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Banche Crisi finanziaria Disoccupazione Keynes

Regno Unito, Johnson promette New Deal da 5 miliardi.

Regno Unito, Johnson promette New Deal da 5 miliardi.

Investimenti statali per 5 miliardi di sterline, da destinare alle infrastrutture e ai servizi pubblici al grido di “costruire, costruire, costruire”. E’ questa la ricetta ‘keynesiana’ illustrata oggi dal premier conservatore Boris Johnson in un discorso a Dudley, non lontano da Birmingham, per sostenere la ripresa dell’economia nazionale investita dagli effetti della pandemia di coronavirus su produzione e occupazione. Johnson ha citato apertamente come esempio “il New Deal” del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, varato negli anni ’30 con una massiccia componente di intervento pubblico dopo il crac del 1929, e ha detto che il suo governo vuole “abbracciare la gente in un tempo di crisi”. Una crisi grave, ha ammesso, ma che può diventare una opportunità per “costruire case, migliorare l’Nhs (il servizio sanitario nazionale britannico), ricucire l’indifendibile gap di opportunità, produttività e connessione (online) fra le diverse regioni del Regno Unito”.

Questo sul Sole 24 Ore on line di oggi: aggiungerei, di mio, 5 minuti di vergogna nell’angolino della propria cameretta per tutte quelli che hanno straparlato contro Keynes senza sapere nemmeno chi fosse; e, l’altra cosa, siamo ancora così sicuri che la Tatcher fosse una grande statista?

P.S.: sul fatto che la Brexit sia stata una stupidaggine direi che il dibattito ha raggiunto conclusioni pacifiche e ampiamente condivise.

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Banche Crisi finanziaria Cultura finanziaria Educazione Liquidità Mutui e tassi di interesse Regno Unito

La coscienza bancaria.

La coscienza bancaria.

Simone Giacomelli, Campagna marchigiana, presa di coscienza sulla natura (dalla rete).

Il Corriere della Sera, in un articolo che riprende un servizio del Daily Telegraph, parla di “coscienza bancaria” in riferimento all’attività di alcune banche inglesi che stanno mettendo sull’avviso (o lo faranno presto) i loro clienti riguardo al fatto che è necessario tagliare le spese e pagare i mutui. Il giornalista trova il modo di affermare che “in barba alla privacy dei dati e dei consumi, l’Inghilterra si difende anche così dallo spauracchio della crisi.”

Forse l’articolista non ha mai visto l’operatività dei back-office bancari, non è mai stata nei retro-bottega, quelli dove si fa il lavoro sporco; o forse pensa che le banche che finanziano persone fisiche con i mutui non conoscano vita, morte e e miracoli di costoro. Non è una questione di privacy, è che attraverso la lettura del conto, di addebiti e di accrediti, si conosce praticamente tutto quello che fa il cliente: che avrebbe solo un modo per difendersi dalla curiosità del finanziatore, ovvero usare solo contante.

Il problema, peraltro, non è appena di privacy, ma di educazione e di cultura finanziaria. Più volte mi è capitato di vedere clienti chiedere alla banca di procedere comunque ad addebitare le rate di Sky e di posticipare l’addebito del mutuo, comportamento che non può essere altro che frutto di mancanza di educazione finanziaria e di uno stile di vita e di consumi privo di senso del sacrificio, in cui tutto è dovuto. Le banche non avranno una coscienza, forse: ma se facessero anche in Italia quello che fanno nel Regno Unito non difenderebbero appena le loro ragioni creditizie, ma un modello di consumi e uno stile di vita che talvolta sembra non essersi reso conto della crisi.

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Barack Obama Crisi finanziaria Regno Unito USA

Se stai lontano dalla mia vita e dal mio portafoglio.

Se stai lontano dalla mia vita e dal mio portafoglio.

“Case più piccole, auto più piccole, vite più piccole. L’inertia, l’ennui, il fatalismo è  anche più  patetico del declino demografico o della proliferazione fiscale dello stato socialdemocratico, perchè è più sottile e meno tangibile”. Gli Stati Uniti hanno tuttavia una riserva in più: “La gioventù decadente della Francia manifesta per l’età pensionabile, in Inghilterra ‘studenti’ invecchiati attaccano sui costi dell’università, mentre in America si protesta per dire al governo: posso farcela se stai lontano dalla mia vita e dal mio portafogli”.

Mark Steyn, After America.

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Analisi finanziaria e di bilancio Imprese Indebitamento delle imprese Regno Unito

L’ottimismo è il profumo della vita 2.

L’ottimismo è il profumo della vita 2.

Giovanni Vegezzi, su Finanza e Mercati del 12 luglio, scrive di Unieuro, che “torna in positivo e non esclude nuove acquisizioni su un mercato, come quello italiano, che rimane alquanto frammentato. La società, fra i principali operatori in Italia nella grande distribuzione di elettronica di consumo, è controllata al 100% da Dixons Retail, multinazionale quotata a Londra che ha da poco diffuso i risultati dell’esercizio 2010-2011. «Nell’esercizio appena chiuso Unieuro ha raggiunto 4,7 milioni di Ebitda, si tratta il primo anno positivo dal 2007» ha spiegato a Il Sole 24 Ore l’amministratore delegato della società Mario Maiocchi. «È un risultato importante per noi, che raccoglie i frutti del piano di ristrutturazione iniziato con il 2007-08 quando l’Ebitda aveva fatto segnare un rosso di 66 milioni. Per ben due degli ultimi tre anni siamo stati la società che più ha contribuito a migliorare i conti del gruppo; solo quest’anno il nostro margine operativo lordo è migliorato di 12 milioni».

Per la cronaca, il piano di ristrutturazione ha comportato la chiusura di ben  40 negozi nel corso del 2008, negozi che hanno faticato a trovare collocazione presso gli altri grandi competitori del settore.

L’articolo prosegue con il racconto delle vicende della controllante Dixon’s, la cui performance viene spiegata in modo assai singolare.

Dixons ha invece chiuso l’anno con un risultato della gestione caratteristica di 133 milioni di sterline, anche se all’ultima riga del bilancio risultano perdite per 224 milioni. Si tratta di una voce, ha spiegato Maiocchi che è anche managing director Southern Europe del gruppo, determinata dalle normative contabili inglesi; la capogruppo ha dovuto infatti svalutare il valore di alcune partecipazioni a causa delle difficili condizioni di mercato che hanno portato in Spagna alla chiusura della catena PcCity.

Detta così, sembra quasi che le perdite le abbiano causate i troppo severi principi contabili applicati nel Regno Unito: principi che, difficilmente, avrebbero potuto trovare una diversa applicazione da noi. Forse è una questione di ottimismo, che come recita malamente il poeta, “è il profumo della vita”. Ma pensare, con questi risultati, e dopo avere chiuso 4o punti vendita tre anni fa (alcuni appena aperti), di procedere a nuove acquisizioni fa pensare al vecchio adagio per cui l’ottimista è un pessimista male informato.

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Banche profitto Regno Unito Rischi Vigilanza bancaria

Bank utility.

Bank utility.

«Non è il modello di business di una banca a determinare il rischio. Continuo a credere che non sia questa la soluzione da oppore alla crisi del credito». Marco Mazzucchelli, chairman dell’investment banking di Royal Bank of Scotland inarca metaforicamente il sopracciglio all’idea di una separazione delle attività degli istituti di credito secondo le linee indicate dall’interim report della Indipendent banking commission ieri adottate dal Cancelliere George Osborne.

La blindatura del retail banking è invece la soluzione che Londra privilegia…

Il punto centrale a mio avviso è la capitalizzazione e in questo senso stiamo andando nella direzione giusta, con fin troppo zelo. Inoltre gli istituti di credito devono essere gestiti con robusti criteri di risk management. Infine la governance deve essere affidata a elementi altamente competenti e specializzati. Che il problema non sia il modello di business, lo dimostra il caso di Northern Rock che faceva retail.

Con un’esposizione estrema nei mutui…

Allora bisogna definire che cosa si intende per retail. Solo raccolta dei depositi e investimento in titoli del Tesoro? L’attività di credito precipiterebbe, si arriverebbe a disegnare una struttura davvero simile alle utility. Ma se non è questo che si vuole, bisogna considerare che gran parte delle coperture dei rischi arrivano dalle attività di investment banking.

Eppure è questo, nella traccia politica suggerita, che potrebbe emergere dalle ceneri del credit crunch britannico. Non solo. Londra spinge per una capitalizzazione sempre maggiore. Quali conseguenze potrà avere il combinato disposto di più stringenti capital requirements con attività bancarie separate ?

L’investment banking soffrirebbe in termini di posizionamento relativo e lo stesso accadrebbe per retail e commerciale. Si avrebbe un sistema forse più robusto nell’architettura, ma ingessato. Meno competitivo. Soprattutto meno remunerativo. È opinione comune che quando le nuove regole, quelle già varate, saranno in vigore, il Roe delle banche sarà mediamente attorno all’8-10 per cento. Se si mettono altri lacci, i bilanci si restringeranno sempre di più e non sarà facile trovare azionisti pronti a investire. I regolatori questo spesso se lo dimenticano.

Banca utility, appunto…

Allora facciamola fino in fondo e magari la facciamo fare allo stato. La verità è che un sistema bancario senza rischi continua ad essere un ossimoro. Una banca utility non è una banca, ovvero non è un’impresa chiamata a investire e ad assumere rischi nel sistema creditizio e finanziario.

Da Il Sole 24 Ore, Finanza e Mercati, 16 giugno 2011.

Al netto del conflitto di interessi nel quale il dott.Mazzucchelli è evidentemente e trasparentemente coinvolto, l’intervista è molto interessante e suscita problemi sui quali, per esempio, mi piacerebbe sapere che ne pensa il nostro ministro dell’Economia.

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Banche Crisi finanziaria Disoccupazione Lavorare in banca Lavoro Regno Unito

Escape the City (unhappy in banking).

Escape the City (unhappy in banking).

Bloomberg riporta le storie di alcuni ex-manager bancari che hanno colto opportunità di business dall’insoddisfazione e dall’infelicità di coloro che lavorano nelle banche di Londra o New York.

Escape the City was created specifically to help talented people escape from unfulfilling corporate jobs after we realized that our own feelings of misery and frustration at work were shared by a lot of people,” Symington said in an interview in London. “We stumbled upon a business opportunity by following a hunch about job dissatisfaction to its logical conclusion.”

E ancora: “I don’t think I’ve ever met more people who are highly trained and unhappy in banking — except when it comes to the money,” said Peter Hahn, 53, a former Citigroup Inc. (C) banker”.

Per educazione e per cultura dubito che la fuga sia una soluzione: un lavoro difficile ed impegnativo può essere faticoso e duro, oltre che pieno di significato, così come un lavoro fatto a favore dei poveri della Mongolia o dell’Africa può risultare privo di senso e vacuo per chi si affida solo ad esso per riempire il vuoto di ogni giorno. Ma al di là dei programmi di Escape the City, riassunti efficacemente con “fai qualcosa di differente”, la questione che viene posta è interessante, perché riguarda il senso di quello che si fa: e pone ad ognuno, qualunque cosa faccia per vivere, la stessa domanda.

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Borsa IPO Regno Unito

Ma davvero?

Ma davvero?

L’annuncio dell’offerta pubblica di vendita di Glencore sembra aver ottenuto effetti di trasparenza informativa, sia pure a posteriori, davvero notevoli, se, come nota un articolo di Luca Davi sul Sole 24 Ore del 26 aprile “(..) mentre in Russia e Ucraina la siccità e gli incendi mandavano in fumo gran parte dei raccolti, sui mercati c’era chi siglava una serie di scommesse speculative sull’ulteriore rincaro dei prezzi. E a farle non era un operatore qualsiasi bensì Glencore, la prima società al mondo di commercio di commodity. A rivelare ciò che accadeva sui mercati agricoli nel corso dell’estate 2010, quando i prezzi di grano e mais schizzarono ai livelli record del 2008, è stata la stessa società elvetica, le cui operazioni di trading – da sempre coperte da una stretta riservatezza – stanno ora venendo allo scoperto grazie all’avvio della procedura di Ipo, prevista per maggio. Glencore avrebbe infatti comunicato i suoi movimenti di “proprietary trading” a Ubs, una delle banche coinvolte nello sbarco in borsa del gruppo: operazioni di per sè lecite, che però possono procurare forte imbarazzo soprattutto se lette alla luce degli eventi di allora. Secondo il Financial Times, infatti, se da una parte la società svizzera assumeva posizioni speculative sull’aumento dei prezzi, dall’altra parte i manager elvetici chiedevano a gran voce a Mosca di bloccare temporaneamente l’export di grano.

Le notizie vanno date e commentate, ed è ciò che fanno i giornalisti. Ciò che qui viene messo in discussione, tuttavia, non riguarda il mestiere altrui, né tantomeno il rilievo dell’operazione, di ammontare davvero inusitato, too big to ignore, ma la solerzia di commentatori che rivelano che un big mondiale delle materie prime ha effettuato movimenti di proprietary trading. Non deve sembrare cinismo ma, in tutta franchezza, la notizia sembra l’equivalente di certi servizi dei Tg estivi, quando gli ascoltatori scoprono, guardando la televisione, ciò che avvertono quotidianamente sulla loro pelle: c’è l’afa.

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Banca d'Italia Banche Regno Unito Vigilanza bancaria

Lots of power (Chi comanda a Londra?).

Lots of power (Chi comanda a Londra?).


La domanda sorge spontanea dopo aver letto gli ingarbugliati sviluppi del lavoro del Monetary Policy Committee o MPC, descritti da Bloomberg. Le riflessioni, fra l’altro, riguardano, come si vede, importanti questioni di democrazia economica: “Giving lots of power to unelected officials at a central bank has its advantages as they can take a long-run view and remove themselves from day-to-day political pressures, but that also has its dangers. In a democracy, these officials need to be fully answerable to the people’s elected representatives.”

Senza pretesa di risolvere un dibattito che ha visto protagonisti pensatori ben più pesanti di jm, la sensazione che si trae leggendo l’articolo di Bloomberg è che l’indipendenza delle autorità monetarie rimanga tuttora preferibile; magari temperata da un passaggio “politico” nelle nomine importanti (si pensi alla modalità di designazione del Governatore della Banca d’Italia) e da organismi -come il CICR- che fungano da stanza di compensazione. A differenza della magistratura militante, non si sono ancora verificati, nel nostro Paese, casi di vigilanza militante. E’ un segnale positivo.

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Educazione Regno Unito Università

Né veline, né tronisti (questioni morali).

Una di queste studentesse – occhi limpidi e lentiggini sparse – avanzava fieramente fra la folla brandendo un cartello con la scritta: “E va bene, vorrà dire che farò la spogliarellista”. Lo slogan, molto più sintetico in inglese, intendeva essere graffiante ma rivela lo spirito intrinseco della sua generazione. Migliaia di sue coetanee sono state inconsapevolmente educate dalla società commerciale britannica ad affollare catene come Primark o Topshop (a seconda del ceto) che si fanno un vanto della dicotomia “ama la moda, odia i prezzi”. Pavlovianamente rispondono a questi principii: tutto dev’essere acquistabile, siano dei jeans fucsia o la laurea in lettere antiche; bisogna pretendere sempre di comprare il meglio; bisogna trovare una maniera di pagarlo il meno possibile; se non si ha denaro per l’acquisto bisogna barcamenarsi a tirarlo su in ogni maniera, facendo lezioni private o la spogliarellista. Bene, andate a dirlo ai pari età italiani, che a Pavia ho visto agitare cartelli con su scritto “Né veline né tronisti”. Costoro rispondevano all’impulso opposto, allineandosi alla seriosa retorica genitoriale del non-si-fa, applicata a ogni risultato che possa essere conseguito non con lacrime sudore e dedizione ma con una strada scintillante di lustrini.
Fondete i cortei italiani e britannici e vedrete che dopo mezz’ora inizieranno a darsele di santa ragione, avendo scoperto che pur rassomigliandosi protestano per ragioni opposte: gli italiani per l’ideale che la cultura non si compri, i britannici perché esigono un forte ribasso. In particolare sarebbe interessante mettere faccia a faccia la studentessa che a Pavia brandiva la scritta “Il futuro non è un marito ricco” con quella che a Londra protestava: “Se non vado all’università non incontrerò mai il mio principe azzurro”.

Antonio Gurrado, Il Foglio 11 dicembre 2010

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Regno Unito Università

Questioni monetarie.

(..) In realtà questi episodi, lungi dall’essere frutto di una pianificazione, sono degli atti mancati di squisito freudismo, espressione esasperata delle differenti pulsioni sottostanti alle proteste dei giovani italiani e dei britannici. Per comprendere la distanza incolmabile che intercorre fra loro basta leggere i manifesti che hanno portato in piazza. A Londra, ai teppisti incappucciati che montavano sul tetto dei furgoni della polizia si sono affiancate candidissime liceali in divisa, preoccupate dall’eliminazione del tetto massimo alle tasse universitarie: se iscrivendosi l’anno scorso avrebbero pagato 3.200 sterline annue sia iscrivendosi a Oxford o Cambridge sia consegnandosi nelle spire della più scassata università del Regno, ora per ottenere il meglio dell’accademia inglese dovranno sborsare forse anche il triplo.
Antonio Gurrado, Il Foglio, 11 dicembre 2010