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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio BCE Capitale circolante netto operativo Cultura finanziaria Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese Moratoria dei debiti PMI

For absent friends.

For absent friends.

Immagine che contiene testo, erba

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Fra circa due mesi saranno 50 anni dall’uscita di Nursery Cryme, album leggendario dei Genesis, che contiene il brano di cui sopra. Era ed è progressive rock, per conto mio sufficientemente immortale da meritare celebrazioni e non solo personali: quando poi le parole o i titoli diventano qualcosa di concreto, di vissuto, il ricordo si fa più vivido e ti scatta l’idea per un titolo, per un commento, di contrabbando, sulla vita professionale e il lavoro.

Cynthia è la simpaticona della copertina che decapita l’amichetto Henry con la mazza da croquet: già, ma chi sono, fuor di metafora, gli “amici assenti” di una canzone memorabilmente inglese?

Gli italianissimi dottori commercialisti e, obviously, i loro clienti.

Usciamo da ogni metafora e ritorniamo all’oggi, settembre 2021, lieti delle parole del ministro Franco sulla ripresa del PIL nel corso del suo intervento conclusivo al workshop Ambrosetti. C’è la ripresa e guai a rovinarla con qualche obbligo supplementare, così ha detto il c.d. capitano, non si deve indulgere al pessimismo. E poi c’è il 110%, i soldi del Next Generation EU, la riforma del fisco, insomma perché essere preoccupati per gli assenti?

Non sono servite tante telefonate, nelle scorse settimane, per capire che il tema delle relazioni di clientela, così pesantemente “ribaltato” dagli Orientamenti EBA –ribaltato perché non sono più le banche a dover correre dietro alle informazioni negate da imprenditori riottosi a fornirle, ma il contrario– questo tema è quasi del tutto ignoto ai commercialisti. Così chiami il collega di una grande città del Nord Italia, che si occupa di fallimenti e che ha cominciato da un po’ di anni a capire che il ricorso abusivo al credito e la concessione abusiva di credito non erano solo temi per riviste specializzate in diritto concorsuale, e scopri che non solo non sa che esiste l’EBA ma, ovviamente, nemmeno che abbia emanato degli Orientamenti in materia di prestiti e di monitoraggio sui medesimi. 

Mi dice solo:”Devo studiare”. 

Poi ne chiami un altro, a Roma, amico di quello che ti ha chiesto di aiutarlo sul piano industriale di un’impresa di servizi e, parlando, viene fuori che si è vero, è stato fatto un aumento di capitale, ma rinunciando a un finanziamento soci e che lo aveva suggerito lui per non far andare in negativo il patrimonio netto: è fiducioso nella correttezza del suo operato, peraltro formalmente ineccepibile e gli chiedo se si senta tranquillo sugli esiti della gestione. Certo, dov’è il problema? Finora le banche ci hanno sempre seguito, abbiamo dato loro le garanzie, è quello che cercano, no? No. Vogliono le garanzie lo stesso ma vogliono soprattutto il reddito e i flussi di cassa. Vogliono la sostenibilità del debito. Vogliono che il rapporto tra posizione finanziaria netta ed Ebitda non superi 6 e che il DSCR sia superiore a 1,1. Mi risponde che il DSCR era nel vecchio schema legislativo del Nuovo (sic) Codice delle Crisi di Impresa, è stato riformato, rinviato, stravolto, che c’entra ora? C’entra che lo calcolano le banche e che sono obbligate a farlo, perché è una metrica, ovvero un indicatore obbligatorio di solvibilità: se sei inferiore a 1 con le vecchie performance e a 1,1 con quelle di previsione il tuo debito finanziario non è sostenibile.

Ma come fanno a calcolarlo per il futuro? O gli porti tu il piano industriale e quelli partono da quello che hai scritto e lo testano, verificando le assunzioni e la correttezza del loro sviluppo, oppure se lo fanno da soli, prevedendo tutto al ribasso…

Ah! Non lo sapevo.

For absent friends. God, have mercy on us. 

P.S.: se il tuo rapporto tra PFN ed Ebitda supera 6 (e verosimilmente anche il tuo DSCR non sta meglio) significa che sei un UTP o unlikely to pay, inadempienza probabile. Prima o poi qualcuno dirà che il Re è nudo.

P.P.S.: come dimostrano un po’ di simulazioni che abbiamo fatto su svariate società, per fare nuovi investimenti, in più di un caso, non bastano nemmeno i soli quattrini dell’imprenditore a copertura, ovvero tutto l’investimento fatto con equity. No, ci vuole anche capitale proprio per ridurre il debito e, soprattutto, per rimanere a galla. Ma ne deve valere la pena. 

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Alessandro Berti Analisi finanziaria e di bilancio Banche Crisi finanziaria Imprese Indebitamento delle imprese PMI

Essere umano tra gli esseri umani (?).

Essere umano tra gli essere umani (?).

La crisi può paradossalmente avere, come si sa, un effetto positivo se permetterà, attraverso una responsabile economia di sistema, di sostenere le imprese sane e di eliminare, senza alcuna indulgenza, le malefiche imprese – e i malefici imprenditori – dal mercato. Il sistema bancario è l’attore principale della rinascita e l’algoritmo, di cui oggi la banca si può e si deve avvalere è freddo e muto calcolatore solo per chi si rifugia dietro il suo verde o il suo rosso, mentre diventa utilissimo per chi ne sappia valorizzare l’uso quale strumento misuratore, propedeutico al recupero della fiducia in chi quei numeri (misurati dall’algoritmo) li attua nel contesto in cui opera: insomma, si deve valutare il richiedente il credito quale essere umano tra gli esseri umani e non solo numero tra i numeri. Occorre che il regista – lo Stato – ne disegni la trama su misura e, per restare in tema cinematografico, inizi immediatamente le riprese, perché c’è pochissimo tempo e perché il sistema necessita di decisioni condivise e coraggiose per camminare speditamente verso il traguardo finale: la ripartenza del mercato che, per sopravvivere nel medio – lungo periodo, deve basarsi su un sano conflitto competitivo (concetto mai ripetuto abbastanza), senza dimenticare il controllo sociale cui, sommessamente, accennavamo in un nostro precedente intervento.

Questo scrivono, con un po’ di enfasi retorica, Maurizio Onza e Federico Maurizio D’Andrea sul il Sole 24Ore di oggi a proposito della ormai vexata quaestio della velocizzazione delle procedure di analisi e valutazione, da parte delle banche, delle richieste di credito presentate in epoca Covid. Parole che lasciano francamente perplessi, ripetendo alcuni stanchi slogan del passato (non si devono guardare solo i bilanci, l’imprenditore è “un essere umano tra gli esseri umani” etc…) e amenità qualitative che fanno a cazzotti con l’intenzione di “eliminare senza alcuna indulgenza, le malefiche imprese -e i malefici imprenditori- dal mercato“. Già Zingales ben più di un decennio fa evocava il ruolo delle banche come becchini (ovvero ripulitori) del sistema economico, incaricati di eliminare chi non poteva più restare sul mercato. Difficile dar torto al buon Zingales. Solo, ed è qui la vera questione che nell’articolo non appare, non si tratta di combinare un algoritmo con una valutazione demografica e sociologica grazie allo Stato, sceneggiatore e regista di questo film, tanto più se si pensa che basti affidarsi più velocemente alla garanzia pubblica per uscirne vivi. Se restiamo alla metafora cinematografica, vedo attori all’altezza (molte banche, soprattutto nei territori lo sono) e altri che non dovrebbero nemmeno partecipare al casting (purtroppo molte imprese, non solo piccole).

Se non esistono business plan e neppure bilanci credibili, se si ritiene burocrazia intollerabile la richiesta di pezze d’appoggio e di documenti a sostegno dei progetti imprenditoriali, poi non ci si può lamentare se il film riesce male e non ottiene successo. E un attore incapace potrebbe persino venirsi a lamentare (e infatti lo fa) perché qualcuno recita meglio di lui.

Non abbiamo bisogno di più Stato, ce n’è fin troppo e spesso con esiti disastrosi, come nel caso Alitalia e in Ilva. Forse sarebbe il caso di ripensare anche al cosiddetto controllo sociale di cui parlano gli Autori dell’articolo citato all’inizio di questo post: il controllo sociale, se non parliamo di Corea del Nord o Venezuela, si attua grazie a una cultura condivisa, a modi di vedere ed affrontare la realtà, a valori comuni. Nel nostro caso significa parlare di un sistema di relazioni di clientela, ovvero di un rapporto banca-impresa basato sulla partnership, la collaborazione e la trasparenza reciproca: e un sistema di relationship banking non nasce per volontà statale, ma perché gli attori, quelli veri, sanno interpretare bene il loro ruolo. Abbiamo della strada da fare, ma la possiamo fare solo insieme.

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Banche Sud

Crash program (Popolare di Bari per la sicurezza dei risparmiatori).

Crash program (Popolare di Bari per la sicurezza dei risparmiatori).

Il consiglio di amministrazione procederà con decisione sulla strada di una programma d’urto (crash program) con significativi interventi sul versante della riduzione dei costi e dei rischi e per un deciso impulso sul versante dei ricavi, con l’obiettivo di ottenere un significativo miglioramento del conto economico nel secondo semestre.” Così si legge sul Sole 24 Ore di oggi, ed è  certamente rassicurante sapere, fra l’altro, che l’LCR e l’NSFR hanno raggiunto livelli di tranquillità. Però dire che si vogliono aumentare i ricavi, riducendo i costi e i rischi assomiglia un po’ a certi piani finanziari di aziende non finanziarie che vanno in banca a chiedere denari con un “business plan” fatto dall’amministratore di condominio. Forse non andremo a sbattere, perché per farlo bisogna correre: ma ho dei dubbi che si riesca persino a partire. Forse sarebbe il caso di dire che l’unica, realistica strategia è l’aggregazione. Ma questo non è mai popolare.

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Analisi finanziaria e di bilancio Banche Capitale circolante netto operativo Crisi finanziaria Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese PMI

Sul budget di tesoreria e altre sciocchezze.

Sul budget di tesoreria e altre sciocchezze.

Sul Sole 24 Ore di oggi, sul tema ormai caldo della prevenzione delle crisi di impresa si legge che “pur rappresentando lo strumento principe degli adeguati assetti organizzativi, la tesoreria è spesso trascurata in azienda, e può persino accadere che l’imprenditore ritenga di disporne, quando invece possiede informazioni poco approfondite e talvolta incomplete. Molti direttori amministrativi, infatti, predispongono periodicamente un prospetto, talvolta ricavato dall’home banking, dal quale emergono gli affidamenti e gli utilizzi per banca e per linea, e anche un ulteriore previsione manuale delle entrate e delle uscite di cassa relative al mese successivo; queste informazioni, per quanto valide e rilevanti, non sono spesso sufficienti e talvolta possono persino risultare fuorvianti.”

Se c’è qualcosa di fuorviante è proprio l’incipit dell’articolo, peraltro redazionale, che appare su Norme e Tributi di oggi e che sembra dare per scontato che l’adozione dello strumento sia di per sé sufficiente a scongiurare il rischio di crisi dell’impresa, così come si è tentato di prevenirlo nella norma che entrerà in vigore l’anno prossimo.

Prosegue infatti l’articolo affermando che “l’orizzonte temporale di riferimento della previsione finanziaria non è peraltro un dato negoziabile, in quanto l’articolo 13 del Codice della crisi d’impresa concentra la sua attenzione proprio sulla circostanza che i debiti siano sostenibili o meno per i sei mesi successivi: questa è quindi la durata minima per la quale i flussi di cassa devono essere visibili da parte degli amministratori. Con una tesoreria che consenta tra una rilevazione e l’altra di disporre di informazioni previsionali sulla sostenibilità dei debiti (ovvero sulla capacità di avere entrate finanziarie in grado di coprire le uscite) si può quindi ritenere che si riesca a presidiare in modo serio il rischio di crisi aziendale.

Il budget di tesoreria era (talvolta è ancora) l’unico documento che presentavano certi professionisti della crisi d’impresa quando si recavano in banca a contrattare concordati stragiudiziali e tentativi, più o meno tardivi, di salvataggio. Ma soprattutto il budget di tesoreria è uno strumento di talmente corto respiro (la sua attendibilità non può superare i 6/12 mesi) che poco conta che l’articolo 13 si soffermi sulla sostenibilità dei debiti a 6 mesi. La prevenzione si attua con strumenti un po’ più complessi e davvero anticipativi, come la programmazione economico-finanziaria pluriennale, la redazione di bilanci pro-forma e di rendiconti finanziari di previsione. Purtroppo si deve ammettere che tali strumenti non solo non fanno sempre parte della cultura professionale, ma anche che ben poche aziende ne sono davvero dotate, a cominciare da quelle di più grandi dimensioni. Si tratta, appunto, di una questione culturale prima ancora che normativa. Senza dimenticare, da ultimo, che nessun budget di tesoreria potrà rimediare al peggiore dei fabbisogni finanziari, quello che deriva dalle perdite.