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Calcio Germania

Tifare per la #Grecia, ammirare la #Germania.

Tifare per la #Grecia, ammirare la #Germania.

Stanotte correggevo l’eccellente tesi di un laureando che ha indagato sui rapporti tra risultati calcistici e finanziari delle squadre italiane. Con risultati interessanti, che non mi sembra giusto anticipare e che, al contrario, vorrei ospitare sul blog, non appena sarà “tolto l’embargo“.

Resta che, anche nel calcio, il modello da imitare, in quanto virtuosamente proteso a bilanci sani ed ai buoni risultati sportivi, è quello tedesco. Il Bayern Monaco è l’esempio e non certamente perché risparmia sullo stipendio di campioni come Mario Gomez e Bastian Schweinsteiger, ma perché riesce a coniugare grandi performance sportive ed equilibrio economico e finanziario. Stasera si tifa Grecia, per ovvie ragioni (non foss’altro perché ci gioca Karagounis, vecchio cuore nerazzurro). Ma la Germania è un’altra cosa.

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BCE Crisi finanziaria Disoccupazione Economisti Giulio Tremonti Silvio Berlusconi

#Greciasenzamedicine: per vedere di nascosto l’effetto che fa.

#Greciasenzamedicine: per vedere di nascosto l’effetto che fa.

La notizia della Grecia rimasta senza medicine, ha fatto il giro dei social network, diventando, in brevissimo tempo, l’hashtag più popolare (#Greciasenzamedicine) e l’oggetto delle dichiarazioni preoccupate di tutti. E non può che essere così, se in un Paese europeo si vive una circostanza di durezza e ferocia tali da far pensare a tempi che neppure immaginavamo essere tornati, quelli delle camicie brune (l’Alba Dorata, partito neo-nazista ellenico).

Purtroppo la durezza dei tempi non sembra aiutare la ragionevolezza, se coloro che invocano fallimenti a catena non si rendono conto che punire i banchieri pensando di non punire i risparmiatori è come spegnere un incendio in un museo selettivamente: lasciare bruciare, che so, i fiamminghi del ‘600 per salvare solo i rinascimentali italiani. Brucerà tutto ugualmente, perché l’incendio riguarda tutti. L’idea di B., quella di mettersi a stampare moneta, non è folle, anche se chi l’ha pronunciata mostra chiari segnali di avvicinamento al rimbambimento (a riprova dell’avanzare dell’Alzheimer, ha affermato che però lui scherzava, nel silenzio desolante dell’ufficio politico del Pdl e dei suoi fedelissimi): da tempo ne parla Krugman e tutti coloro che hanno a cuore l’esistenza non solo dell’euro, ma di un politica comune e di una banca centrale degna di questo nome. Solo che né Krugman, né altri economisti, italiani e non, hanno avuto a disposizione i cordoni della borsa ed il consenso semi-bulgaro del penultimo governo, quello degli inetti della libertà.

Mettersi a stampare moneta e salvare le banche non serve a salvare i banchieri: quelli li salverà solo l’inettitudine e la corruttela della magistratura e la loro contiguità al potere, in ogni caso. Mettersi a stampare di moneta serve ad evitare di assistere, non più di nascosto, all’effetto disastroso che fa la mancanza di liquidità nei sistemi economici e finanziari. Si chiama collasso.

 

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Crisi finanziaria Germania Indebitamento delle imprese PMI Ripresa

Sono invecchiato aspettando Godot.

Sono invecchiato aspettando Godot.

Autostrada, GR1 delle 8, ascoltando le notizie provenienti dalla Renania Westfalia come se fosse Radio Londra che annuncia che gli Alleati sono sbarcati in Normandia. Poi, rassicurando me stesso interiormente che la signora ed il suo moralismo luterano continuano a starmi fortemente antipatici, rifletto su quanto sto ascoltando e sulle diverse interpretazioni: soprattutto rifletto sull’uso della parola crescita e sulla necessità di provvedervi immantinente (in proposito ascoltare gli onorevoli Di Pietro, Lupi o Gasparri che invocano la crescita è come ascoltare la rassegna stampa della Pravda di Radio Soviet, tanto monotòni sono certi politici nell’enunciazione dei concetti) che viene gridata da chiunque.

Ma la crescita non è compito di qualcuno che non lo fa, e che è cattivo, mentre qualcuno, che è buono, obviously, vorrebbe ma non può: altrimenti si ricade nella logica perversa dei manifesti CNA. Se qualcuno può fare qualcosa lo può fare a livello di cornice, di quadro, di sistema; ma nessuno può dipingere al mio posto, quello devo farlo io. Una delle cose sulle quali insisto di più nella parte iniziale del corso di bancaria è che le banche non sono il motore dello sviluppo, al più ne possono essere le levatrici. Non so quanto sia casuale, ma negli ultimi giorni ho ripensato a quelli che, nel 2007, alle prime avvisaglie della crisi, avevano ben pensato di chiudere, per non saper né leggere, né scrivere; non ricordo, all’epoca, alcuna campagna di stampa, nessun giornalista sulle tracce di questi eroi dell’imprenditoria, nessun manifesto. Non hanno aspettatto Godot, qualunque faccia avesse, ed hanno chiuso: e forse, forse, hanno fatto bene, perché in qualche caso hanno evitato guai peggiori successivi, dissesti, buchi nei bilanci delle banche. Qualcosa hanno fatto. Non sapremo mai perché lo hanno fatto, quanto fossero consapevoli, ma lo hanno fatto. Mi accontenterei, per il momento, che le Pmi almeno prendessero coscienza di dove si trova la loro barca, avessero idea della dimensione dei loro problemi.

Quegli stessi imprenditori che, se ora non vogliono sentirsi dire che il ciclo monetario è un problema, già allora, nel 2007, avevano incominciato a non aprire neppure l’estratto conto bancario.

“…ed anche la notte di nozze però, io non feci nulla, aspettavo Godot.” (Paolo Lolli)

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Banche BCE Germania Goldman Sachs Mario Draghi

Non rovinate tutto.

Non rovinate tutto.

L’idea più contenuta che la Bce potrebbe imporre un “tetto” al rendimento di alcune obbligazioni sovrane attraverso l’acquisto risulta anch’essa problematica, perché potrebbe distorcere i mercati dei capitali. Non ricordo un esempio recente di una banca centrale che abbia stabilito artificialmente un limite per il rendimento di beni scambiati liberamente (la Svizzera ha effettivamente promesso di frenare la crescita della propria valuta, ma si trattava più di una minaccia che di un tetto solido). E risulta difficile capire perché gli investitori dovrebbero volere acquistare titoli il cui rendimento viene bloccato dalle autorità monetarie. La realtà è che gli investitori non faranno seriamente ritorno ai titoli e alle obbligazioni europee fino a quando non saranno convinti che l’euro non esploderà. Ora che si accinge a partecipare a incontri di importanza cruciale, presidente Draghi, mi pare opportuno ricordare a lei e ai suoi colleghi un’esortazione spesso rivolta a coloro che entrano a far parte di Goldman Sachs, la sua alma mater: “Non rovinate tutto”.
Francesco Guerrera

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BCE bisogni Crisi finanziaria Economisti fiducia

Scheletri contadini ed antropologia.

Scheletri contadini ed antropologia.

Di fronte dunque al rischio di morire tutti francofortesi il Censis ci consiglia vivamente di riscoprire le radici, di valorizzare il legame del nostro sviluppo con la tradizione fino a rimettere in circolo i valori fondanti della civiltà contadina, giudicata “la più coerente con la nostra attuale innegabile fatica di vivere, di adattarsi alla crisi, di cercare di andare oltre la brutta stagione”. Per dirla tutta, De Rita pensa che il modo (vacuo e banale) con il quale abbiamo importato “l’agiatezza e la modernità occidentali”, proprio perché superficiale, non abbia saputo incidere sul carattere di fondo della nostra società che, chiamata in questi mesi a lottare per sopravvivere, deve far leva innanzitutto sul suo “scheletro contadino”. Uno schema che boccia clamorosamente la modernizzazione italiana e quelle élite cosmopolite che si sono impegnate a costruirla.

Giuseppe De Rita, CENSIS

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Capitalismo Crisi finanziaria Felicità fiducia Germania

Hai una ragione per vivere (you get what you give).

Hai una ragione per vivere (you get what you give).

Hai la musica nell’anima, non lasciarla andare
Hai la musica nell’anima, c’è ancora qualche ballo
questo mondo sopravviverà, non cedere
hai una ragione per vivere
non possiamo dimenticare
abbiamo solo quello che meritiamo.

New Radicals You get what you give

 

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Banca d'Italia BCE Crisi finanziaria Germania

Divorzi benedetti.

Divorzi benedetti.

La sede di Banca d'Italia

Sull’onda della generale arrabbiatura verso i tedeschi ed i loro sodali francesi, ma anche sulla scia di una nostalgia per la lira che ha ben poco di razionale (l’unica cosa di buono della lira, a parte le svalutazioni competitive, era che quando c’era lei io avevo 20 anni di meno) qualcuno si è messo a stigmatizzare il famoso divorzio fra Bankitalia e Tesoro, ovvero quel provvedimento che sancì il divieto per l’Istituto di Emissione di stampare moneta per acquistare il debito sovrano. L’errore di costoro sta nell’imputare al divorzio stesso la colpa della crescita del debito pubblico italiano che non solo stava già crescendo dagli anni ’60 e ’70 in maniera esponenziale ma che, soprattutto, non è stato agevolato dalla mancanza di un “sottoscrittore di ultima istanza.” Il debito pubblico italiano è stato agevolato da una cultura politica irresponsabile e clientelare, tesa ad approvare provvedimenti che fossero utili solo in chiave elettoralistica e non per il bene comune. Che dall’Euro abbia tratto benefici soprattutto la Germania, non c’è alcun dubbio. Ma che l’Euro “tedesco” serva a far finta che il nostro debito pubblico, consociativo e benedetto dall’intero arco costituzionale, non fosse da irresponsabili, questo no. Un po’ di sciovinismo va bene, l’ipocrisia no.

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BCE Crisi finanziaria Germania

35% (Verbreitung).

35% (Verbreitung).

Col traduttore (tutto ciò che so di tedesco è Rummenigge, Matthaeus, Brehme), 35% di spread, ovvero di Bund non acquistati. Come dice il Foglio, anche i bund nel loro piccolo si incazzano. La notizia forse non è del tutto negativa: potrebbe spronare qualcuno a Berlino al realismo, a lasciare libera la BCE di comportarsi come una vera e propria banca centrale e non come la caricatura che ne ha fatto la Bundesbank. In ogni caso, alla fine di questa giornata, restano due domande inevase: quei 35 miliardi che mancano chi se li compra dalla Bundesbank, che li ha comprati al posto dei mercati? quando è la prossima asta del tesoro francese?

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Alessandro Berti BCE Crisi finanziaria Educazione Germania

A domande, risponde.

A domande, risponde.

In un blog le domande si pongono commentando i post: ma in attesa che accada, non ci si può chiamare fuori, se hai provocato delle domande, devi rispondere. In attesa che arrivino altre domande, altri post, altre questioni, per sé e per la propria vita.

Se posso permettermi , comincerei a porle domande, come : come si possono meglio definire , magari tramite un esempio, le SUBPRIME ?

Le imprese subprime non esistono, le ho inventate io: esistono le imprese in difficoltà, ai margini del mercato (appunto, marginali), che non ce la fanno più e che non hanno più gambe, nè fiato. Sono subprime (come i mutui fatti a gente che non poteva ripagarli), perché sono imprese di qualità, duole dirlo, inferiore: non ce la possono fare, non hanno margini, non guadagnano, e sono molto indebitate. Un’impresa subprime è un’impresa, per esempio, che ha più debiti che ricavi; che permette all’imprenditore o ai soci di andare avanti solo grazie ai soldi delle banche (che non sono gratis, ma soprattutto, che vanno restituiti); che paga i dipendenti poco o in nero; che sta in un settore dove la concorrenza cinese (che non è quasi mai sulla qualità, ma sempre sul prezzo) è imbattibile. Un’impresa subprime è come Nosferatu, il protagonista del film da cui ho tratto il fotogramma del post che tu hai letto: è un non-morto (che certamente non è vivo).

Inoltre riguardo alla situazione della Grecia, cosa succederebbe nel caso la BCE non coprisse il buco del debito ? 

La BCE per ora non può e non deve coprire il buco del debito: lo farebbe stampando moneta e questo non è possibile, oltre che immorale. Lo potrebbe fare il cosiddetto fondo salvastati, ovvero l’EFSF, ma per volontà della Germania ha pochi soldi, e non saranno dati, se non dietro precise garanzie: la Germania non vuole che la BCE faccia la banca centrale, e non vuole neppure che qualcuno (il fondo) si sostituisca ad essa. Nel frattempo la domanda sarebbe meglio farla in altro modo: cosa succede se la Grecia non onora gli impegni che ha preso e non paga i debiti? Tecnicamente fallisce, e per qualcuno (i Tea party, ma anche molti liberisti di casa nostra) è una soluzione. I Greci si impoveriscono drammaticamente, escono dalla zona euro, il loro reddito cala vertiginosamente e tutti coloro che vantano crediti verso la Grecia registrano gravi perdite. I ricchi greci rimangono ricchi, i poveri anche, sparisce il ceto medio, la borghesia, lo strato sociale più ampio e dinamico: viene azzerata una generazione, ci sarà molta povertà. Non sembra che abbiano intenzione di salvarsi, neppure possiamo obbligarli: il problema è che se non li difendiamo, qualcuno potrebbe pensare che si possano attaccare anche gli altri Paesi.

E ritornare ad una moneta precedentemente usata prima dell’euro, cosa comporterebbe ?

Tornare alla dracma non sarà complicatissimo, almeno tecnicamente: come nel 2001 è avvenuto il change-over dracma-euro, avverrà anche il contrario. Ma per uscire dall’euro si deve uscire dalla UE, ovvero rinunciare a soldi, contributi, vantaggi doganali. La Grecia diventerebbe un paese balcanico  più povero dell’attuale, che non potrebbe neppure esportare con un tasso di cambio favorevole verso l’UE quelle poche merci che riesce ad esportare, perchè l’UE stessa imporrebbe dazi doganali. Vivrebbe di turismo, di esportazioni agro alimentari, di poco altro: poiché molti greci sono dipendenti pubblici, il fallimento del Paese comporterebbe numerosi licenziamenti, di cui lo Stato non potrebbe farsi carico. In sintesi, la vedo dura e triste.

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Banche BCE Crisi finanziaria Germania Mario Draghi

Stampa Mario, stampa.

Stampa Mario, stampa.

Le notizie dalla Grecia, con le dissennate dichiarazioni di Papandreou, che mostra di non avere neppure il coraggio di proporre una medicina, chiedendo al contrario ai Greci se preferiscono le caramelle alla chemioterapia, mostrano che le questioni della crisi non riguardano appena i tecnici o chi governa, bene o male che lo faccia. Riguardano la cultura e gli stili di vita, il modo di concepire se ed il lavoro, la fatica ed il sacrificio, il risparmio e il futuro. Che Dio aiuti la Grecia nella sua decrescita (in)sostenibile: ho ancora delle dracme da qualche parte, verranno buone.

Mentre Atene brucia, la posizione assunta nelle ultime ore dal Direttorio che così egregiamente governa sui destini dell’Unione Europea mostra la miopia di una posizione che, fino all’ultimo, ha tentato di circoscrivere il problema ad una questione morale, a partire dal giudizio che il debito è sbagliato e basta (ciò che il Foglio ha definito, con felice espressione, la Luteronomics della signora Merkel). Ora, poiché le banche francesi e tedesche sono piene di titoli greci, da un punto di vista puramente sciovinistico mi verrebbe da chiedere come mai tanta stupidità nella patria di coloro che sorridevano ironicamente dell’incapace di Palazzo Grazioli? A tacer del fatto che resta difficile capire chi terrà indenni i risparmiatori dei due più grandi paesi di Eurolandia dall’haircut che attende i bilanci delle banche presso le quali hanno i loro depositi. La BCE, di fatto, ha già cominciato a stampare moneta, acquistando i titoli di Grecia, Spagna, Italia. Il prossimo passo è stampare direttamente euri, per evitare che tutto il sistema collassi: Mario Draghi comincia dalla tipografia.