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Se misurare la febbre non basta.

Se misurare la febbre non basta.

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Per la prima volta dopo un po’ di anni di frequentazione assidua, non ho potuto partecipare all’Assemblea Generale di Banca d’Italia. Il che ha fornito lo spunto per discussioni che, intrecciate alle considerazioni finali del Governatore Ignazio Visco, hanno visto il sottoscritto ed i suoi due compagni di avventure lavorativo-bancarie questionare su tutto senza trovarsi d’accordo (quasi) su niente, in particolare in materia di crisi d’impresa, ruolo e compito delle banche, e come al solito leninianamente sul “che fare?”. Sulle discussioni sarà il caso di ritornare, anche se la sensazione ricevuta da molti incontri in questo periodo è sempre quella, una sola ed unica domanda:”Diteci cosa dobbiamo fare, qualunque cosa sia.”  Domanda che mi sono sentito rivolgere indifferentemente da amministratori, soprattutto di banche locali, direttori generali, preposti, addetti all’area credito, risk controller ed addetti al monitoraggio, oltre che, ovviamente, da imprenditori: tutta la pletora di coloro che maneggiano i problemi dle credito deteriorato. Proprio da questa domanda continua e insistente nasce il disagio per un’affermazione lapidaria fatta propria dal Governatore ieri.

A fronte del deterioramento dei prestiti, la Banca d’Italia ha intensificato il vaglio sull’adeguatezza delle rettifiche di valore effettuate dagli intermediari. Sono state condotte verifiche a distanza e in loco, chiedendo alle banche di vagliare nel continuo l’adeguatezza del tasso di copertura dei prestiti deteriorati e, quando necessario, sollecitando interventi correttivi. Questa azione continuerà, anche in collegamento con gli analoghi esercizi concordati in sede internazionale, in vista della vigilanza unica europea.

Intensificare il vaglio sull’adeguatezza delle rettifiche di valore, ovvero sollecitare la corretta e tempestiva appostazione a voce propria di osservazioni, incagli e sofferenze (i tre gradini della scala del rischio di credito) e, di conseguenza, verificarne la copertura in termini patrimoniali, sembra l’unica preoccupazione dell’ex-prestatore di ultima istanza (il lender of last resort della teoria finanziaria anglosassone). Che privato della facoltà di battere moneta e, ad evidenza, superato nel suo ruolo di regulator da Francoforte (e grazie a Dio, dall’attivismo di Mario Draghi),  si limita a misurare la febbre, ovvero la consistenza del credito deteriorato. Senza poi avere, almeno all’apparenza, altre mosse che quelle di ispezionare, sanzionare e, rimpinguando il triste bottino della voce 130 del conto economico bancario (le rettifiche di valore, appunto), constatare il decesso. Forse Mario Draghi ha più strumenti per avere più fantasia: ma il ruolo che Via Nazionale ha deciso di giocare nella crisi assomiglia sempre più a quello del coroner, quella figura legale del diritto USA e UK che, sopraggiunta sul luogo del delitto, certifica il trapasso del de cuius. Ruolo fondamentale, ma passivo, compito doveroso e ingrato, necessario e triste, ma insufficiente (e infatti poi arrivano CSI, Law and Order, le unità speciali del Bureau etc..). Perché alla fine ciò che si dovrebbe intensificare sono le cure, non il numero di volte in cui gli infermieri passano a prendere la temperatura: alla fine, sempre più spesso, sarà stata l’ultima.