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Crisi finanziaria Disoccupazione Economisti Keynes

Perché Keynes avrebbe torto?

Perché Keynes avrebbe torto?

Il prof.Francesco Forte ne sa sicuramente più di me su Keynes, e non solo. Ma mi sfugge la chiusa del suo articolo, che qui riporto, appunto, nella parte finale. Perché Keynes avrebbe torto? Perché non si può dargli ragione? Le politiche di investimento azionate dalla mano pubblica di chi sono figlie, di Friedman?

Le “politiche non convenzionali” adottate da Draghi a dicembre non costituiscono un marchingegno ipocrita per far fare alle banche gli interventi sul debito statale con i soldi della Bce, come qualcuno scrive. Infatti siamo in regime di razionalità limitata e il mercato ha più informazioni delle autorità centrali. Le banche comperano i titoli che scelgono con le loro informazioni e deformazioni, e i governi le devono persuadere a farlo con le loro offerte differenziate. Il debito che il Tesoro deve emettere nel 2012 è di circa 450 miliardi, ma quello cui si riferisce lo spread decennale non supera i 240. Come spiega Maria Cannata, che al Tesoro gestisce il nostro debito, i titoli a breve che le banche comprano fruendo dei riporti sui prestiti Bce hanno tassi del 2,7-3 per cento. I tassi del 6,5 sui Btp decennali (e settennali) che, al netto dell’inflazione attesa del 2 danno il 4,5, riguardano metà delle emissioni, l’altra metà viaggia sul 2,5-3 per cento. E i titoli triennali e quadriennali possono beneficiare di bassi tassi perché fruiscono dei prestiti triennali della Bce. Ciò abbassa il costo del finanziamento del debito e lo facilita anche per i titoli a lungo, il cui rischio si diluisce. Ma tale politica hayekiana non assicura la crescita. Per la crescita non bastano le liberalizzazioni né la pioggia di denaro, serve una politica di investimento azionata dalla mano pubblica. Qui hanno torto sia Keynes che gli austriaci.

Francesco Forte

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Imprese Mercato PIL Ripresa

Pharmonomics.

Pharmonomics.

Non avevo pensieri particolari sulle farmacie, fino all’arrivo di un sms ieri sera, che mi chiede una riflessione per alcune future farmaciste. Ci provo, anche se confesso di sentirmi più coinvolto dalle liberalizzazioni delle concessioni degli stabilimenti balneari, perché fa più Strapaese e profonda provincia italiana. Quanto alle liberalizzazioni, Monti ha avuto gioco facile sulle sparate del Presidente del Milan, chiedendosi, ancora una volta, perché, se fosse stato così semplice realizzarle, non ci abbia pensato il governo precedente. Anyway, poiché da qualche parte si doveva cominciare, Mario Monti lo ha fatto, fra l’altro, dalle farmacie ed anche JM comincia di qua.

Pensiero immediato riflettendo sui farmacisti: sono ricchi, stanno bene. Generalmente è vero, è abbastanza evidente. I genitori di un mio collega di università erano farmacisti, ed erano ricchi, la farmacia rendeva, gli hanno lasciato un patrimonio. Non sarà un’evidenza empirica, di quelle che generano una “robusta correlazione statistica” e che fanno lampeggiare SPSS ma è così. E’ vero anche a Rimini, dove vivo. Secondo pensiero immediato: quanto costa una farmacia? Risposta popolare immediata: tanto! Una farmacia vale tanto ed anche questa è un dato di realtà, verificato con alcune concordi interviste presso qualificati commercialisti. Come in tutti i mercati opachi e poco trasparenti, il prezzo di mercato non è fissato da un meccanismo efficiente, ma spinto da altri fattori. Uno di questi, certamente è l’oligopolio tipico di questo mercato: poiché 1)- non posso svegliarmi domattina e decidere di aprire una farmacia, ma le licenze sono contingentate e l’attività non è libera, 2)-i farmaci sono beni a domanda anelastica (sulla salute, di norma, non si risparmia), possedere una farmacia non è come aprire un negozio di maglioni. Le maglie possono essere belle o brutte, di buona o cattiva qualità, il negozio può essere in periferia, i commessi incapaci: e potrebbe fare troppo caldo. Insomma, vendere maglie non offre garanzie di reddito, vendere farmaci sì. Il farmacista può essere sgarbato, antipatico, la farmacia periferica (quasi meglio, si parcheggia bene), ma il farmaco lo trovi solo lì, soprattutto il farmaco che serve, quello che non è in vendita libera: se poi è notte, o è domenica, la farmacia deve essere quella lì, quella di turno, e se è dall’altro capo delle città, pazienza. Il raffreddore ce l’hai anche con le stagioni strane, la cardioaspirina devi prenderla tutti i giorni etc..

Aprire una farmacia costa molto, si può solo comprarla: e recuperare l’investimento è lungo e difficile. Tre anni fa feci una consulenza ad un avvocato del Nordest  che se l’era comprata per la figlia, che diversamente avrebbe continuato a fare l’erborista. La consulenza fu superflua, la farmacia -stagionale- era già stata comprata, ad un prezzo con sei zeri, in una zona di villeggiatura; la mia consulenza serviva a dare l’imprimatur all’affare. Imprimatur che non venne, perché a mio parere, e qui è il punctum dolens della questione, a quei prezzi c’è solo un modo per recuperare il capitale investito, ed è rivendere. Non dipende dalla stagionalità dell’attività, poiché la stessa farmacia, in una città costerebbe molto di più e renderebbe in proporzione. No, dipende solo dall’oligopolio, e dal fatto che tu ci sia dentro o no. Se ci sei dentro e sei uno degli oligopolisti o hai ereditato i vantaggi, oppure li hai comprati; in entrambi i casi li difendi con le unghie e con i denti. Se sei fuori, sei disposto a pagare un sovrapprezzo per acquistare una rendita che offre molte sicurezze. Ma una volta che sei dentro, giustifichi il sovrapprezzo e lo vuoi, anzi lo devi recuperare. Ci possono essere per i farmacisti mille ragioni scientifiche e di tutela della salute per opporsi alle liberalizzazioni, ma in realtà una sola è quella più potente di tutti: la svalutazione della rendita, l’azzeramento del capitale investito. Non è sicuro che la liberalizzazione delle farmacie provocherà la crescita di dieci punti di PIL, come affermato dal Presidente del Consiglio: ma certamente ridurrà significativamente l’ammontare del capitale da recuperare attraverso la rendita oligopolistica. E dunque ridurrà la rendita, con benefici per tutti. Quanto alle giovani future farmaciste, penso che la loro vocazione si realizzerà pienamente anche senza la rendita: ed auguro loro di poter trarre soddisfazione dalla loro futura professione per quello che essa è, un servizio alla salute delle persone, non per l’essere ricche commercianti laureate.

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Crisi finanziaria fiducia PIL Ripresa

Peccati originali.

Peccati originali.

Uno dei miei 25 lettori ha scritto in un commento al post una cosa che condivido integralmente, e perciò la ripropongo: il “peccato originale dei tassisti: acquistano una licenza a 200.000 euro per avere i redditi da fame.” Si potrebbe estendere il peccaminoso concetto anche ai bagnini per quanto riguarda le concessioni di spiaggia ed a tutta un’altra serie di soggetti di cui, ci si augura, si occuperà il Governo di Mario Monti, dopo essersi occupato, purtroppo, delle nostre tasche.

I casi sono due, o forse sono tre: i tassisti (bagnini & co.) sono esseri perfettamente irrazionali e sfiorano l’idiozia; i tassisti (bagnini & co.) sono molto razionali e, soprattutto i secondi, recuperano con l’evasione ottenendo un rendimento adeguato al proprio capitale investito; il mercato delle licenze di tassisti, bagnini & co. fa parte di un gigantesco Ponzi-scheme, che non può essere interrotto, altrimenti qualcuno si fa male.

La mia sensazione è che il terzo caso sia quello più vero, ma anche quello che nessuno commenta, perché alimenta un classico meccanismo di bolla, esteso, per esempio, anche agli immobili ad uso alberghiero, che nessuno ha interesse ad interrompere. Chi ci è dentro, infatti, avendo pagato somme esageratamente elevate, spera di rientrare delle medesime, grazie alla persistenza di un mercato bloccato e protetto. Chi ci è fuori perché mercati di questo genere si caratterizzano per un’altissima opacità, per asimmetria informativa e mancanza di conoscenza dei meccanismi aziendali, oltre che della reale redditività. Qualche anno fa -ancora non me lo perdono- parlando con un bagnino di Cervia che aveva fatto cambiali per pagare a caro prezzo il suo stabilimento balneare, feci piangere, in senso letterale, lui e la sua famiglia, poiché feci capire loro, conti alla mano, che il rientro dall’investimento sarebbe avvenuto solo dopo che qualcun altro avesse comprato il bagno stesso, consentendo loro di uscire dalla bolla e dallo schema Ponzi.

C’è un’ultima considerazione da fare, per così dire “culturale” e riguarda l’approccio mentale interiore che normalmente viene adottato da chi si inventa il mestiere di tassista e/o di bagnino etc.. E’ un approccio tipicamente da rendita. L’approccio di chi vuole pensa a un posto di lavoro garantito e protetto, che consenta di andare avanti in una nicchia, con il tempo che fa aumentare l’investimento iniziale quasi per inerzia. Una rendita, appunto. Legittimo inseguire le rendite, a nessuno è chiesto di farsi piacere le battaglie quotidiane. Però non si chieda neppure al resto del mondo di accettare che qualcuno, “ricuccianamente”, faccia il sodomita con le terga altrui, grazie a tutte queste imperfezioni di mercato. Le quali, com’è noto al Presidente del Consiglio, generano equilibri sub-ottimali. Molto sub.

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PIL Ripresa Stato Sviluppo

Licenze taxi come “polizze”: polizze?

Licenze taxi come “polizze”: polizze?

MILANO – Suona il citofono. Le sette di sera. Appartamento (comprato negli anni Cinquanta e poi lasciato dai genitori) in corso Lodi (una lunga direttrice tra centro e periferia) di Giovanni Maggiolo, 47 anni, tassista e ormai sindacalista a tempo pieno (Cgil) dei tassisti.
Per curiosità, chi era al citofono?
«Un collega. Stiamo andando a una trasmissione a Telenova. Ha 49 anni. Ha perso il lavoro. Allora, alla sua età, si è indebitato con gli anziani genitori per comprarsi una licenza da tassista. E ora liberalizzano. La licenza è la sua assicurazione sulla vita: che farà?».

Fin qui un brano dall’articolo di Andrea Galli, sul Corriere.it di oggi. L’intervista procede con la difesa, ovvia, viste le cifre, del sindacalista, e paragoni con il resto d’Europa. C’è qualcosa di marcio nel regno di taximarca, direbbe Shakespeare: c’è qualcosa che assomiglia molto ad una bolla, non ad una polizza, che determina rendite che non possono venire meno, pena la perdita di un capitale investito, appunto, in una licenza. Quello stesso meccanismo per cui, mi si raccontava qualche tempo fa a Firenze, i bar in quella città vengono comprati e pagati con le cambiali, i taxi con denaro sonante ed in nero. E’ quantomeno da dubitare che, eliminato il meccanismo della rendita, liberalizzando le licenze, il prezzo non scenda: perché da parte del tassista non si dovrebbe procedere all’ammortamento ed al recupero del costo della licenza. Il ragionamento potrebbe essere ripetuto per bagnini, farmacisti e notai (in Portogallo i notai sono pubblici ed estremamente economici: in Francia i notai sono avvocati, pagati il giusto, sicuramente meno che in Italia), a tacer del resto, ovvero commercialisti, avvocati etc… Il problema è che quando vuoi tagliare un rendita c’è sempre qualcuno che ha la rendita più rendita della tua. Nell’intervista citata sopra, il sindacalista, infatti, cita i farmacisti, che a loro volta citeranno i tassisti e così via. Ma chiunque capisce da solo che riporre in una licenza il concetto di polizza, ovvero di capitale accumulato, ha qualcosa di malato e di sbagliato in sè. Tanti auguri al ministro Passera.

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Banche PIL Sviluppo

Classifiche (Rimini prima per divertimenti, “solo” seconda per mafia).

Classifiche (Rimini prima per divertimenti, “solo” seconda per mafia).

Il solerte Resto del Carlino, dopo averci ammannito i primati di Rimini su Forlì quanto al divertimento (senza, ovviamente, essersi posto qualche problemino sul perché: ma è in buona compagnia) riflette all’improvviso sul secondo posto conquistato per infiltrazioni mafiose e riciclaggio. Riflette è una parola grossa: prende nota, è una notizia che non si può bucare, ma che non si può commentare. Guai a turbare la coscienza civica della città cosmopolita, internazionale, divertente: meglio parlare dello stalinismo dell’amministrazione, che sancisce il blocco del cemento, grazie a Dio. Con giornali del genere, con lettori del genere, certi primati si meritano: tutti.

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BCE Economisti Germania Giuliano Ferrara Keynes Mutui e tassi di interesse PIL Regno Unito USA

A proposito di keynesiani.

A proposito di keynesiani.

L’articolo di Paul Krugman, apparso sul New York Times, ha scatenato il dibattito fra tutti coloro, Giuliano Ferrara in testa, che ritengono che la BCE  e la UE debbano piantarla di essere le vestali rigide ed un po’ stupide dell’ortodossia monetaria e che si debba finalmente ri-cominciare a parlare di sviluppo, aiutando le economie ad uscire dalla crisi.

Va tutto bene, non possiamo che concordare: qui si voleva solo sommessamente ricordare che Krugman è un Premio Nobel per l’economia (argomento sul quale a Stoccolma vedono meglio rispetto, per esempio, alla letteratura). Ma soprattutto che è liberal e keynesiano.

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Felicità PIL Rischi welfare

Non siamo padroni del nostro destino.

Non siamo padroni del nostro destino.

L’incertezza ci si presenta così come una sorta di “precariato” dell’esistenza: ma se da un lato noi continuiamo ad aspettarci dalla tecno-scienza un controllo previsionale della natura fisica, e a rivendicare dallo Stato la tutela dei nostri diritti individuali e sociali; dall’altro lato queste aspettative e queste rivendicazioni finiscono forse con il coprire quel livello più radicale e più inquietante che sempre, poco o tanto, l’insicurezza rende evidente, e cioè che non siamo i padroni del nostro destino. Ma allora si pone una domanda: la mancanza di certezza coincide totalmente ed esclusivamente con la nostra incapacità a far fronte agli imprevisti della vita, ai casi della natura e agli accidenti della storia? Se la risposta è sì, allora l’incertezza è solo il riverbero di uno scacco, di una condanna, qualcosa come una maledizione. Ma se guardiamo più attentamente, essa è in grado di attestare anche qualcos’altro, vale a dire il nostro essere-esposti costitutivamente a ciò che accade, che ci raggiunge, ci tocca, e per ciò stesso ci spiazza, ci provoca, ci chiama in causa.
Costantino Esposito, Meeting di Rimini,23 agosto 2011

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Crisi finanziaria Germania PIL Ripresa USA

Misteri.

Misteri.

(..) «Non si capisce che cosa abbia a che fare una tassa finanziaria con la crisi dell’euro. Si tratta di un’ imposta finanziaria proposta già innumerevoli volte dalla Ue, sulla quale non si è mai trovato un accordo. Immagino che anche questa volta non se ne farà nulla». E nel frattempo? «Rimane aperto il problema-chiave: che cosa fare se arriva un nuovo attacco su un Paese sistemico come l’Italia o la Spagna. Quel che è grave è che l’ Efsf (European Financial Stability Facility, il meccanismo salva stati di Eurolandia) non può funzionare se deve salvare un Paese grande come la Spagna o l’ Italia. Ma non lo si può aumentare perché provocherebbe un effetto domino fra i Paesi. E alla fine rimarrebbe come unico grande garante solo la Germania». Per questo l’ emissione di eurobond, nonostante il «no» di Berlino e Parigi, incontra sempre più sostenitori? «L’emissione di eurobond può rappresentare una soluzione soltanto dopo aver ridotto il debito, per esempio quello italiano, al 60% del pil, il livello contemplato dal Trattato». Anche perché secondo l’ istituto Ifo gli eurobond costerebbero alla Germania 47 miliardi all’ anno? «Non serve fare i calcoli di quanto costa, senza sapere quali tipi di Eurobond introdurre».

(..) Nel frattempo come giudica la mega-manovra italiana? «Indispensabile, è chiaro. D’ altra parte, bisogna togliersi l’ illusione che schiacciando un bottone la crescita riparta. Anche perché rimane un mistero il perché l’ Italia cresca meno della Germania, con investimenti superiori a quelli tedeschi e il recente aumento del livello di istruzione. D’ altra parte, la Germania ha preparato per oltre un decennio un calo del tenore di vita. E abbassando i prezzi è tornata competitiva. E adesso esporta. Ora tocca fare lo stesso a Italia e Spagna». Sì ma ora la Germania non cresce. «Non bisogna andare troppo oltre nell’ interpretazione dei dati trimestrali. Complessivamente nei primi sei mesi la Germania è cresciuta bene. Ora rallenta perché ha raggiunto il livello pre-crisi, e la sua crescita potenziale è bassa, pari all’ 1,5%, con una popolazione attiva in calo. Inoltre la Germania non può sottrarsi al rallentamento dell’ Europa, degli Usa e dei Paesi emergenti».

Daniel Gros, intervista al Corriere della Sera, 18 agosto 2011

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Crisi finanziaria Disoccupazione Felicità fiducia Ricchezza Ripresa Rischi USA welfare

Dissolta come un miraggio nel deserto.

Dissolta come un miraggio nel deserto.

Il declino è anche sulle scoperte: “Paragonate gli anni Venti agli anni Novanta: nei primi, la scoperta dell’insulina e della penicillina, i vaccini per la tubercolosi, la difterite, il tetano. Nell’ultimo decennio del XX secolo? Il vaccino per l’epatite A e il Viagra”. Steyn racconta i “bamboccioni italiani, che in Giappone sono chiamati ‘parasaito shinguru’, i parassiti single, e in Inghilterra sono i ‘kippers’, figli a carico di genitori e che ne erodono i risparmi. In Canada il 31 per cento degli uomini fra i 25 e i 29 anni dorme ancora nel letto d’infanzia”. La crisi demografica è letta attraverso la demografia: “Il cinquanta per cento delle donne giapponesi è senza figli. Fra il 1990 e il 2000 la percentuale di donne spagnole senza figli è raddoppiata. In Svezia, Finlandia, Austria, Svizzera, Olanda e Inghilterra, il venti per cento delle donne quarantenni è senza figli. La coscienza europea collettiva promossa dall’Unione europea si è dissolta come un miraggio nel deserto. Non c’è Europa al di là della finzione ufficiale dell’élite eurocratica”.

Mark Steyn, in Giulio Meotti, Il Foglio 18 agosto 2011

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PIL Ripresa Sviluppo

Lamenti e inflazione turistica.

Lamenti e inflazione turistica.

La notizia della soppressione delle festività laiche, con conseguente sparizione dei ponti, non poteva che generare lacrime nell’ambiente turistico riminese, che piange per il venir meno dei fatturati. Ci può stare, anche se le lamentele provengono da un settore che non brilla per contribuzione fiscale e per “volonterosità” del gettito. Nessuno, in compenso, prova a chiedersi se per caso ci sia qualcosa di strategico da rivedere nel modello turistico riminese; anzi, con la consueta solerzia, Il Resto del Carlino qualche giorno fa ha fatto sapere che il grande asset della Riviera rimangono i prezzi a buon mercato, citando una ricerca di Trademark.

Siamo certi delle buone intenzioni del Carlino, che vuole rassicurare i suoi lettori e tutta la città, oltre che, ovviamente, i turisti. Ciò che non rassicura, tuttavia, è la capacità di fare i conti del giornalista.

Qualche esempio può aiutare a chiarire, tenendo conto di un’inflazione che, dati Istat alla mano (indice dei prezzi al consumo), ha registrato, nel decennio dell’euro, un +22,7%.

Variazione dei prezzi in Riviera pubblicati da Trademark

2001

2011

var.%

diff. su inflaz.

1 caffè

€0,83

€1,70

104,82%

82,12

1 gettone sala giochi

€0,26

€0,50

92,31%

69,61%

Mirabilandia

€19,11

€33,00

72,68%

49,98%

Bibita in lattina

€ 1,81

€ 3,00

65,75%

43,05%

gelato medio da passeggio

€ 1,29

€ 2,00

55,04%

32,34%

1 h.di tennis

€3,87

€ 6,00

55,04%

32,34%

Primo piatto con sugo di carne

€ 5,16

€ 8,00

55,04%

32,34%

Italia in miniatura

€12,91

€20,00

54,92%

32,22%

Primo con sugo di pesce

€ 6,71

€10,00

49,03%

26,33%

gelato al tavolo

€ 3,87

€ 5,50

42,12%

19,42%

Birra media

€ 2,84

€ 4,00

40,85%

18,15%

Aquafan

€18,59

€26,00

39,86%

17,16%

pensione completa 4 stelle

€70,23

€97,00

38,12%

15,42%

mezzo litro minerale

€ 0,77

€ 1,00

29,87%

7,17%

ombrellone + 2 lettini

€ 9,89

€12,80

29,42%

6,72%

pensione completa 3 stelle

€43,38

€56,00

29,09%

6,39%

1 h.di pedalò

€ 6,20

€ 8,00

29,03%

6,33%

Pizza quattro stagioni

€ 4,65

€ 6,00

29,03%

6,33%

cappuccino e brioche

€ 1,70

€ 2,10

23,53%

0,83%

Pizza margherita

€ 3,36

€ 4,00

19,05%

-3,65%

Vino in caraffa

€ 7,26

€ 8,00

10,19%

-12,51%

Diciamo che il vero asset della Riviera sono le strutture ricettive, che hanno conservato prezzi competitivi. Su tutto il resto l’interpretazione del giornale resta quanto meno discutibile, pur tenendo conto dell’intento di tranquillizzare. Per esempio ci si potrebbe fare qualche domanda su quanto sia sostenibile un modello di sviluppo basato sulla modestia degli investimenti e l’insostenibilità delle strutture (con evidenti ricadute sull’evasione fiscale). Ma probabilmente certe domande fanno perdere lettori e consensi, ed è meglio evitarle. Buone vacanze!