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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio Banche Banche di credito cooperativo

#ilmagazzinoèfalso, #ccnopertutti, #ilsegretoèconoscerelaspugna.

#ilmagazzinoèfalso, #ccnopertutti, #ilsegretoèconoscerelaspugna.

scrooge_mcduckVenerdì è terminato un corso, il primo dopo molto tempo, destinato a formare consulenti e gestori imprese per le Bcc dell’Emilia-Romagna. Non può che farmi piacere notare, nel desolante panorama del sistema bancario italiano, che ci siano banche che decidono di investire sulla relazione anziché, come predica qualcuno, sulla transazione, vendendo polizze, fondi di investimento e carte di credito (dimenticando che il loro conto economico poggia e potrà appoggiare anche in futuro soltanto sul margine di interesse, pena lo stravolgimento di quella che a qualche somaro piace chiamare mission).

Non mi stupirò, invece, mai abbastanza, per tutte le volte che, dentro il lavoro d’aula, certamente molto prolungato (ci siamo visti a intervalli regolari per quasi due mesi) nasce un rapporto davvero speciale con una classe di persone i cui hashtag, solo parzialmente riportati nel titolo, la dicono lunga su quanto si potrebbe ottenere dal lavoro bancario se solo si fornissero i criteri e gli strumenti. E la sorpresa con cui, molto spesso, chi mi ascolta riflette sulla probabile inattendibilità dei dati del magazzino (che è liquidità solo nel caso fumettistico di Zio Paperone) è sintomatica di quanto sia desueto un approccio critico, non in quanto negativo, ma in quanto finalizzato ad orientare correttamente la relazione. Anche se è comprensibile che trovare le parole per dire ad un cliente -che peraltro ti paga, o dovrebbe- che il suo magazzino è falso non sia proprio facilissimo…

Auguro a tutti gli amici che hanno partecipato alle lezioni sulla consulenza alle Pmi in questi giorni a Rimini di potersi sporcare le mani presto sulla realtà, lavorando sul difficile crinale di un aiuto che è, anzitutto, finalizzato a salvaguardare l’impresa come centro di esperienza, fattore umano, storie di lavoro. Ma soprattutto auguro ai loro clienti di poterli incontrare in questa veste, perché vorrà dire che le loro banche, finalmente, hanno deciso di aiutarli, andando oltre la semplice questione dell’erogare quattrini.

Infine, come ricordava il mio Maestro Giampaoli, non c’è nessuna paga che possa equivalere alla soddisfazione interiore nel vedere facce come queste. Ovvero di persone che si sono implicate, messe in discussione e hanno lavorato, insieme. Grazie a ognuno di loro.

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Alessandro Berti Banche Banche di credito cooperativo Inter

Cuore nerazzurro (la qualità nei questionari).

Cuore nerazzurro (la qualità nei questionari).

Risultati del questionario sulla qualità di una lezione tenuta oltre un mese fa (riportati tali e quali dal report della committente).

Prof molto preparato sulla materia e con atteggiamento positivo verso l’aula.

E’ stato molto chiaro e dettagliato nell’esposizione di una materia “difficile” che ha saputo ben relazionare tenendo viva l’attenzione di noi tutti.

Ottimo.

Molto competente ed in grado di attirare l’attenzione dell’aula. Atteggiamento propositivo.

Positivo

Ottimo relatore, coinvolgente.

Preparazione sugli argomenti trattati e sistema bancario eccellente.

Giudizio sicuramente positivo.

Cuore nerazzurro.

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Alessandro Berti Educazione Università

In morte di Attilio Giampaoli.

In morte di Attilio Giampaoli.

attillo_giampaoli Ieri è mancato il prof.Attilio Giampaoli. E’ stato il mio Maestro, mi ha insegnato tutto quello che io, a mia volta, ho insegnato. Quando ci ritrovammo, all’inizio degli anni ’90, rimessi in contatto dopo l’esperienza milanese in Cattolica, io da studente, lui da assistente del grande Confalonieri, mi chiese cosa volevo fare, cosa mi piacesse, cosa mi interessasse. E ricordo bene la sua faccia quando gli dissi che volevo occuparmi di bilanci (credevo ancora all’analisi per indici) delle imprese, di valutazioni di equilibrio e solvibilità: stesse inclinazioni, strumenti sbagliati. Ha avuto pazienza, ne ha avuta tanta con me, basterebbe pensare alle prime, illeggibili cose, che scrivevo: mi ha insegnato il mestiere, mi ha insegnato a vedere persone e imprese, anche e soprattutto attraverso l’incontro, nell’essenza del loro fattore umano, senza tuttavia dimenticare mai i “numeri duri“, quelli dei bilanci.

Mi diceva, peraltro, che il sistema bancario era non riformabile, riponeva la sua speranza nelle Pmi. Spesso mi ha detto che mi illudevo di poter riformare le banche dal di dentro: non ho smesso di crederci, ma talvolta penso che abbia avuto ragione lui. Non si è mai stancato di correggermi, senza mai farmi sentire un somaro, come certamente ero, quando all’inizio arrancavo dietro alle sue parole ed alla tecnica bancaria, che mi stava insegnando.

Se amo così tanto insegnare, lo devo a lui, che me lo ha fatto ammirare, che mi ha coinvolto, che mi ha fatto capire perché c’era la fila degli studenti per avere la tesi da lui. Quando faccio la somma di tutti quelli che si laureano con me, e sono tanti, alla fine di ogni anno accademico, penso che lui avrebbe fatto lo stesso. Sapeva valorizzare tutti, anche quelli cui tu non avresti dato un centesimo, anche quelli che, seppure non per colpa loro, non sapevano scrivere in italiano: e mi diceva, ricordandomi la sua storia di uomo che si era fatto, letteralmente, da solo, che quelli che studiano e lavorano fanno una fatica inimmaginabile.

Non mi ha mai trattato come un servo: conosco molti Colleghi che, in assoluta buona fede e consci di dovere pagare lo scotto della gavetta, trattano ricercatori ed assistenti come carne da macello. Attilio non l’ha mai fatto, chiamandomi sempre amico e trattandomi come tale. Di questo, e di avermi insegnato il mio lavoro, non lo avrò mai ringraziato abbastanza.

E’ proprio vero che da qualcuno si impara ciò che si insegna. E che si conosce solo quello che si ama. Addio Attilio, grazie di tutto quanto. Che Dio ti benedica.

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Educazione

E’ semplice vivere ed è semplice morire: basta affidarsi.

E’ semplice vivere ed è semplice morire: basta affidarsi.

Oggi alle 14 abbiamo accompagnato Daniela Baraghini all’ultimo viaggio, consegnando il corpo alla terra, sapendo che Dio aveva già abbracciato la sua anima grande.I suoi studenti (perché Daniela insegnava, come me: ed eravamo compagni di banco al liceo) le hanno scritto le parole di Bob Dylan, quella strofa di Forever young che dice:

Possa tu sempre fare qualcosa per gli altri E lasciare che gli altri facciano qualcosa per te Possa tu costruire una scala verso le stelle E salirne ogni gradino Possa tu restare per sempre giovane Per sempre giovane per sempre giovane Possa tu restare per sempre giovane“.

Quando, alla fine della Messa, qualcuno dei presenti ha parlato, testimoniando quanto Daniela fosse stata una presenza per ognuno di noi e per il mondo, una sua studentessa ha detto che lei ripeteva sempre:”E’ semplice vivere ed è semplice morire: basta affidarsi.” Vorrei essere degno della grazia di averla conosciuta: e la prego di starmi accanto dal Cielo ogni giorno mentre faccio il mestiere più bello del mondo.

Ciao Daniela.

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Economisti Felicità fiducia Formazione Giulio Tremonti Silvio Berlusconi Università

Professori e narrazioni.

Professori e narrazioni.

In un articolo del 16 giugno linkiesta.it titolava che “Col potere ai professori venne l’inverno della nostra civiltà“.  Qualcuno mi ha chiesto cosa ne pensassi, a quel qualcuno, così paziente, rispondo solo ora; non senza aver riflettuto, per l’ennesima volta sul lavoro di chi, come me, fa appunto il professore e dunque, secondo la vulgata (il magazziniere riminese Mario C. ne è il dimenticabile esempio), insegna perché non sa.

L’articolo di linkiesta.it è di Giulio Sapelli, professore anch’egli, di ben altro spessore rispetto al sottoscritto e non mi permetto di chiosarlo. Ma come sempre nei giornali, anche in quelli on line, contano gli articoli e, spesso, anche -se non di più- i titolisti. Del Governo Monti, che avevo tentato di esorcizzare nella sua vicinanza al mio portafoglio ed alla mia vita ho apprezzato in seguito la riforma delle pensioni ed il modo con cui è stata fatta: e la ministra Fornero è, personalmente, nella top list delle donne italiane che non solo contano, ma che fanno (ed è professoressa). Ciò che non ho apprezzato è stato il seguito, ovvero un’inconcludente concertazione, il mancato uso della forza (quella che impone di fare certe cose, costi quel che costi), i carabinieri come messi del Consiglio dei Ministri. Ma tant’è. Con il governo dei professori venne l’inverno della nostra civiltà: quale, di grazia? Quella di palazzo Grazioli? La civiltà del sorriso che raccontava un mondo neppure da sognare, un mondo già presente, dove i ristoranti erano pieni etc…un’estate fa. Perché nessuno ha titolato, il 3 agosto del 2011 per esempio, quando il Governo Berlusconi prese in giro le Camere ed il Paese con un passaggio parlamentare ignobilmente vile e ignavo, che quel governo aveva fatto scendere il buio sulla nostra civiltà?

La risposta a questo enigma, quello per cui se un governo di inetti politici non fa nulla, se non leggi ad personam, nonostante sia dotato di una maggioranza bulgara, nessuno parla di tristezza, mentre se un governo di professori (certo, con molti distinguo: Martone, Ornaghi, Ugolini, non pervenuti, Patroni-Griffi vetero sindacalista del pubblico impiego etc…) fa la riforma delle pensioni, ovvero la riforma per la quale dovremmo ringraziare Fornero e Monti medesimo vita natural durante, allora siamo tutti più tristi, la risposta a tutto questo è nella narrazione. Ovvero nella condivisione che diventa pubblica, patrimonio comune (anche luogo comune, nel vero senso della parola) di un giudizio sulla realtà, che ci riguarda, che riguarda coloro che ascoltano. Il Governo di B. era scollegato dalla realtà, ma ha saputo narrare, senza giudicare la realtà, anzi, rifuggendovi. Ha blandito il popolo senza metterlo di fronte a nulla, a nessuna responsabilità, raccontando le menzogne di chi non metteva le mani nelle tasche degli italiani, pur facendolo. Il Governo Monti, che pure ha saputo mettere, ed in che modo (!), le mani nei nostri portafogli, non è mai uscito dal binario di una narrazione seria e realista. Che gli editorialisti di Libero o del Giornale, che gli on.li Alfano, Lupi, Cicchitto, Verdini non la vogliano ascoltare, non ha importanza: quella è la situazione, quella è la narrazione.

Siamo in dirittura. Ma per finire si deve, appunto, parlare di professori e di inverno della civiltà. Insegno tecnica bancaria, parlo di merito di credito, parlo di come si valutano le aziende, lo faccio da quasi 30 anni, in università e nelle banche. Ricordo perfettamente quando venni messo alla porta da una grossa società torinese che organizzava congressi con la motivazione “Lei è troppo severo, la gente viene per essere tranquillizzata e blandita”. La narrazione era troppo realista, non andava bene. Io ho continuato, invece, a narrare le imprese ed i loro rapporti con le banche ed in tutti questi anni, anche nelle ultime settimane, il riconoscimento maggiore non è mai stato lo stipendio o una parcella: sono state le facce, le mail, le strette di mano, l’amicizia, di tutti coloro ai quali sono state date ragioni, strumenti, metodi. Forse dovremmo chiederlo al Governo Monti, di studiare narrazione. Ma nessuno può decidere al posto nostro se stare, oppure no, di fronte alla realtà: secondo la totalità dei suoi fattori.

P.S.: nonostante l’essere tacciato di buonismo, JM questa sera tifa Grecia, indefettibilmente. Così come a Istanbul il 25 maggio 2005 tifava Liverpool. Con buona pace di tutti.

 

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Alessandro Berti Università

Tre 110 e lode ed un 107.

Tre 110 e lode ed un 107.

In bocca al lupo ad Anna, Giorgia, Michel e Giovanni, bravi neo laureati, soprattutto belle persone. Grazie ad ognuno di loro per qualcosa che non è appena stima e che non finisce con un voto. A presto!

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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio Banche Banche di credito cooperativo Lavorare in banca Lavoro

Non ho dovuto combattere con l’abbiocco.

Non ho dovuto combattere con l’abbiocco.

Potrei dirle che ho più imparato, sui bilanci, con il suo corso di sei giorni, piuttosto che in venticinque anni di Banca, ma, anche se è vero, preferisco farLe un altro complimento:è stata la prima volta che il pomeriggio non ho dovuto combattere con l’abbiocco.

Ad maiora!

P.

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Misurazioni oggettive (Oggetti didattici 5).

Misurazioni oggettive (Oggetti didattici 5).

Sarebbe bene smettere una volta per tutte con il metodo di prendere come “prova scientifica” i test Ocse-Pisa in modo cieco e acritico, senza preoccuparsi della loro sostanza, e su questa base fragile imbastire in modo apodittico considerazioni generali e impartire ricette e comandamenti. Gli “esperti” di didattica e di istruzione che non sono in grado di entrare nel merito farebbero bene a tacere una volta per tutte: il loro chiacchiericcio è una delle
fonti principali dei guai dei vari sistemi dell’istruzione. Inoltre, questo esempio – e moltissimi altri se ne potrebbero dare – dovrebbe suggerire di accantonare l’inconsistente slogan della “misurazione oggettiva” basata sui test. I test contengono una fortissima componente soggettiva di arbitrarietà, derivante
dalle scelte e dalle visioni di chi le formula. In questo caso, come si è visto, derivante da una visione molto particolare della matematica, che nessuna persona competente potrebbe avallare. Riempirsi la bocca delle parole “oggettivo” e “misura” dà un tono molto scientifico ma non è una cosa seria. L’autentica valutazione è qualcosa di infinitamente più complesso della misurazione della superficie di un appartamento. Essa coinvolge una gran quantità di aspetti qualitativi, spesso non quantificabili ma che possono essere analizzati e giudicati seriamente senza numeri, e tra i quali ha un posto centrale il contenuto della disciplina in oggetto. La valutazione ha senso soltanto se è concepita come un processo interattivo volto a produrre una crescita culturale. Ma se è gestita da “esperti” incompetenti a entrare nel merito si traduce in un autentico disastro.

Giorgio Israel, Il Foglio, 21 aprile 2011.

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Ordine delle operazioni (Oggetti didattici 4).

Ordine delle operazioni (Oggetti didattici 4).

Viste queste premesse “anti concettuali”, era inevitabile che nella scuola finlandese venisse smantellata anche l’algebra. Così, non si insegnano più le proprietà fondamentali dell’aritmetica: associatività, distributività, commutatività, ecc. Al loro posto viene somministrato un insieme di istruzioni per l’uso detto “Ordine delle operazioni”, chiaramente copiato dalle procedure usate dai computer. Prima occorre calcolare le espressioni tra parentesi, poi moltiplicare, poi dividere, infine sommare o sottrarre da sinistra a destra.
Come osserva Malaty, il risultato è che uno studente non è in grado di scrivere correttamente un testo matematico e questo produce problemi gravissimi all’università. Di fatto, l’“Ordine delle operazioni” mette in mora l’algebra. Difatti, non si saprebbe come operare con espressioni del tipo 2x + 3y + 3x + y, visto che non sono date regole per associare e distribuire i termini. Il modo di
cavarsela (e di smantellare l’algebra) è il seguente. Dapprima si osserva come l’esperienza suggerisca che la somma di due mele e di tre mele sia cinque mele, ovvero 2 mele + 3 mele ha come risultato 5 mele. Analogamente 2 kg + 3 kg ha come risultato 5 kg e 2 metri + 3 metri valgono 5 metri. Insomma, l’esperienza suggerisce che è possibile sommare grandezze omogenee e quindi in generale calcolare 2x + 3x ottenendo 5x. Ma, in tal modo, x non è più il simbolo algebrico di un numero bensì il simbolo di un oggetto. Pertanto, immaginando che nell’espressione di partenza x sia una mela e y una banana, se ne conclude
che l’espressione 2x + 3y + 3x + y vale 5x + 4y (5 mele + 4 banane). Inutile dire che in tal modo l’algebra è completamente distrutta, sostituita da un insieme di procedure pratiche basate su analogie empiriche di valore assai inferiore alle manipolazioni che venivano fatte prima degli Arabi.

Giorgio Israel, Il Foglio, 21 aprile 2011

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Ottenere un risultato (Oggetti didattici 3).

Ottenere un risultato (Oggetti didattici 3).


Veniamo ora agli effetti dell’esasperata tendenza a vedere la matematica come un
insieme di procedure di “problem solving”. Per inchiodare nella testa all’allievo questo approccio, fin dalle elementari le operazioni dell’aritmetica sono introdotte in modo puramente grafico, ovvero strettamente pensate come un procedimento di incolonnamento delle cifre e di applicazione di regole meccaniche. E’ noto come la tendenza a concepire le operazioni in termini di “incolonnamento” si è fatta strada anche nel nostro insegnamento primario, con effetti pessimi. Difatti, identificare un’operazione con una rappresentazione grafica impedisce di comprenderne il concetto e svilisce il ruolo del calcolo mentale. Ma nella scuola finlandese questa discutibile tendenza è arrivata al punto di escludere il simbolo “=” a favore della lettera “V” che sta per “Vastaus”, in finlandese “Risultato”. L’alunno è chiamato a incolonnare i dati e a scrivere il risultato in un apposito riquadro denotato con il simbolo “V”. Come osservano gli autori citati, alla fine del percorso primario un bambino finlandese non conosce il simbolo e il concetto di uguaglianza e concepisce pertanto ogni espressione matematica come la richiesta di ottenere un “risultato”.

Giorgio Israel, Il Foglio, 21 aprile 2011