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Banca d'Italia Banche BCE Capitale circolante netto operativo Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese PMI

Se il mercato del credito non dipende solo dai tassi bassi (best practices e costi operativi).

Se il mercato del credito non dipende solo dai tassi bassi (best practices e costi operativi).

Un bell’articolo di Vito Lops e Isabella Bufacchi sul Sole24Ore di oggi esamina con attenzione e spirito critico la questione dei target di inflazione della BCE (ma anche della stessa Federal Reserve americana), ponendo l’accento, tra le altre cose, sul fatto che i tassi così bassi lasciano sul mercato le imprese marginali, quelle che dovrebbero essere espulse in quanto più rischiose e che, se pagassero il debito con il pricing corretto uscirebbero dal mercato. Ora, a parte che l’esempio dei lemons del buon vecchio Akerlof rimane valido, oltre che per il mercato delle auto usate, anche per quello del credito, il ragionamento che essi fanno presuppone un legame un po’ troppo automatico tra selezione del merito di credito e tassi di interesse. Ovvero, i tassi sono bassi, non ci sono barriere all’entrata per i cattivi prenditori e, al massimo, ci sarà un po’ di sussidio incrociato tra buoni e cattivi prenditori, con un tasso mediamente un po’ più alto per i primi e mediamente un po’ più basso per i secondi. Si tratterà comunque di tassi bassissimi, come gli attuali. Può essere che sia così ma questo presupporrebbe, nonostante dieci anni di crisi finanziaria alle spalle, che le banche valutino ancora il merito di credito sulla base delle garanzie e dei modelli anziché sui flussi di cassa, sull’Ebitda e sul DSCR: e forse è proprio su questo punto che si dovrebbe dare meno per scontato che il comportamento delle banche sia improntato a canoni di best practices, per un semplice motivo: le cose fatte bene sono costose.

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Alessandro Berti Banca d'Italia Banche BCE Fabbisogno finanziario d'impresa Formazione Imprese Indebitamento delle imprese Lavorare in banca Lavoro Liquidità PMI Relazioni di clientela

Fintech e altre storie.

Fintech e altre storie.

Oggi ho partecipato a un bellissimo convegno sul Fintech organizzato da Milano Finanza e Bebeez intitolato “Il processo del credito tra vincoli regolamentari ed esigenze commerciali”.

Se posso fare solo un piccolo appunto agli organizzatori (o forse ai relatori?) se certamente si è parlato di Fintech, ben poco o nulla si è parlato di vincoli regolamentari, quelli a cui restano assoggettate le banche; così come è stato liquidato fin troppo velocemente il tema del rating, trattato alla stregua di un capriccio bancario, quando dovrebbe (?) essere noto che è, appunto, un vincolo regolamentare che determina l’assorbimento del patrimonio di vigilanza.

Il fenomeno del Fintech, ovvero la digitalizzazione di operazioni che precedentemente le banche svolgevano esclusivamente al loro interno e che, al contrario, proprio attraverso la digitalizzazione sono loro sottratte, non è appena una questione di disintermediazione, fenomeno di cui parlavamo nell’accademia almeno 30 anni fa. E’ una questione, come giustamente sottolineato oggi dai relatori, di rapporti con la clientela, di relazioni, di necessità di avere non appena copertura per un fabbisogno, ma anche consulenza, spiegazioni, aiuto. Bene lo ha spiegato l’ottimo Fabio Bolognini @linkerbiz facendo presente che il Fintech non è una questione di semplici automatismi che rendono le operazioni più veloci e la copertura del fabbisogno (soprattutto di capitale circolante), maggiormente garantita: i bilanci vanno guardati, quelli in forma abbreviata precludono la procedibilità della pratica (sic), il cliente va compreso, capito, va letta la sua formula competitiva. C’era solo un imprenditore (perlomeno, a parlare) e si è lamentato della burocrazia e dei rating, perché dei tassi non può lamentarsi in questa fase: ma ha dimostrato che ancora sono le imprese, purtroppo soprattutto le PMI, a dover imparare a comunicare, a condividere, a raccontarsi. Il Fintech può aiutarle, ma non servirà a nulla se il problema continua a essere quello della “liquidità” “più in fretta che si può” “al minor costo possibile”: la questione vera era e rimane la capacità di stare sul mercato, la questione vera, soprattutto per la stragrande maggioranza di piccole e micro-imprese, è nel conto economico, non nello stato patrimoniale. Lavoriamoci, è un’occasione e non una minaccia.

 

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Banche Capitalismo Imprese Indebitamento delle imprese Sviluppo

La via cinese allo sviluppo del rapporto banca-impresa (broken kneecaps.

La via cinese allo sviluppo del rapporto banca-impresa (broken kneecaps).

Il New York Times, nella sua edizione on-line, dà notizia della chiusura di una fabbrica cinese, la Aomi Fluid Equipment, i cui 300 dipendenti, rientrati da una vacanza di due giorni offerta dall’azienda in un resort (pena il pagamento di una multa per mancato week-end), hanno trovato l’azienda chiusa, svuotata come se qualcuno avesse portato via tutto. La triste spiegazione si può riassumere nella parola “usura”. Come spiega il giornale USA, “the boss, as it turned out, was millions of dollars in debt to loan sharks — underground lenders of the sort that many private businesses in China routinely use because the government-run banks typically lend only to big state-run corporations. As China’s economy has begun to slow slightly, more and more entrepreneurs are finding themselves in Mr. Sun’s straits — unable to meet debt payments on which interest rates often run as high as 70 percent in this nation’s thriving unregulated, underground loan system. Such illegal lending amounts to about $630 billion a year, or the equivalent of about 10 percent of China’s gross domestic product, according to estimates by the investment bank UBS.

Ciò che in Occidente chiamiamo sistema bancario-ombra, in Cina si chiama “loan sharks” o “underground lenders“. E i sistemi per recuperare il credito si chiamano, come ricorda il NYT, “fear of mafia-style loan enforcers — kidnappings and broken kneecaps are common tactics — or the family dishonor that is its own harsh penalty in China, some of the Wenzhou missing have gone into hiding or fled overseas.

La teoria dell’agenzia sistemerebbe sicuramente la questione dei rapimenti e delle ginocchia spezzate come un incentivo nei confronti dell’agente ad operare correttamente nei confronti del principale. Forse ha ragione Geminello Alvi che nel suo ultimo lavoro, edito da Marsilio, Il capitalismo. Verso l’ideale cinese pronostica un futuro a tinte fosche non solo per i sistemi economici occidentali, ma per quello della stessa Cina, minato al suo interno da queste che non sembrano tare da poco. Trarre lezioni da storie così tristi sarebbe presuntuoso ed arrogante; riflettere sulla natura dello sviluppo dell’economia cinese, trainata nella sua cavalcata da una bolla finanziaria sostenuta da prestatori irregolari e criminali (che vedono i loro prestiti entrare in incaglio o in sofferenza non appena l’economia rallenta) fa pensare a cosa potrebbe accadere all’economia mondiale se dovesse rallentare, per davvero, quella cinese. Che, a quanto pare, non ha mai goduto di credito facile, anche per la sostanziale assenza di un sistema bancario libero di crescere e di svilupparsi al di fuori delle strette regole del modello economico imposto dal partito comunista. La libertà economica dell’Occidente è una grandissima conquista e si accompagna alla libertà politica e ad ogni altra libertà delle moderne democrazie. Con buona pace degli indignados, forse ci aiuterà anche ad uscire meglio dalla crisi.

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Banche profitto USA

Carte di debito.

Carte di debito.

La notizia che Bank of America si appresta a rendere più oneroso l’utilizzo delle carte di debito, dal momento che altri tipi di spese sono stati vietati dal Dodd-Frank act, ripropone la questione della redditività delle banche e, mai come in questo periodo, della congruità dei ricavi rispetto ai costi. Quest’ultimo aspetto viene spesso rovesciato dalle associazioni dei consumatori, che ritengono che siano i costi, soprattutto le retribuzioni dei grandi managers, ad essere incongrui ed incoerenti rispetto ai ricavi. Il vero problema della redditività bancaria, mai come in questo momento, è racchiuso nella drammatica modestia degli spread, che depotenzia i margini bancari, che subiscono da un lato la crescita del costo della raccolta, dall’altro la difficoltà a generare interessi attivi su prestiti che crescono poco, a causa della stagnazione e della scarsa propensione alla crescita delle economie mondiali. La crescita dei ricavi da servizi diventa così una sorta di via obbligata per recuperare margini reddituali, a prescindere talvolta dal reale contenuto/costo dei servizi offerti (fino agli eccessi, constatati in alcune banche, di conti a costo zero diventati all’improvviso e senza preavviso, a pagamento). E’ una via obbligata, ma è soprattutto una via breve, una strada chiusa: ciò che si staglia all’orizzonte delle banche è una ripresa in mano della propria identità, dei contenuti più profondi della propria formula di intermediazione. Cosa faranno le banche da grandi? Cosa faranno per i risparmiatori, cosa faranno per le imprese? Viene il dubbio che non lo sappiano nemmeno loro.

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Banche Banche di credito cooperativo Mutui e tassi di interesse

Tassi di riferimento.

Tassi di riferimento.


Abbassami l’euribor, per favore. (*)

(*) sms ricevuto oggi da un preposto di Cassa Rurale del Trentino.

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Banche BCE Indebitamento delle imprese Mutui e tassi di interesse PMI Ripresa

La stangata.

La stangata.

Il titolo del fortunato film di George Roy Hill è divenuto da tempo sinonimo di duro colpo inferto a qualcuno: si va dalla stangata sui risparmiatori, a quella sulle imprese, fino alle squalifiche in campionato. L’abuso del termine lo depotenzia, come al solito, e cosparge di uniformità fenomeni che andrebbero pesati con misure diverse. Così è difficile credere che il rialzo di un quarto di punto dei tassi deciso dalla BCE, pur in presenza di possibili nuovi rialzi, possa rappresentare davvero una stangata da 1,3 miliardi (così si è espresso Il Sole 24 Ore Lombardia nella sua inchiesta sui nodi del credito di mercoledì 6 aprile). Più in piccolo, naturalmente, si legge che l’aggravio annuo è di 1.800 euro.

Difficile ragionare e fare informazione seriamente con titoli di questo tenore, anche se nel corpo dell’articolo il direttore generale di Artigianfidi Lombardia afferma che “come sistema associativo dobbiamo parlare meno di credito in senso stretto e più di finanza“, inquadrando correttamente il problema della gestione delle risorse finanziarie nelle Pmi in termini qualitativi e non quantitativi, di sostenibilità e non di semplice copertura. Oltretutto, proprio come il fotovoltaico, anche la questione tassi di interesse rischia di portare l’attenzione degli imprenditori lontano dal vero snodo cruciale della gestione nell’immediato futuro e nei prossimi anni, ovvero la competitività. Quella che si esprime alla riga del bilancio che non comprende gli oneri finanziari, la riga del risultato operativo.

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Rischi Risparmio e investimenti

VIP (Very Ingenuous People).

VIP (Very Ingenuous People).

Ingenuo è un aggettivo generoso per definire il comportamento di personaggi certamente ricchi, in grado di pagare un consulente indipendente, non frustrati dalla vana ricerca di extra-rendimenti come il resto del mondo. Ma al posto di ingenui, in inglese, il vocabolario fornisce aggettivi più offensivi e hai visto mai che qualcuno si alteri.

A leggere le cronache della truffa organizzata dalla Egp Italia, i cui clienti venivano convinti ad investire in obbligazioni emesse dalla lussemburghese Dharma Holdings, non solo sembra che il tempo si sia fermato (jm a suo tempo fu consulente del PM in un processo per una truffa analoga) ma, soprattutto, si rimane sconsolati. Non servono regole, non servono Fiamme Gialle, non servono Consob, guardie e guardiani. Non serve proteggere i piccoli, se pure i grandi risparmiatori mostrano un’ingenuità tale, da ritenere che la combinazione rischio-rendimento sia un’invenzione di qualche accademico noioso. Non serve nulla, a quanto pare servono solo le scottature: le scottature, gravi, per quelli che cercano gli extra-rendimenti.

Ma non c’è salvezza. I miliardari sono irredimibili.

Sindacato miliardari, io gli ho dato quei denari
e non li ho visti più, e neanche lui,
dimmi tu, un domani che dovessi aver
bisogno di quei soldi
allora che farò?
Sai com’è… non si sa mai…

Un domani… ma quel domani è già qui
è diventato oggi tanto in fretta
le mie mani frugano in tasca
e non c’è neanche più una mezza sigaretta
ma un amico resta un amico, lo so
la zecca ha fantasia, il cuore no.

Paolo Conte

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Banca d'Italia Banche Regno Unito Vigilanza bancaria

Lots of power (Chi comanda a Londra?).

Lots of power (Chi comanda a Londra?).


La domanda sorge spontanea dopo aver letto gli ingarbugliati sviluppi del lavoro del Monetary Policy Committee o MPC, descritti da Bloomberg. Le riflessioni, fra l’altro, riguardano, come si vede, importanti questioni di democrazia economica: “Giving lots of power to unelected officials at a central bank has its advantages as they can take a long-run view and remove themselves from day-to-day political pressures, but that also has its dangers. In a democracy, these officials need to be fully answerable to the people’s elected representatives.”

Senza pretesa di risolvere un dibattito che ha visto protagonisti pensatori ben più pesanti di jm, la sensazione che si trae leggendo l’articolo di Bloomberg è che l’indipendenza delle autorità monetarie rimanga tuttora preferibile; magari temperata da un passaggio “politico” nelle nomine importanti (si pensi alla modalità di designazione del Governatore della Banca d’Italia) e da organismi -come il CICR- che fungano da stanza di compensazione. A differenza della magistratura militante, non si sono ancora verificati, nel nostro Paese, casi di vigilanza militante. E’ un segnale positivo.

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Banche BCE Cultura finanziaria Ripresa

Se non ora, quando?

Se non ora, quando?


Lorenzo Bini Smaghi, sul Corriere della Sera di oggi, spiega in maniera circostanziata non solo perché i tassi debbano salire, ma soprattutto perché sia un bene che lo facciano ora. Difficile non condividere le considerazioni del nostro rappresentante presso la BCE, tanto più che il segnale che il rialzo dei tassi manda all’economia è che la ripresa c’è e che si deve evitare che possa esplodere una fiammata inflazionistica.

Quanto ai risparmiatori, i giornali hanno gioco facile nell’evocazione della “stangata“, termine talmente abusato dai giornalisti da essere divenuto insopportabile. Ovviamente, va da sé, i risparmiatori sono buoni e le banche sono cattive, chi rialza i tassi è malvagio e chi subisce questi arbitrii è un miserando, da compatire e proteggere. Storie come queste fanno capire quanto l’educazione finanziaria sia distante dall’aver raggiunto, non solo nel nostro Paese, un livello accettabile di diffusione: che consenta, perlomeno, di capire che quando si stipula un mutuo a tasso variabile si accetta che gli interessi siano collegati ad una variabile esterna (i.e.l’Euribor); e che se i tassi avessero continuato nella loro discesa si sarebbe aperto il baratro della deflazione. La notizia della quale, probabilmente, non fa vendere copie.

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Banche Germania Rischi Risparmio e investimenti Unicredit

Bond rain.

La notizia che lo spread sui Bund Tedeschi è arrivato, per gli emittenti italiani, ad 80 punti base (76 per Unicredit) viene giustificata con il “diluvio” di vendite da parte degli emittenti stessi, bisognosi di fare raccolta a tutti i costi. Diluvio che unito alla scarsa fiducia degli investitori nei conti dei paesi europei, innalza il costo del funding, soprattutto per le banche.

Non vi sarebbe nulla di strano in tutto questo, ma resta un dubbio, che le vicende di questi anni non hanno certamente sopito.

Quanti di tutti coloro che stanno sottoscrivendo questi bond, a tassi più elevati perché più rischiosi, sono consapevoli della combinazione rischio-rendimento? Siamo proprio sicuri che siano solo investitori istituzionali, consci di essere alla ricerca di elevati rendimenti? E quanti “piccoli risparmiatori”, fra qualche anno, piangeranno come coccodrilli, per il “risparmio tradito”?