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Banche e Covid: un’intervista e qualche riflessione.

Banche e Covid: un’intervista e qualche riflessione.

LPN-FOCUS Banche e Covid, studio Cisl: Ferite, ma anche anticorpi. Tengono ricavi.

di Laura Carcano
Torino, 8 ago. (LaPresse) – Banche “graffiate dalla pandemia”, ma il Covid non morde. E’ uno studio del sindacato First Cisl a mettere sotto la lente le semestrali dei primi cinque istituti di credito italiani. Tengono i ricavi, aumenta il patrimonio.
“Le ferite ci sono ma il sistema bancario dimostra di avere anticorpi solidi contro la crisi per il Coronavirus”: l’analisi fotografa una “tenuta dei ricavi operativi (- 4,2% rispetto a giugno 2019)”. Ancora più contenuta è la riduzione del margine primario per dipendente (- 2,5%), nonostante il lungo lockdown.
E dopo aver fatto i conti in tasca alle banche, arriva l’affondo del sindacato: “non sono accettabili nuovi tagli all’occupazione dopo che il personale è stato ridotto di 5mila addetti, con una conseguente contrazione dei costi operativi ( – 2,1%) e la chiusura di oltre 500 filiali. Questa riduzione dei costi ricomprende una diminuzione delle spese per il personale del 2,1%”.
Il risultato netto aggregato – sottolinea First Cils – ha chiuso in territorio negativo, ma vanno evidenziati l’aumento eccezionale (+ 72%) e l’incidenza delle rettifiche su crediti alla clientela (5,3 miliardi). In larga misura (2,7  miliardi) accantonamenti per fronteggiare il futuro impatto della pandemia: “senza di essi il dato sarebbe stato ampiamente positivo”.
Spicca poi “la maggiore solidità patrimoniale dell’insieme aggregato”.  Nell’analisi emerge che il CET1 Ratio phased-in passa dal 13.6% del dicembre 2019 al 14.4%. Ciò, “porta a stimare un’eccedenza patrimoniale sui requisiti minimi di oltre 46 miliardi, con un aumento di circa il 43% rispetto ai dati di fine anno”.
Per lo studio del sindacato “le banche non sembrano poi aver colto appieno l’opportunità offerta dalle garanzie statali: i prestiti alla clientela ordinaria crescono meno di un punto percentuale (+ 10 miliardi circa nel periodo considerato)”. E si riduce ancora l’incidenza netta dei crediti deteriorati (3.3%).
“Il coronavirus – afferma il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – non ha scosso il sistema, che anzi ha dimostrato grande resilienza. Adesso il credito alle imprese ed alle famiglie deve aumentare. L’ampia dote di capitale disponibile e la liquidità garantita dalla Bce costituiscono la premessa, insieme alle garanzie statali sui crediti, su cui fondare il rilancio”. Per Colombani “la rotta è quella indicata da Mario Draghi: le banche come strumenti di politica pubblica” e “la presenza dello Stato nel sistema bancario smetta di essere tabù”.
Ma la tesi dello “Stato come banchiere” per Alessandro Berti, professore associato di tecnica bancaria e finanza aziendale presso la Scuola di Economia dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo, non è certo la lezione di Draghi. Lo è invece “la necessità di politiche keynesiane per fronteggiare la crisi economica indotta dalla pandemìa”. “Non abbiamo bisogno di uno Stato banchiere, se non in casi estremi – sottolinea – e questo in Italia non sta accadendo. Non ha mai dato buona prova di sé quale manager. Anzi, se il sistema bancario è resiliente, a maggior ragione l’allocazione delle risorse pubbliche deve essere prioritariamente assegnata ad altri comparti economici”. Quanto all’aumento patrimoniale, la spiegazione è che “il regolatore ha abbassato il livello dei requisiti patrimoniali”.
“Inoltre – fa notare Berti – le semestrali dicono che molte banche hanno fatto gli utili con il trading e se il credito a famiglie e imprese non è aumentato non è colpa degli istituti, quanto piuttosto di un sistema di erogazione dei prestiti Covid-19 che non ha assicurato la tutela penale alle banche e agli addetti, dando per scontato che la garanzia pubblica (SACE o FCG) funzionasse quasi in autonomia, mentre necessita della massima diligenza. Il contributo dei lavoratori bancari durante l’emergenza è stato sotto questo punto di vista fondamentale, soprattutto per evitare improvvide operazione di sussidio con ricadute sul sistema finanziario”.
Questo il sunto della mia opinione, apparso sull’intervista che mi è stata gentilmente richiesta da Laura Carcano di lapresse.it. Di seguito il mio pensiero in maniera meno concisa.
Il Segretario Colombani afferma che non si deve più considerare la presenza dello Stato nel sistema bancario un tabù e lo afferma alla luce della “rotta indicata da Mario Draghi”: penso che con questa affermazione voglia riferirsi all’intervento dell’ex Presidente BCE sul Financial Times di qualche tempo fa, ma il problema è che questa indicazione, a mio parere, Mario Draghi non l’ha mai data, mentre ha certamente richiamato la necessità di politiche keynesiane da parte dei governi per fronteggiare la crisi economica indotta dalla pandemìa. Non abbiamo bisogno di uno Stato banchiere, se non in casi estremi, e questo grazie a Dio in Italia non sta accadendo: oltretutto lo Stato banchiere non ha mai dato buona prova di sé quale manager, e questo è agli atti dei bilanci delle banche di interesse nazionale e di tutte quelle che, in seguito, sono state privatizzate. Anzi, se il sistema bancario è resiliente, a maggior ragione l’allocazione delle risorse pubbliche deve essere prioritariamente assegnata ad altri comparti della nostra economia.
Quanto ai risultati dello studio First Cisl, è perlomeno paradossale, se non ingenuo, affermare che il CET1 ratio delle banche si è rafforzato se si è consapevoli che questo è avvenuto non perché si è ridotta la rischiosità media degli attivi o perché si è accresciuta la qualità del patrimonio di vigilanza, quanto piuttosto perché il regolatore ha abbassato il livello dei requisiti patrimoniali. Come quando si allentano i parametri che decidono quanto sia inquinato il mare e così appare che tutte le nostre coste sono paradisiache per la limpidezza cristallina delle acque.
La lezione che si trae dalla lettura delle semestrali è, piuttosto, che molte banche hanno fatto gli utili con il trading (cfr.Unicredit di Mustier) e che se il credito a famiglie e imprese non è aumentato non è colpa delle banche, quanto piuttosto di un sistema di erogazione dei prestiti Covid-19 che non ha assicurato la tutela penale agli istituti e agli addetti, dando per scontato che la garanzia pubblica (SACE o FCG) funzionasse quasi in autonomia, mentre necessitava e continua a necessitare la massima diligenza. Il contributo dei lavoratori bancari durante l’emergenza è stato sotto questo punto di vista fondamentale, soprattutto per evitare che si facessero improvvide operazione di sussidio che poi sarebbero inevitabilmente ricadute sul sistema finanziario e sugli stessi soggetti sussidiati (il Fondo centrale di garanzia recupera direttamente emettendo ruoli quanto dovuto dal debitore). Credo da ultimo che sia necessario ripensare al sistema delle relazioni di clientela in Italia che, in barba alla digitalizzazione, ha fatto con il Decreto Liquidità un salto all’indietro di 60 anni, facendoci ritornare al vecchio sistema del multifido e della prassi garantista, mai abbastanza stigmatizzato: i lavoratori bancari hanno bisogno di maggiore e più qualificata formazione per essere capaci di valutare sempre meglio le imprese, che necessitano di un partner finanziario, non di un fornitore. Questa è la grande sfida, insieme alla progettualità dei piani strategici delle banche per il prossimo futuro, che ci attende per la ricostruzione.
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Banca d'Italia Banche Unicredit

Unicredit e la “cura” Mustier: se l’unico piano è tagliare i costi operativi.

Unicredit e la “cura” Mustier: se l’unico piano è tagliare i costi operativi.

Ricevo dall’ottimo Fabio Pavesi, un grande giornalista oltre che un amico, con il quale abbiamo condiviso l’interesse per il caso Mariella Burani Fashion Group, l’articolo apparso sul Fatto Economico nella giornata di ieri, 24 luglio. Pavesi parla di “cura” Mustier per Unicredit, rammentando i due ultimi esercizi in utile che hanno ristorato azionisti “stremati” (ma che quando le cose andavano bene passavano alla cassa senza battere ciglio), come una cura, cioè un piano industriale, basato solo sulla riduzione del personale. D’altra parte se l’unica politica che hai attuato in tutti questi anni è stata vendere i gioielli di famiglia, da Pekao Bank a Pioneer fino all’ultima, Fineco Bank, e facendo cassa hai rafforzato patrimonialmente la banca, se latitano i ricavi devi ridurre i costi. e gli unici costi, in una banca che ha già chiuso centinaia di filiali (per i non riminesi: venite farvi un giro in centro a vedere la ex sede centrale di Unicredit a Rimini, desolatamente vuota da almeno due anni, immobile sfitto e amenità simili…) sono rappresentati dal personale.

Il ragionamento, sotto il profilo gestionale, non fa una grinza, salvo essere il mantra che spesso il banchiere medesimo ripete all’imprenditore, ovvero che si devono tagliare i costi ma che non basta tagliare i costi, occorre avere riguardo ai ricavi e alla redditività. Proprio perché non fa una grinza, si inceppa al momento di immaginare un percorso di sviluppo e di ripresa della redditività: Pavesi, nel caso specifico, ipotizza una soluzione finanziaria, con Unicredit al centro di una maxi fusione europea con Commerzbank etc…, poiché Mustier viene dalla finanza e questo è un imprinting indelebile. Ma mentre Unicredit pensa a licenziare, intorno cresce il fintech, e non solo per Unicredit. Ovvero, dum Rome consulitur Saguntum expugnatur: le banche stanno perdendo il lavoro più redditizio (anche se adesso molto meno) e facile che abbiano mai fatto, l’anticipo fatture e la gestione del cosiddetto autoliquidante. E dopo aver deciso di vendere i mutui di qualcun altro e le assicurazioni fabbricate altrove, continuano a latitare nelle proposte per le imprese, soprattutto PMI. Per questo continuo a pensare che, sebbene forzata da una riforma voluta dal legislatore, la scelta delle Bcc/CRA riunite sotto l’egida di ICCREA e di Cassa Centrale Banca dall’altra possa diventare vincente: perché l’economia ha certamente bisogno della finanza, ma non di qualunque finanza.

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ABI Banche BCE Mario Draghi Silvio Berlusconi

L’oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari, governatori: ovvero cosa ci salverà dal disastro prossimo venturo?

L’oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari, governatori: ovvero cosa ci salverà dal disastro prossimo venturo?

wizardofid

In ritardo di un solo giorno, ma in fin dei conti puntuale come un Frecciabianca, ecco l’Oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari e governatori.

Perché non più solo i bancari e perché non più segni zodiacali? Perché con soli 35 anni di ritardo si avvera -di più: viene superata- la profezia del prof.Mazzocchi, Università Cattolica, anno 1978, corso di Politica Economica: “Prima o poi anche in Italia il lavoro dei bancari sarà, come negli USA, un lavoro per donne e per neri”, ovvero sottopagato, dequalificato, da ultimo reso addirittura seriale e dis-umanizzato dal robot e dalla filiale virtuale. A che serve parlare d’amore e di carriera ad un robot? A una filiale virtuale? A una postazione video?

E dunque…

uforobot

Banche: secondo molti idioti, peraltro, mi duole dirlo, assai votati, le banche sono al Governo, in Italia, in Europa, in Germania, praticamente ovunque (magari ci fosse Goldman Sachs al governo: dove si firma per Lloyd Blankfein Presidente?). Quindi bisognava votare loro contro, quindi la vittoria del NO. Bravi. Complimenti. Sono gli stessi genii che sventolavano gli striscioni a Montecitorio con su scritto “La casa non si tocca”, quando si tentava di rendere più veloci le procedure di recupero dei crediti; mi piacerebbe assistere all’esame di Tecnica Bancaria fatto da qualcuno di costoro, per chiedere come pensano di difendere il risparmio, tutelato dalla nostra immarcescibile costituzione? La madre degli imbecilli è sempre incinta.

Di overbanking ha parlato Mario Draghi, scrivendo lui l’oroscopo per le banche e ponendo fine a decenni di discussioni accademiche se sia meglio la banca grande o la banca piccola; di una sostanziale soppressione delle banche locali parla da tempo il suo mediocre successore Ignazio Visco.

Concentrazione è la parola scritta nelle stelle: meno banche.

E meno banchieri: poiché le cadregh si riducono si cerca disperatamente di sedersi su quelle superstiti, man mano che il gioco crudele della sedia/concentrazione settoriale ne toglie una alla volta: a chi fosse sfuggito, importiamo banchieri (Mustier a Unicredit ne è l’esempio più solare): mentre la categoria è rappresentata da un gagliardo giovanetto, di nome Patuelli, che fu nella Prima Repubblica segretario del PLI (!). Tancredi Bianchi si rivolta nella tomba.

Foto Federico Bernini - LaPresse 12 11 2015 Torino cronaca Fondazione Ugo La Malfa. Piemonte industriale in trasformazione. Ruolo del credito, dell'innovazione, delle start-up. Grattacielo Intesa San Paolo. Nella foto: Antonio Patuelli, presidente ABI
Foto Federico Bernini – LaPresse

Impressiona la parabola della categoria professionale del bancario, specie in via di estinzione e di cui nessuno sente la necessità di patrocinare la protezione. Non esiste nessun Landini in banca, la felpa della FABI, se mai è esistita, viene usata come pigiamino.

E poiché le banche si stanno ritirando dai business rischiosi perché sono costosi (i.e. il credito), o ne accettano solo quote che consentano di ridurre il costo operativo per eccellenza, il personale, il nostro bancario non ha grandi prospettive, perlomeno a breve termine. O diventa capace di vendere di tutto, e sarà valorizzato per quello, o rischierà il peggiore dei mismatching, quello tra competenze acquisite e competenze richieste. La chiusura delle filiali e gli esuberi, da una parte, l’esternalizzazione e la vendita di prodotti “fabbricati” altrove -le polizze- dall’altra, sono due facce della stessa medaglia: l’impresa bancaria, impresa di servizi ad alta intensità di fattore lavoro, sceglie di robotizzare i processi, riducendo l’intensità del fattore lavoro. Che evidentemente non potrà più essere de-qualificato, perché quel tipo di lavoro lì lo faranno i robot, non ci sarà più.

I Governatori, da parte loro, soprattutto il nostro, in questo frangente storico mostrano di assomigliare sempre più alla Sindaca di Roma: sono etero-diretti, sostanzialmente irrilevanti. Per nostra fortuna a Francoforte non c’è la Casaleggio e Associati, ma non c’è motivazione intrinseca all’esistenza di Via Nazionale se non quella di essere un’agenzia al servizio di Eurotower.

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Il futuro, dunque, non è roseo, non serviva il Mago Alex per dirlo. Qualcuno vagheggia un mondo senza banche, qualcuno, anche di recente (SB, innominabile) è arrivato a dire che l’euro non va bene e che ci vorrebbe una doppia circolazione monetaria, come nel 1945, con le AM lire.

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Una sola cosa, realisticamente, ci può salvare, ed è quella che ci ha portato close to the edge: il credito deteriorato. Perchè di una tale montagna di quattrini si tratta,  e di un problema di così ampia portata, che ci vogliono ancora troppe persone e, soprattutto, troppo denaro, per risolverlo. Nemmeno Salvini, Brunetta, Di Maio, Dibba, M.me LePen hanno soluzioni magiche, anche se le spacciano come tali.

Coraggio fratelli, le sofferenze salveranno le banche.

Buon 2017 a tutti (e buon ascolto: non c’è nemmeno la pubblicità).

Il Mago Alex