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#Creditodifficile, #schematismifacili.

#Creditodifficile, #schematismifacili.

Se #creditodifficile è divenuto in breve tempo uno degli hashtag più popolari di Twitter un motivo deve pur esserci. Oggi leggevo di un utente che si lamentava di aver ricevuto un rifiuto per un prestito, teso all’acquisto di un’auto (se ho ben compreso), pur potendo dimostrare un reddito da lavoro dipendente di 900 € mensili. Ergo, il credito come diritto civile e non come scelta consapevole, il credito come una sorta di servizio pubblico, che deve essere assicurato a tutti: a tutti i costi. A spese di chi sia possibile tutto questo, non si dice, ma è scontato che siano le banche a doversene fare carico, cariche come sono, nell’immaginario di molti, di liquidità che per misteriosi motivi non viene erogata. Sempre su Twitter oggi si invitava a presentare testimonianze e storie di vita vissuta quanto ai dinieghi bancari. Potrei scrivere un libro sulla sconfinata stupidità di certe pratiche di fido, non certamente “difficile” che da almeno 20 anni mi è capitato di esaminare: non lo faccio, non ora, ma sarebbe facile. E servirebbe a mostrare che gli schematismi non funzionano mai per descrivere la realtà.

Intendiamoci, le banche hanno molte colpe e l’ABI riesce a sintetizzarle tutte molte efficacemente, per l’azione improvvida che ne caratterizza gli atti e le prese di posizione, per l’incapacità di essere propositiva e costruttiva, per il non sapere andare oltre la difesa, talvolta d’ufficio, dei comportamenti delle associate, soprattutto se di grandi dimensioni. Ma attribuire alle banche tout court ogni colpa per il credit crunch significa, nella migliore delle ipotesi, essere, appunto, schematici. Per tornare all’esempio precedente, chi si lamentava del diniego nulla ha detto circa il suo tenore di vita, i debiti preesistenti, gli altri impegni per sostentamento della famiglia, affitto, bollette, etc…

Infine, en passant, non sarebbe male ricordare alcuni aspetti strutturali, difficilmente controvertibili:

  1. le banche guadagnano se fanno credito. Rifiutare credito a priori significa rifiutare guadagni, va bene la stupidità, ma anche quella delle banche ha un limite;
  2. se le banche non fanno credito è possibile che ci sia un problema di liquidità? a qualcuno è venuto in mente che ne hanno fatto fin troppo prima e che ora i denari BCE servono a poter essere solvibili verso i risparmiatori?
  3. si invoca spesso “il mestiere perduto” delle banche, ovvero la loro incapacità di rischiare, dimenticando che le banche non rischiano il loro, ma i sudati risparmi del popolo: e che chi si lamenta, molto spesso, è il primo a non mettere denari nella sua azienda.

E se invece del lamento continuo provassimo ad uscire dalla polemica e tentassimo a ricostruire un tessuto di relazioni di clientela che metta al primo posto la responsabilità personale? Dell’impresa e della banca? Se mettessimo al centro della valutazione natura, qualità e durata del fabbisogno finanziario, anziché le garanzie che, al più, rappresentano un dissuasore? Se provassimo a pensare ai progetti delle imprese in termini di sostenibilità, raccontandoli e documentandoli, magari piantandola di ritenere i bilanci annuali un tributo burocratico? Proviamoci. Le cose belle e fatte bene non sono facili e non sono immediate. Ma se non ci proviamo mai, non accadrà mai niente.