Il che veniva espressamente dichiarato nell’assemblea del Corpo legislativo di Francia dal Ministro Magne: ma non sappiamo quanto fedelmente si osservi nei governi condotti secondo le teoria degli economisti moderni. In quelli veggiamo crescere ogni anno, smodatamamente le gravezze; e tanto più chiedersi, quanto più si è già ottenuto. Alle quali imposte se altri pretenda far argine, si sente rispondere non esser tocco finora, l’ultimo limite dell’imponibile: quasi il governo avesse il diritto a pigliarsi tutto ciò che al suddito non è strettamente necessario per mantenersi in istato. No, dicea quel Ministro nella tornata dei 18 Marzo 1861: il governo non dee domandare al paese se non i sacrifizii assolutamente necessari. Se la roba dei sudditi, come abbiam detto, non è roba dei governanti; se questi non hanno altro titolo per riscuoterne gravezze, se non l’obbligo che hanno i sudditi di cooperare al bene pubblico, e, l’impotenza di provvedervi senza tali riscossioni; procedere così coraggiosamente sino all’ultimo limite dell’imponibile, egli è un aver dimenticato la legge fondamentale in questa materia, ed è un deplorabile iniziamento di socialismo in tutta l’amministrazione.

p. L. Taparelli d’Azeglio S.J., La Civiltà Cattolica, 1860.

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Crisi finanziaria Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese PMI

Imprese marginali 1.

Imprese marginali 1.

Il comandante della Guardia di Finanza di Bologna, Minervini, parlando qualche giorno fa dei risultati raggiunti dall’arma nella lotta all’evasione, ha affermato che “molte imprese evadono per sopravvivere“. Ora, poiché questa è la solita tuba che viene propinata ad anni alterni dalle associazioni di categoria e da chiunque cerchi di giustificare i pessimi risultati di molte aziende oramai marginali, forse sarebbe il caso di riflettere su un dato molto semplice: che se un’impresa non riesce a pagare le imposte, forse dovrebbe chiudere, così come quando non riesce a pagare i debiti (il seguito alla prossima puntata). Se non si riescono a pagare le imposte e questo serve per sopravvivere -s’intende, non a caviale e champagne, guidando una Bentley e viaggiando in prima classe- significa che c’è un problema prima delle tasse, ed anche prima degli oneri finanziari. Si chiama risultato operativo, e probabilmente non c’è più, o non c’è mai stato. Nel frattempo, quando imprese come queste evadono, il resto dei contribuenti fa un’opera di carità, mantiene posti di lavoro: ottima cosa, ma bisognerebbe dirlo.