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Alessandro Berti Banche

Qualcosa che non torna (Silicon Valley Bank)

Ne parla sicuramente spiegando le cose meglio di me, l’ottima Loretta Napoleoni, su Il Fatto Quotidiano di oggi, dal quale ho preso in prestito la foto (https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/12/il-fallimento-della-silicon-valley-bank-ecco-cosa-una-banca-non-dovrebbe-mai-fare/7093147/).

Ma qualche domanda, da modesti artigiani del mestiere tocca farsela, altrimenti va bene tutto (e ci meritiamo tutto). Certamente la stampa non ha contribuito alla chiarezza (Loretta Napoleoni, peraltro, essendo una economista) e non parlo di certa stampa spazzatura.

Ad ogni modo, volendo sintetizzare e spiegare il fallimento di SVB for dummies, alcune questioni saltano all’occhio. SVB è una banca di deposito, raccoglie denari dai risparmiatori come qualunque altra banca e li impiega prestandoli alle start-up. E già qui c’è qualcosa che comincia a non quadrare: il denaro alle start-up, proprio perché sono tali, non lo prestano le banche di deposito, ma lo investono (la differenza è sostanziale, non solo lessicale) i fondi di private equity, i business angels etc…non le banche. Che diavolo di business model è quello di prestare denari dei risparmiatori a imprese assai rischiose?

C’è qualcosa che non funziona nella divisione del lavoro nel sistema finanziario americano: da quando le banche di deposito, in un mondo dove abbiamo imparato il tema essere quello della liquidità (cfr. gli accordi Basilea 3, anche se gli Stati Uniti, as usual, fanno quello che vogliono in materia) raccolgono denaro a vista per impiegarlo in operazioni di assai lungo e rischioso ritorno? E, soprattutto, per la parte rimanente, gli impieghi finanziari, li lasciano in titoli a reddito fisso che, come sanno certamente anche i sassi, quando i tassi salgono, si deprezzano. Quindi SVB è una banca che lavora per le start-up ma investe in obbligazioni, come un qualunque Unicredit? E che titoli sono quelli che comportano perdite così elevate, forse non T-bill??

E se le start-up non avranno i soldi per pagare stipendi e spese correnti, che strana specie di imprese sono se, una volta passata la fase iniziale hanno iniziato a lavorare? Il problema non sono le start-up, ad evidenza, ma chi le finanzia (come dice Napoleoni, come in un manuale di tecnica bancaria, ma facendo l’opposto), in una fase della loro storia imprenditoriale dove probabilmente hanno ancora bisogno di capitale paziente, non di prestiti bancari.

Un’ultima questione riguarda la Vigilanza: come sanno bene i miei studenti, il Banco Ambrosiano di Calvi fu salvato in un weekend, riaprendo il lunedì dopo come se nulla fosse accaduto, poiché il regolatore Europeo, quello italiano in primis, non ha quasi mai difettato di rapidità. La FED di Jerome Powell si riunisce domani, lunedì, a mercati aperti, e con la santa calma (bisogna che siano svegli anche sulla costa occidentale, la riunione parte alle 8.30 a.m. ora di Los Angeles). Sappiamo che la vigilanza negli States non ha mai rassomigliato neppure lontanamente a quella Europea: Milton Friedman ha lasciato le sue impronte anche lì e, bene o male, il criterio è quello che il mercato deve fare il suo corso e negli USA falliscono molte più banche di quante non ne immaginiamo. Ma in questo modo?

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

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