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Banche Giulio Tremonti Rischi Vigilanza bancaria

Una e trina.

Dunque ci sarebbe l’accordo, in sede UE, a partire dal 2011, per il varo dell’Autorità Europea su banche, assicurazioni e mercati. Le tre Autorità avranno sede a Londra, Francoforte e Parigi, e saranno affiancate da un ulteriore organismo, il Comitato Europeo per i rischi sistemici (ESRB o European Systemic Risk Board), il cui compito sarebbe quello di “lanciare allarmi” ma senza poter dichiarare lo stato d’emergenza finanziario.

Come per gli USA, con il Financial Stability Oversight Council, la risposta alla grande crisi finanziaria è stata una moltiplicazione di autorità, nazionali e non, i cui compiti -come da dibattito ormai decennale fra gli economisti del settore- si sovrappongono e non sono sempre certi. A tacer del fatto che, di norma, si creano nuove burocrazie, come sempre, a futura memoria, dure a morire. E’ difficile immaginare l’efficacia del nuovo Comitato per i rischi sistemici senza sapere quale sia la sua dotazione di risorse, il suo osservatorio ed i dati rilevanti di cui potrà disporre, senza dimenticare che, al momento attuale, pare poco più di un cane da guardia, magari molto grosso e cattivo, ma legato alla catena. Infine, non c’è autorità senza esercizio delle medesima e dei poteri che ne conseguono: che nel caso di specie dovrebbero corrispondere alla possibilità di irrogare sanzioni, significativamente elevate e dissuasive, elemento che al momento non si intravvede. Il buon senso, per intanto, dice che si potrebbero rafforzare i coefficienti patrimoniali di Basilea 3. E checché ne dica il Ministro dell’Economia, non è proprio un gioco da bambini.

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Banca d'Italia Banche Liquidità Mario Draghi USA Vigilanza bancaria

Quanto costa Basilea 3.

In un comunicato stampa del 10 giugno l’Institute of International Finance ha pubblicato i risultati dello studio riguardante l’impatto su banche e sistema economico dei requisiti regolamentari previsti dell’accordo noto come Basilea 3. Nella sezione  Documenti del Blog è possibile leggere copia dello studio preliminare in questione.

Quanto alle conclusioni, sono state raggiunte applicando un metodo ed un’impostazione condivisibili, in particolare laddove si afferma (pag.4) che: “The logic of how the models work is fairly straightforward. For example, the imposition of higher capital ratios generally requires banks to raise more capital. Net new issuance puts an upward pressure on the cost of capital, which banks then add to their lending rates to the private sector. Higher lending rates reduce bank credit and, thus, the aggregate supply of credit to the economy. This, in turn, lowers GDP and employment. Higher liquidity requirements work through similar channels. Requiring banks either to hold more lower yielding liquid assets or issue more long-term wholesale debt squeezes bank profit margins. Lower profits not only make it more necessary to issue capital via markets (rather than through retained profits), but also make that issuance more expensive, as earnings disappointment makes equity investors more leery. Finally, higher bank taxes reduce post-tax profits and thus have a similar effect as reduced net interest margins.” Ovvero, un più elevato costo della raccolta bancaria e più stringenti vincoli di liquidità si tradurranno in un più elevato costo del credito, in minori investimenti, crescita più rallentata, disoccupazione etc…

Resta da capire quanto le conclusioni dello studio IIF, che stima una riduzione del PIL nell’area Euro di poco inferiore a 1 punto per 5 anni, facciano veramente i conti con le affermazioni del Governatore della Banca d’Italia, che è anche Presidente del Financial Stability Board, quando sostiene che per le banche è tempo di minori guadagni e di minori rischi. La sensazione che si ha, come ai tempi dell’introduzione di Basilea 2, è che non si tratti che di fuoco di sbarramento, utile a tenere le posizioni. E che solo quando la nuova regolamentazione diverrà definitiva si potrà, veramente, giudicare.

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Analisi finanziaria e di bilancio Banca d'Italia Banche Rischi Vigilanza bancaria

Scorte di attività prontamente liquidabili.

Giovanni Carosio

Giovanni Carosio, vice-direttore generale della Banca d’Italia, nel corso di un’audizione alla Camera dei Deputati, ha affermato che “appare chiara sin d’ora la necessità che le banche italiane aumentino le scorte di attività prontamente liquidabili”. L’audizione di Carosio e le affermazioni che in un ambito così rilevante sotto il profilo istituzionale sono state enunciate meriterebbero molte riflessioni. Il vice-direttore generale di Banca d’Italia, infatti, pur nella consapevolezza che le banche italiane abbiano sofferto meno per la crisi ed abbiano continuato senza problemi sostanziali nella loro attività di raccolta, si è anche detto consapevole che la nuova regolamentazione, nota ormai come Basilea 3 richiederà adeguamenti significativi. Se l’introduzione del leverage ratio (il rapporto massimo fra rischi assunti ed attività a debito) non dovrebbe comportare grandi problemi, provocando semmai un “ripensamento dei modelli di business di alcune banche”, costrette altrimenti a ricapitalizzare in misura assai elevata, al fine di proseguire nella gestione di attività innovative e maggiormente rischiose, potrebbero risultare di maggiore impatto le regole per il calcolo del patrimonio di qualità primaria. Quello per il quale, appunto, le banche italiane sono chiamate ad aumentare la scorta di attività prontamente liquidabili. Premesso che non si può che concordare con la notazione di Carosio, tanto più che egli stesso sostiene che dall’inasprimento delle regole dovrebbe beneficiare l’attività tradizionale di credito, rimane una perplessità, legata alla lunga frequentazione di uffici fidi e di analisi istruttorie. Riusciranno le banche italiane a comprendere fino in fondo quanto loro richiesto, quando, per lunghi anni (e, a quanto pare anche ora) hanno continuato a considerare le scorte presenti nel bilancio delle imprese alla stregua di liquidità differite? Il dubbio rimane: così come rimane la curiosità, probabilmente destinata a rimanere irrisolta, sull’inventore di quella durevolmente dannosa scemenza contabile che identifica nel magazzino una liquidità, appunto, differita.

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ABI Banche Vigilanza bancaria

È un mondo difficile, è vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto.

Corrado Faissola, presidente dell’ABI, ha indubbiamente un compito ingrato, che assomiglia abbastanza a quello dell’uomo-azienda Cobolli Gigli all’indomani di Moggiopoli, ovvero difendere l’indifendibile. Nel corso di un’audizione presso la Commissione Finanze della Camera, il nostro ha ricordato che le banche italiane soffrono per la limitata deducibilità delle perdite su crediti –vero: il nostro è l’unico Paese che impedisce, e non solo alle banche, la completa deducibilità delle perdite su crediti-  invocando il rinvio dell’applicazione delle regole di vigilanza prudenziale ormai note come Basilea 3. Non si vede bene cosa c’entrino le due cose e come, soprattutto, sia possibile parlarne contemporaneamente, dal momento che il vero problema che la crisi ha evidenziato riguarda la mancanza di soldi veri nel patrimonio di vigilanza delle banche. Pur senza sottacere l’importanza del problema, la fiscalità anticipata sarebbe bene rimanesse fuori dal computo del patrimonio utile ai fini di vigilanza. Altrimenti significa che per gente abituata a vendere con la massima disinvoltura di tutto a famiglie, imprese e pubblica amministrazione, manca il coraggio di chiamare alla cassa azionisti riottosi. Invece, anche per le banche e per i loro azionisti, felicità a momenti e futuro incerto.

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Banche Crisi finanziaria Giulio Tremonti Vigilanza bancaria

Tu chiamale, se vuoi, emozioni.

Massimo Ponzellini, Presidente della Banca Popolare di Milano

Masssimo Ponzellini, Presidente della Banca Popolare di Milano, una delle banche che per prima ha fatto ricorso ai Tremonti-bond quale strumento di rafforzamento patrimoniale, ha dichiarato che Basilea 3, ovvero l’aggiornamento dell’attuale regolamentazione prudenziale nota come accordo di Basilea 2, rappresenta un rischio per le banche e per le imprese, perché concretizzerà veramente l’incubo del credit-crunch, rendendo difficile il sostegno all’economia. Si fa fatica a credere che un manager di così grande rilievo, a capo di una delle più importanti banche del Paese, che per i rischi corsi e la sottocapitalizzazione ha dovuto ricorrere ai Tremonti-bond, possa affermare con una leggerezza quasi sfrontata che una regolamentazione, come quella di cui si parla per Basilea 3, tesa a rafforzare il patrimonio delle banche danneggi l’economia.

Le banche, come dice Ponzellini, non sono state le colpevoli della crisi, perlomeno non in Italia -anche se il presidente di BPM, bontà sua, ammette che abbiano contribuito ad ampliarne gli effetti-, ma da qua a dire che nulla debba essere fatto per rafforzare il capitale, può essere un incubo solo per chi, negli ultimi due anni, abbia vissuto sulla Luna. Oppure pensa che gestire una banca sia, con tutto il rispetto, come produrre cioccolatini. O forse, più semplicemente, durante la crisi ha provato brividi adrenalinici. Tu chiamale, se vuoi, emozioni.

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Banche Vigilanza bancaria

RROE: regulated return on equity

(..) In attesa della revisione di Basilea per gestire meglio i rischi di mercato e di liquidità, occorre che tutti i regolatori, a cominciare da quelli che prima e durante la crisi si sono dimostrati troppo indulgenti, applichino le vecchie norme con maggior severità ed entrino veramente nel merito dell’analisi delle condizioni delle singole banche, per accertare che davvero siano rispettati i principi della «sana e prudente gestione», scolpiti nel bronzo di tutte le leggi bancarie e applicate nel modo che abbiamo tutti visto.

Ma questo richiede alle autorità di vigilanza di applicare le norme con una discrezionalità cui in passato avevano volentieri rinunciato: con qualche eccezione, a cominciare dall’Italia, sono state tollerate politiche estremamente rischiose, che poi si sono tradotte in costi dolorosi per i contribuenti. Se i regolatori (che in molti paesi come la Germania sono distinti dalle banche centrali) non si decideranno ad un giro di vite coordinato sull’applicazione delle regole, vecchie o nuove, gli inviti alla prudenza sono destinati a rimanere inascoltati e i banchieri continueranno a sentirsi legittimati ad assumere rischi finanziari enormi, anche a scapito – come sta accadendo – del credito ai settori produttivi, in nome della massimizzazione dei risultati e della redditività per gli azionisti.

Proprio a questo proposito, il documento (riservato) della Bri propone alle banche di ridurre gli obiettivi in termini di Roe (Return on equity) per contenere la propensione al rischio. Ma chi decide qual è il valore di equilibrio? Non certo i regolatori: un “calmiere” sul Roe è altrettanto demagogico delle tasse punitive sui bonus dei banchieri. I regolatori hanno invece già gli strumenti per entrare nel merito delle politiche che essi considerano non prudenti, come avrebbero dovuto fare, tanto per citare un esempio, con Northern Rock che invece nelle sue relazioni di bilancio citava con orgoglio il «circolo virtuoso» delle sue aggressive politiche di raccolta e di impiego ai fini della massimizzazioni del valore per gli azionisti. E se gli strumenti attuali non bastano, possono introdurre modifiche non particolarmente complesse, come quella proposta proprio di recente dall’ente americano di assicurazione dei depositi (Fdic), che chiede di modulare i premi assicurativi pagati dalle banche alle caratteristiche delle politiche retributive.

Marco Onado, Il Sole 24 Ore

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Banche Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese PMI

Basilea dos

Il nuovo direttore generale dell’ABI, Sabatini, in un’intervista al Sole 24 Ore, parla dei tempi lunghi necessari per l’approvazione dei nuovi accordi di Basilea, che si vorrebbero improntati al modello del dynamic provisioning, sulla scorta di quanto già attuato da Spagna e Canada. In particolare si tratterebbe di accantonare, in periodi favorevoli, maggiori somme destinate a rafforzare il capitale, in vista di quei momenti, negativi, per i quali l’accantonamento potrebbe essere inferiore, al fine di attenuare o ridurre la pro-ciclicità dell’attuale sistema. Sabatini individua nel trattamento fiscale, sfavorevole, e nella necessità di rispettare i principi contabili internazionali IAS i due ostacoli principali ad una rapida approvazione delle modifiche all’attuale, inadeguata, normativa di vigilanza. Il problema fiscale è reale, e su questo punto l’attività di lobbying dell’ABI, complice la crisi, si è fatta più pressante ed efficace. Quanto agli IAS, il problema potrebbe essere risolto molto più in fretta se solo i governi avessero in animo lo stesso decisionismo praticato per i salvataggi durante la crisi: sarebbe difficile immaginare che, a causa dell’opposizione dei gran sacerdoti della ragioneria internazionale non si possa procedere a modifiche importanti e sostanziali.

Più complicata la questione per quel che riguarda la capitalizzazione delle banche ed i tempi di attuazione dell’ipotesi spagnola-canadese. Sabatini sostiene che i due Paesi si fossero attrezzati in tempi precedenti alla crisi e dunque che adesso non si possa avere fretta; resta che lo hanno fatto, dunque non dovrebbe essere un’impresa così ardua e titanica. Sabatini, peraltro, fedele al suo compito istituzionale, si mostra restio sull’argomento della ricapitalizzazione delle banche, invocando maggiore trasparenza e capitalizzazione da parte delle imprese. Nulla di nuovo sotto il sole, si tratta di argomenti già visti, che sono puntualmente tirati fuori nel dibattito da ormai più di dieci anni, ma che a questo punto fanno sorgere almeno tre domande:

  1. siamo certi che l’atteggiamento delle banche muterebbe, ove Basilea “3” si mostrasse meno-prociclica?
  2. la ri-capitalizzazione delle banche non dovrebbe essere ancora più importante di quella delle imprese, dal momento che è finalizzata a tutelare anzitutto i risparmiatori depositanti?
  3. e, infine, se davvero le imprese ri-capitalizzassero massicciamente, attingendo magari a somme depositate presso le banche stesse e, a questo punto, anche opportunamente “scudate”, che ne sarebbe del margine di interesse, eroso dalla riduzione dei volumi di raccolta e impieghi?
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Banche Ripresa Vigilanza bancaria

Ciclo & pro-ciclo.

Fonte: lavoce.info

Corrado Passera, nel corso di un intervento a un convegno svoltosi a Milano, ha avanzato l’ipotesi di ridurre i coefficienti prudenziali di capitale -noti al pubblico come i requisiti di Basilea 2- al fine di agevolare la ripresa e l’erogazione di credito all’economia. L’ipotesi avanzata da Passera si accompagna a quella di incrementare, innalzando i requisiti stessi, il patrimonio di vigilanza nei momenti di ciclo economico positivo, in modo da “mettere fieno in cascina.”

La proposta ha una sua dignità, e non solo perché proviene da uno dei principali banchieri italiani, AD peraltro dell’unica banca definita “di sistema” del nostro Paese. Non è il caso ora di soffermarsi sui tecnicismi da risolvere in caso di applicazione della proposta, dal momento che occorrerebbe trovare una definizione valida di ciclo, individuare delle soglie che innescano il rialzo o la riduzione delle soglie di capitale. E, alla luce di quanto emerso durante la crisi, che non incentivino comportamenti opportunistici delle banche. Il problema vero, rimane, a mio parere, quello evidenziato già a suo tempo dal Maestro di tanti di noi, il prof.Roberto Ruozi, in un suo lavoro magistrale, redatto a quattro mani con Zara, dal titolo “Il futuro del credito alle imprese.” Si era in anni lontani, distanti dalla crisi, il ciclo era positivo. Eppure Ruozi, con ben maggiore autorevolezza del sottoscritto, evidenziava che il problema vero di Basilea 2 è la sua interpretazione, ciò che davvero ne hanno fatto le banche, ovvero un paravento dietro al quale celare politiche non già di gestione del rischio, ma di avversione al rischio. E non di qualunque tipo di rischio, ma di quello la cui assunzione è più costosa, quello degli impieghi economici, dei prestiti alle imprese. Finchè non si risolverà questo equivoco, che è prima di tutto culturale, non vi sarà proposta tecnica che potrà, profittevolmente, far ripartire le relazioni di clientela.

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Banche Risparmio e investimenti USA Vigilanza bancaria

De iure condendo: riflessioni sul discorso di Mr.B.Obama ad un anno dal crack Lehman

Confusion

“Una banca che opera in diversi paesi europei con operazioni corss-border (come si dice), offrendo prodotti diversi (da polizze assicurative a prestiti), oggi deve avere a che fare con 57 diverse autorità che hanno procedura o standard simili, ma non identici.
O, ancora, l’accordo di Basilea 2 sul capitale degli istituti di credito consente più di 300 (trecento!) diverse interpretazioni fra gli stati membri. Una barocca “confusion de confusiones“, un intrigo di interessi travestiti da leggi, nel quale sguazzano gli azzeccagarbugli, m aperdono la testa risparmiatori, consumatori, produttori. Che succede se aggiungiamo nuove regole (Barack Obama intende aggiungere due nuove autorities: NdR) senza togliere le vecchie? Come vincere l’inerzia e i conflitti di interesse?”

Stefano Cingolani, Il Foglio 23 maggio 2009

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Banche BCE Liquidità Vigilanza bancaria

Stretta sulla Vigilanza bancaria: levelling off the playing field?

Veduta di uno stadio inglese
Veduta di uno stadio inglese

La riunione di domenica del Basel Committee on Banking Supervision ha varato la cornice di un’ampia riforma della vigilanza bancaria.

Le nuove norme, che saranno articolate e precisate entro dicembre 2009 ed applicate entro il 2010, si compongono, oltre che di un ovvio -a questo punto della crisi finanziaria mondiale- rafforzamento del Tier 1, mediante l’applicazione di un criterio di calcolo più ristretto, circoscritto ad azioni ed utili e con esclusione delle azioni privilegiate, anche di un livello massimo di leverage e di un livello minimo di liquidità.

Ciò che da parte di molti commentatori non si è tardato a sottolineare è la novità relativa alla creazione di “cuscinetti anticiclici”. Da sempre, nella teoria dell’intermediazione finanziaria e creditizia, il capitale di rischio viene inteso come buffer o cuscinetto, contro le perdite dovute ai rischi di credito, di mercato ed operativi. E’ la prima volta che tale nozione viene applicata in modo tale che si possa procedere all’incremento delle riserve di mezzi propri durante le fasi positive del ciclo economico, operando parallelamente con una riduzione nelle fasi negative.

Interessanti sono anche le nuove regole, fissate per ora solo come principi, che prevedono la limitazione degli eccessi nella distribuzione dei dividendi, nel riacquisto delle azioni proprie (buy back, al fine di ridurre il numero del flottante ed elevare il dividendo unitario) e, soprattutto, nei compensi dei manager, che si vuole ancorare a performances di lungo periodo e non più di brevissimo termine.

Le finalità e gli intenti della nuova regolamentazione che si prospetta per il sistema finanziario globale sono lodevoli e condivisibili. L’entusiasmo per le regole, tuttavia, non deve fare dimenticare che il principio della vigilanza prudenziale, tesa a contemperare esigenze di competitività e di stabilità, si basa sul criterio che le “le regole del gioco sono uguali per tutti”, ovvero, il principio noto nei manuali con la metafora sportiva del “levelling off the playing field”.

Ma come nei campi da gioco l’applicazione delle regole non impedisce che vi si svolgano partite orrende ed altre bellissime, che si possa assistere ad incontri emozionanti e ad altri soporiferi, così è nel campo finanziario. L’applicazione di regole più stringenti ed efficaci, al fine di evitare nuove crisi, non genera di per se stessa una cultura economico-finanziaria, tanto nelle banche che nelle imprese e nei risparmiatori, in grado di sviluppare rapporti più consapevoli, seri, maturi. Questo compito rimane, intatto, a carico di tutti coloro che operano e che devono operare le proprie scelte quotidiane.