
Guardando indietro nel tempo ai tanti anni trascorsi a leggere, studiare e scrivere in materia di valutazione del merito di credito ci si rende conto di come ormai alcuni strumenti siano entrati nell’uso e nella prassi comuni -basti pensare all’analisi per flussi in contrapposizione all’obsoleta e superata analisi per indici- mentre altri lo sono diventati nel tempo, probabilmente figli della necessità di avere certezze, parametri di riferimento, indicatori dirimenti in materia di misurazione del rischio.
Così, se per quanto riguarda la valutazione della capacità di reddito e del flusso principale generato a servizio del debito, ovvero l’Ebit, non vi sono discussioni in materia e tutta la migliore dottrina e le best practices parlano senza tema di smentita della necessità che il risultato operativo (o, appunto, Ebit) sia in grado di assorbire adeguatamente gli oneri finanziari, con un rapporto tra questi ultimi e RO pari o inferiore al 50%, in materia di struttura finanziaria, sostenibilità del debito e capacità di fronteggiarlo non tutto è, evidentemente, acclarato.
Il passaggio tra la valutazione della capacità di reddito e quella di rimborso, lungi dall’essere chiaro, risulta ancora non del tutto pacifico, ove si consideri che sovente, anche in relazioni redatte da esperti blasonati, banchieri e non, non si accenna quasi mai alla problematicità del capitale circolante netto operativo (o funzionale) ed al ben noto effetto spugna. Cosicché il free cash flow liberamente disponibile per fare nuovi investimenti e per rimborsare prestiti, o autofinanziamento al netto dei prelievi, non è (quasi) mai esplicitato nelle istruttorie bancarie, né viene analizzato nella sua composizione, anche mediante raffronti temporali. Basti pensare alla questione relativa alla consistenza dell’Ebitda in rapporto alla variazione del CCNO, laddove evidentemente la prima componente dovrebbe rappresentare quella più importante, sotto il profilo quantitativo, della liquidità prodotta dalla gestione.
La mancata consapevolezza rispetto all’importanza dell’Ebitda, ovvero al Margine operativo lordo nella sua accezione finanziaria (in sintesi: Ebit, più ammortamenti, più accantonamenti) è ancora più grave se si considera che, viceversa, dopo essere entrato a pieno titolo nelle valutazioni delle società quotate, i cui debiti finanziari non dovrebbero superare 4/5 volte l’Ebitda stesso, questo indicatore viene esplicitamente usato da Bankitalia nelle proprie ispezioni per isolare le posizioni ritenute maggiormente rischiose. In altri termini, tutte le volte che l’indicatore PFN/Ebitda, utilizzando al numeratore la posizione finanziaria netta, o l’equivalente Debiti finanziari lordi/Ebitda, senza tenere conto al numeratore delle disponibilità liquide, supera il valore di 6, gli ispettori della Vigilanza ritengono che l’impresa sia indebitata oltre i limiti massimi di sostenibilità.
Sostanzialmente, alla base di questa valutazione, stanno due ipotesi sulle quali è opportuno riflettere: l’Ebitda da flusso di cassa potenziale viene virtualmente ritenuto un flusso di cassa effettivo; tale flusso viene interamente destinato al rimborso dei soli debiti finanziari.
Vi sono sicuramente numerose questioni sia sulla costruzione dell’indicatore, sia sul suo significato, anche in rapporto al settore di appartenenza dell’impresa: questioni che certamente vale la pena approfondire in uno dei prossimi post, annotando intanto, anche in chiave di lettura del tema della prevenzioni delle crisi di impresa, che valori superiori a tale soglia rappresentano già da adesso, per le banche affidanti, una soglia trigger che può segnalare difficoltà finanziarie prospettiche per l’impresa affidata.
Vi sono sicuramente numerose questioni sia sulla costruzione dell’indicatore, sia sul suo significato, anche in rapporto al settore di appartenenza dell’impresa: questioni che certamente vale la pena approfondire in uno dei prossimi post, annotando intanto, anche in chiave di lettura del tema della prevenzioni delle crisi di impresa, che valori superiori a tale soglia rappresentano già da adesso, per le banche affidanti, una soglia trigger che può segnalare difficoltà finanziarie prospettiche per l’impresa affidata.
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