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L’oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari, governatori: ovvero cosa ci salverà dal disastro prossimo venturo?

L’oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari, governatori: ovvero cosa ci salverà dal disastro prossimo venturo?

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In ritardo di un solo giorno, ma in fin dei conti puntuale come un Frecciabianca, ecco l’Oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari e governatori.

Perché non più solo i bancari e perché non più segni zodiacali? Perché con soli 35 anni di ritardo si avvera -di più: viene superata- la profezia del prof.Mazzocchi, Università Cattolica, anno 1978, corso di Politica Economica: “Prima o poi anche in Italia il lavoro dei bancari sarà, come negli USA, un lavoro per donne e per neri”, ovvero sottopagato, dequalificato, da ultimo reso addirittura seriale e dis-umanizzato dal robot e dalla filiale virtuale. A che serve parlare d’amore e di carriera ad un robot? A una filiale virtuale? A una postazione video?

E dunque…

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Banche: secondo molti idioti, peraltro, mi duole dirlo, assai votati, le banche sono al Governo, in Italia, in Europa, in Germania, praticamente ovunque (magari ci fosse Goldman Sachs al governo: dove si firma per Lloyd Blankfein Presidente?). Quindi bisognava votare loro contro, quindi la vittoria del NO. Bravi. Complimenti. Sono gli stessi genii che sventolavano gli striscioni a Montecitorio con su scritto “La casa non si tocca”, quando si tentava di rendere più veloci le procedure di recupero dei crediti; mi piacerebbe assistere all’esame di Tecnica Bancaria fatto da qualcuno di costoro, per chiedere come pensano di difendere il risparmio, tutelato dalla nostra immarcescibile costituzione? La madre degli imbecilli è sempre incinta.

Di overbanking ha parlato Mario Draghi, scrivendo lui l’oroscopo per le banche e ponendo fine a decenni di discussioni accademiche se sia meglio la banca grande o la banca piccola; di una sostanziale soppressione delle banche locali parla da tempo il suo mediocre successore Ignazio Visco.

Concentrazione è la parola scritta nelle stelle: meno banche.

E meno banchieri: poiché le cadregh si riducono si cerca disperatamente di sedersi su quelle superstiti, man mano che il gioco crudele della sedia/concentrazione settoriale ne toglie una alla volta: a chi fosse sfuggito, importiamo banchieri (Mustier a Unicredit ne è l’esempio più solare): mentre la categoria è rappresentata da un gagliardo giovanetto, di nome Patuelli, che fu nella Prima Repubblica segretario del PLI (!). Tancredi Bianchi si rivolta nella tomba.

Foto Federico Bernini - LaPresse 12 11 2015 Torino cronaca Fondazione Ugo La Malfa. Piemonte industriale in trasformazione. Ruolo del credito, dell'innovazione, delle start-up. Grattacielo Intesa San Paolo. Nella foto: Antonio Patuelli, presidente ABI
Foto Federico Bernini – LaPresse

Impressiona la parabola della categoria professionale del bancario, specie in via di estinzione e di cui nessuno sente la necessità di patrocinare la protezione. Non esiste nessun Landini in banca, la felpa della FABI, se mai è esistita, viene usata come pigiamino.

E poiché le banche si stanno ritirando dai business rischiosi perché sono costosi (i.e. il credito), o ne accettano solo quote che consentano di ridurre il costo operativo per eccellenza, il personale, il nostro bancario non ha grandi prospettive, perlomeno a breve termine. O diventa capace di vendere di tutto, e sarà valorizzato per quello, o rischierà il peggiore dei mismatching, quello tra competenze acquisite e competenze richieste. La chiusura delle filiali e gli esuberi, da una parte, l’esternalizzazione e la vendita di prodotti “fabbricati” altrove -le polizze- dall’altra, sono due facce della stessa medaglia: l’impresa bancaria, impresa di servizi ad alta intensità di fattore lavoro, sceglie di robotizzare i processi, riducendo l’intensità del fattore lavoro. Che evidentemente non potrà più essere de-qualificato, perché quel tipo di lavoro lì lo faranno i robot, non ci sarà più.

I Governatori, da parte loro, soprattutto il nostro, in questo frangente storico mostrano di assomigliare sempre più alla Sindaca di Roma: sono etero-diretti, sostanzialmente irrilevanti. Per nostra fortuna a Francoforte non c’è la Casaleggio e Associati, ma non c’è motivazione intrinseca all’esistenza di Via Nazionale se non quella di essere un’agenzia al servizio di Eurotower.

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Il futuro, dunque, non è roseo, non serviva il Mago Alex per dirlo. Qualcuno vagheggia un mondo senza banche, qualcuno, anche di recente (SB, innominabile) è arrivato a dire che l’euro non va bene e che ci vorrebbe una doppia circolazione monetaria, come nel 1945, con le AM lire.

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Una sola cosa, realisticamente, ci può salvare, ed è quella che ci ha portato close to the edge: il credito deteriorato. Perchè di una tale montagna di quattrini si tratta,  e di un problema di così ampia portata, che ci vogliono ancora troppe persone e, soprattutto, troppo denaro, per risolverlo. Nemmeno Salvini, Brunetta, Di Maio, Dibba, M.me LePen hanno soluzioni magiche, anche se le spacciano come tali.

Coraggio fratelli, le sofferenze salveranno le banche.

Buon 2017 a tutti (e buon ascolto: non c’è nemmeno la pubblicità).

Il Mago Alex

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Crisi finanziaria Cultura finanziaria Fabbisogno finanziario d'impresa Giulio Tremonti Indebitamento delle imprese PMI Silvio Berlusconi

La perdita del cliente spiega lo scostamento (controesodo).

La perdita del cliente spiega lo scostamento (controesodo).

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Sul Sole 24Ore di qualche giorno fa veniva riportata la conclusione di una controversia tributaria che oltre a far pensare che l’Accademia  della Guardia di Finanza debba inserire nei programmi dei suoi corsi più ore di analisi finanziaria e di bilancio, fa riflettere sull’importanza dell’analisi settoriale ai fini della relazione bancaria e del rapporto di affidamento.

In sintesi “il maggior ricavo ottenuto con Gerico non prova, da solo, una gestione imprenditoriale antieconomica se l’impresa ha perso il cliente principale. Inoltre, una differenza tra il margine di ricarico applicato dall’impresa sul costo del lavoro, e quello mediamente applicato dalle altre realtà dello stesso settore, non può fondare il recupero se non si mettono a confronto i costi di struttura. Infine, le condizioni di marginalità escludono il valore probatorio di una presunzione grave, precisa e concordante richiesta per l’accertamento dei maggiori ricavi. Così si è espressa la Ctr Lombardia 1893/15/2015 (presidente Giordano, relatore Staunovo Polacco).”

Premesso che si parla di 2004 e che l’argomento è noiosissimo (per chi volesse mettere i puntini sulle i il Governo in carica era quello di Silvio B. e Ministro dell’economia l’ineffabile Giulio Tremonti) stupisce che il Fisco -tardivamente- e la giurisdizione tributaria si accorgano prima delle banche che le imprese hanno formule competitive differenti, margini differenti rispetto ai settori e che la concentrazione del fatturato è un rischio. Quanto alla “gestione antieconomica” ricorre spesso nei commenti in aula di coloro cui faccio formazione, che immaginano scenari fantasiosi quando invece sarebbe meglio essere realisti. Nel caso in questione “l’antieconomicità della gestione è giustificata dalla perdita del cliente principale, dalla contrazione del mercato del software applicativo gestionale e dal tentativo di arginare queste perdite con l’avvio di nuove attività di siti web e counseling ai lavoratori; le spese contenute, diverse dal lavoro subordinato, provano l’assenza di una struttura aziendale e lo svolgimento di prestazioni di sola mano d’opera, mentre le imprese del campione rappresentativo hanno costi di struttura più elevati che possono influenzare i prezzi praticati ai clienti, facendo emergere così percentuali di ricarico più elevate.”

Ecco, se qualche pratica di fido in più fosse stata scritta così, forse avremmo lo stesso ammontare di sofferenze sugli impieghi, perché quando la crisi è sistemica, oltre che settoriale, c’è ben poco da fare. Ma magari qualche CdA e qualche DG avrebbero compreso meglio certi andamenti economici ed il credit crunch sarebbe stato meno duro. E forse, anche grazie alle banche, avremmo potuto comincciare ad uscirne prima. Come direbbe il Presidente del Consiglio (che apprezzo assai), cambiando direzione. Forse.

 

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Borsa Capitalismo Energia, trasporti e infrastrutture Imprese Indebitamento delle imprese Silvio Berlusconi

Capitani coraggiosi (moriremo democristiani).

Capitani coraggiosi (moriremo democristiani).

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Cosa hanno in comune la madre di tutte le scalate del secolo scorso, ovvero l’operazione Telecom, e la privatizzazione fallita di Alitalia? Lo stesso “capitano coraggioso” (copyright della definizione di Massimo D’Alema), Roberto Colaninno (il cui figliolo, come verosimilmente il padre, milita nelle file del PD) che è riuscito nella doppia impresa di indebitare ultra vires Telecom e di gestire Alitalia senza scucire un centesimo, sapendo di poter poi addossare il problema, a quanto pare, alle Poste. Doppia impresa benedetta in modo bipartisan, nel primo caso dalla sinistra, appunto, di Massimo D’Alema, nel secondo caso dal centrodestra di Silvio Berlusconi.Il capitalismo straccione è prerogativa tutta italiana, che aggrava la “normale” propensione ad effettuare operazioni come quella di Telecom, che prevedono, anche negli States e ovunque nel mondo, che sia la società target, ovvero quella oggetto di take over a pagare i debiti contratti per acquisirla. Non c’è scandalo, in effetti; non sarebbe male ricordare che prima della scalata Telecom era governata dal “nocciolino duro” (6% del capitale) made in Fiat, il cui CEO Rossignolo passò alla storia per la nota ed infelice frase sulla sua potenza manageriale. Tutto normale o quasi, tranne la totale assenza di una qualunque politica industriale nel nostro Paese: per ritrovarne tracce si deve ritornare a Romano Prodi ministro dell’industria o, forse, alla buonanima di Fanfani. Così è, o appare normale, che si parli delle Poste per salvare Alitalia, senza che nessuno, a destra o sinistra, provi un minimo senso di vergogna.

Moriremo democristiani.

 

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Giulio Tremonti Silvio Berlusconi Stato

Ce sei venuto o te c’hanno mannato?

Ce sei venuto o te c’hanno mannato?

Giulio-Tremonti

A volte ritornano. Giulio Tremonti redivivo ha emendato la manovra economica del Governo, presentando una proposta che eviterebbe IMU ed aumento dell’Iva semplicemente dando corso ai rimborsi della Pubblica Amministrazione, attraverso l’emissione di mini-bond. Giulio Tremonti è stato il marziano di tutti i governi Berlusconi, l’uomo che non si capiva bene chi lo avesse voluto lì, ma che si capiva bene che cosa facesse: diceva no, praticamente a tutto. Ora dice sì, attraverso un emendamento, ad una proposta che stima il maggior gettito Iva in termini di copertura e rende possibile la manovra. Difficile non chiedersi perché ora sia possibile, mentre prima non lo era. Tremonti, insieme a Berlusconi, Brunetta -che ora straparla-, Verdini, Cicchitto, Lupi (il c.d.”ufficio politico”) e la Lega, sono stati protagonisti di una stagione politica che, a rivederla, fa ancora più rabbia. Perché c’era una maggioranza bulgara con la quale si poteva fare di tutto e, invece, si sono blindati (male) i procedimenti giudiziari in corso del presidente del Milan: e poco altro. E’ uno spreco politico, di cui nessuna Corte dei Conti chiederà mai i danni; ma è altrettanto grave e, purtroppo, irrimediabile.

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Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo Silvio Berlusconi

Noi non metteremo le mani nelle tasche degli italiani.

Noi non metteremo le mani nelle tasche degli italiani.

Noi no, ci pensa qualcun altro. La notizia della dichiarazione di insolvenza del Credito Cooperativo Fiorentino non è appena la notizia, abbastanza ovvia, della conclusione, altrettanto scontata, di una grave crisi bancaria, fatta di conflitti di interesse, di mala gestio, di abile fuga da ogni sorta di controllo (il Credito Cooperativo Fiorentino era uscito dalla Federazione Toscana delle Bcc proprio per non dover subire le revisioni dell’internal audit e “gestire” a proprio modo il controllo contabile).

Non è un normale fallimento bancario, è un salvataggio, assai costoso: e non per il contribuente, inteso come Erario, no, è costoso per il popolo. Per tutti i clienti delle Bcc, il cui fondo di garanzia ha pagato per il salvataggio, perché la crisi fosse risolta, perché si mantenesse la fiducia nel sistema della cooperazione di credito: ogni Bcc d’Italia ha pagato la sua parte. Sono denari che non potranno essere erogati alle imprese, proporzionalmente al patrimonio di vigilanza, intaccato dalle eroiche gesta di Denis V. Probabilmente sono comunisti i giudici, quelli della Vigilanza di Banca d’Italia e certamente qualcuno troverà il modo di dire che il fallimento del CCF è stato uno scippo. Sarebbe bene che quel qualcuno spiegasse ai compagni di merende dell’ufficio politico del PdL (trop vaste programme, en effet) che S.B. no, ma qualcuno le mani nelle tasche degli italiani gliele ha messe, eccome.

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Economisti Felicità fiducia Formazione Giulio Tremonti Silvio Berlusconi Università

Professori e narrazioni.

Professori e narrazioni.

In un articolo del 16 giugno linkiesta.it titolava che “Col potere ai professori venne l’inverno della nostra civiltà“.  Qualcuno mi ha chiesto cosa ne pensassi, a quel qualcuno, così paziente, rispondo solo ora; non senza aver riflettuto, per l’ennesima volta sul lavoro di chi, come me, fa appunto il professore e dunque, secondo la vulgata (il magazziniere riminese Mario C. ne è il dimenticabile esempio), insegna perché non sa.

L’articolo di linkiesta.it è di Giulio Sapelli, professore anch’egli, di ben altro spessore rispetto al sottoscritto e non mi permetto di chiosarlo. Ma come sempre nei giornali, anche in quelli on line, contano gli articoli e, spesso, anche -se non di più- i titolisti. Del Governo Monti, che avevo tentato di esorcizzare nella sua vicinanza al mio portafoglio ed alla mia vita ho apprezzato in seguito la riforma delle pensioni ed il modo con cui è stata fatta: e la ministra Fornero è, personalmente, nella top list delle donne italiane che non solo contano, ma che fanno (ed è professoressa). Ciò che non ho apprezzato è stato il seguito, ovvero un’inconcludente concertazione, il mancato uso della forza (quella che impone di fare certe cose, costi quel che costi), i carabinieri come messi del Consiglio dei Ministri. Ma tant’è. Con il governo dei professori venne l’inverno della nostra civiltà: quale, di grazia? Quella di palazzo Grazioli? La civiltà del sorriso che raccontava un mondo neppure da sognare, un mondo già presente, dove i ristoranti erano pieni etc…un’estate fa. Perché nessuno ha titolato, il 3 agosto del 2011 per esempio, quando il Governo Berlusconi prese in giro le Camere ed il Paese con un passaggio parlamentare ignobilmente vile e ignavo, che quel governo aveva fatto scendere il buio sulla nostra civiltà?

La risposta a questo enigma, quello per cui se un governo di inetti politici non fa nulla, se non leggi ad personam, nonostante sia dotato di una maggioranza bulgara, nessuno parla di tristezza, mentre se un governo di professori (certo, con molti distinguo: Martone, Ornaghi, Ugolini, non pervenuti, Patroni-Griffi vetero sindacalista del pubblico impiego etc…) fa la riforma delle pensioni, ovvero la riforma per la quale dovremmo ringraziare Fornero e Monti medesimo vita natural durante, allora siamo tutti più tristi, la risposta a tutto questo è nella narrazione. Ovvero nella condivisione che diventa pubblica, patrimonio comune (anche luogo comune, nel vero senso della parola) di un giudizio sulla realtà, che ci riguarda, che riguarda coloro che ascoltano. Il Governo di B. era scollegato dalla realtà, ma ha saputo narrare, senza giudicare la realtà, anzi, rifuggendovi. Ha blandito il popolo senza metterlo di fronte a nulla, a nessuna responsabilità, raccontando le menzogne di chi non metteva le mani nelle tasche degli italiani, pur facendolo. Il Governo Monti, che pure ha saputo mettere, ed in che modo (!), le mani nei nostri portafogli, non è mai uscito dal binario di una narrazione seria e realista. Che gli editorialisti di Libero o del Giornale, che gli on.li Alfano, Lupi, Cicchitto, Verdini non la vogliano ascoltare, non ha importanza: quella è la situazione, quella è la narrazione.

Siamo in dirittura. Ma per finire si deve, appunto, parlare di professori e di inverno della civiltà. Insegno tecnica bancaria, parlo di merito di credito, parlo di come si valutano le aziende, lo faccio da quasi 30 anni, in università e nelle banche. Ricordo perfettamente quando venni messo alla porta da una grossa società torinese che organizzava congressi con la motivazione “Lei è troppo severo, la gente viene per essere tranquillizzata e blandita”. La narrazione era troppo realista, non andava bene. Io ho continuato, invece, a narrare le imprese ed i loro rapporti con le banche ed in tutti questi anni, anche nelle ultime settimane, il riconoscimento maggiore non è mai stato lo stipendio o una parcella: sono state le facce, le mail, le strette di mano, l’amicizia, di tutti coloro ai quali sono state date ragioni, strumenti, metodi. Forse dovremmo chiederlo al Governo Monti, di studiare narrazione. Ma nessuno può decidere al posto nostro se stare, oppure no, di fronte alla realtà: secondo la totalità dei suoi fattori.

P.S.: nonostante l’essere tacciato di buonismo, JM questa sera tifa Grecia, indefettibilmente. Così come a Istanbul il 25 maggio 2005 tifava Liverpool. Con buona pace di tutti.

 

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BCE Crisi finanziaria Disoccupazione Economisti Giulio Tremonti Silvio Berlusconi

#Greciasenzamedicine: per vedere di nascosto l’effetto che fa.

#Greciasenzamedicine: per vedere di nascosto l’effetto che fa.

La notizia della Grecia rimasta senza medicine, ha fatto il giro dei social network, diventando, in brevissimo tempo, l’hashtag più popolare (#Greciasenzamedicine) e l’oggetto delle dichiarazioni preoccupate di tutti. E non può che essere così, se in un Paese europeo si vive una circostanza di durezza e ferocia tali da far pensare a tempi che neppure immaginavamo essere tornati, quelli delle camicie brune (l’Alba Dorata, partito neo-nazista ellenico).

Purtroppo la durezza dei tempi non sembra aiutare la ragionevolezza, se coloro che invocano fallimenti a catena non si rendono conto che punire i banchieri pensando di non punire i risparmiatori è come spegnere un incendio in un museo selettivamente: lasciare bruciare, che so, i fiamminghi del ‘600 per salvare solo i rinascimentali italiani. Brucerà tutto ugualmente, perché l’incendio riguarda tutti. L’idea di B., quella di mettersi a stampare moneta, non è folle, anche se chi l’ha pronunciata mostra chiari segnali di avvicinamento al rimbambimento (a riprova dell’avanzare dell’Alzheimer, ha affermato che però lui scherzava, nel silenzio desolante dell’ufficio politico del Pdl e dei suoi fedelissimi): da tempo ne parla Krugman e tutti coloro che hanno a cuore l’esistenza non solo dell’euro, ma di un politica comune e di una banca centrale degna di questo nome. Solo che né Krugman, né altri economisti, italiani e non, hanno avuto a disposizione i cordoni della borsa ed il consenso semi-bulgaro del penultimo governo, quello degli inetti della libertà.

Mettersi a stampare moneta e salvare le banche non serve a salvare i banchieri: quelli li salverà solo l’inettitudine e la corruttela della magistratura e la loro contiguità al potere, in ogni caso. Mettersi a stampare di moneta serve ad evitare di assistere, non più di nascosto, all’effetto disastroso che fa la mancanza di liquidità nei sistemi economici e finanziari. Si chiama collasso.

 

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Giuliano Ferrara Giulio Tremonti Silvio Berlusconi

Una classe dirigente che ha fallito la riforma fiscale (e non solo quella).

Una classe dirigente che ha fallito la riforma fiscale (e non solo quella).

I politici del Pdl e altri vari nordisti che si sono scagliati contro i controlli a campione di Cortina possono avere molte ragioni astratte dalla loro, ma devono ricordarsi di essere parte di una classe dirigente che ha fallito la riforma fiscale, anzi la strategica ricomposizione e pacificazione fiscale di questo paese molto malmesso, e che certi comportamenti irridenti verso il prossimo oggi non sono più minimamente tollerabili. Punto.

Giuliano Ferrara, Il Foglio, 6 gennaio 2012

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Banche BCE Crisi finanziaria Fabbisogno finanziario d'impresa Giulio Tremonti Imprese Indebitamento delle imprese PMI Relazioni di clientela Silvio Berlusconi

Le imprese subprime e le conseguenze economiche dello spread.

Le imprese subprime e le conseguenze economiche dello spread.

Foto di Franco Monari

Mentre la stupefacente Angela Merkel loda le riforme italiane, non rendendosi conto che Monti non ha ancora fatto nulla, così come il suo predecessore Silvio Berlusconi, stupisce l’assenza dal dibattito della vera questione che turba (o dovrebbe turbare) i sonni dei banchieri: quella che riguarda la qualità del credito verso le imprese, ovvero i cosiddetti impieghi economici (mentre i titoli di Stato sono impieghi finanziari). Oggi, durante un seminario, mi è stato chiesto da un funzionario addetto ai fidi di una “banca del territorio” quali parole dovesse usare per spiegare ad un imprenditore che deve chiudere, quali fossero gli argomenti da usare, quali i termini per convincerlo ad abbandonare la partita. Non era un discorso fatto tanto per passare il tempo, era serio; ed io altrettanto seriamente ho cercato di rispondere, spiegando ciò che ultimamente mi pare essere sempre di più l’acqua calda, ovvero i fondamentali che dicono se un’impresa sta in piedi e perché. La riflessione, amara, che rimane dalla giornata di oggi riguarda l’incapacità, persino per la banca di relazione, di rapportarsi seriamente fino in fondo con i propri clienti: non per incapacità, non per difetto di competenza. Letteralmente, per inesperienza. Non riescono a pensare se non ad una relazione che va sempre bene, che non ha problemi e che, se li ha, li ignora (come con le operazioni di consolidamento e con la moratoria). Quanto alle imprese, il panorama è ancora più desolante, tanto più riflettendo a quello che accadrà a breve quanto gli effetti dello spread si ripercuoteranno sui tassi attivi praticati alle Pmi. Non è difficile immaginare che si leverà alto il lamento delle Pmi, vessate dal sistema bancario: quello stesso sistema, incapace di aiutare le imprese a comprendere l’importanza del capitale di rischio quando ancora si poteva fare qualcosa. Adesso, forse, non resta davvero che usare la scure.

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Banche BCE Silvio Berlusconi

On the edge of the financial and social disaster.

On the edge of the financial and social disaster.