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Se fare una nuova impresa non è solo inventarsi un lavoro.

Se fare una nuova impresa non è solo inventarsi un lavoro.

Giovanni Muscarà

Il Corriere on line di oggi racconta una gran bella storia, tanto più che ho avuto la ventura di conoscerne il protagonista, perché è stato compagno di studi di mio figlio. Giovanni Muscarà, la cui vicenda è narrata, oltre che nell’intervista di Ilaria Morani, anche su questo link, non ha cercato di fare un’impresa per crearsi un posto di lavoro (è una della cause più diffuse di mortalità delle imprese neo-costituite, soprattutto nei primi tre anni di vita, unitamente alla mancanza di programmazione finanziaria): ha fatto impresa mentre cercava di essere attento alla realtà e ai suoi bisogni. Non ha deciso prima che avrebbe fatto un centro di riabilitazione a Londra, non ha inseguito sogni astratti o progetti di plastica, è stato alla realtà, anzitutto alla sua realtà personale. Nell’intervista, che vale la pena leggere, si parla di educazione e di lavoro, di fatica e di metodo. E si intuisce che Giovanni non è stato solo, c’è stata una compagnia, quella dei suoi amici o quella di persone come lui che lo hanno aiutato o che hanno condiviso con lui  i suoi bisogni ed hanno giudicato insieme a lui i passi da compiere. La storia di Giovanni è educativa, nel senso più vero; se essere educati è essere introdotti alla realtà secondo la totalità dei suoi fattori, Giovanni lo ha fatto anzitutto su di sè, partendo dal proprio bisogno. E poi è educativa perché mostra, al di là di ogni esito finale, cosa possa accadere ogni volta che si parte da un bisogno e lo si condivide. Poteva essere una cura che risolveva un problema personale, e finiva lì, invece è diventata un metodo e qualcosa che può essere offerto, in maniera professionale, a tanti. Queste giornate a cavallo dell’anno sono piene di storie tristi, di imprenditori soli, che si uccidono per la vergogna di non poter pagare più stipendi. Sono storie che interrogano tutti, ma interrogano di più chi lavora con le banche e con le imprese, perché queste persone potevano essere aiutate a capire che non sei definito dai tuoi limiti o dai tuoi errori. La storia di Giovanni ci insegna cosa accade tutte le volte che si costruisce qualcosa, non a prescindere dai propri limiti ma sapendo che non sei definito da loro.

Grazie a Giovanni per quello che ha fatto, spero che ce lo venga a raccontare presto, nelle Scuole d’Impresa, in banca, o in università. Lo aspettiamo.

 

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

4 risposte su “Se fare una nuova impresa non è solo inventarsi un lavoro.”

Carissimo John Maynard,
leggendo questo tuo articolo, di riflesso, ricordo un servizio sentito al tg3 regionale della mia Regione Veneto che ti voglio raccontare: il giornalista parlava di educazione. Mi ha colpito molto e lo voglio raccontare. Doveva essere una vacanza di Natale, quella di tre amiche, studentesse alla Cattolica di Milano, trascorse fra Venezia e dintorni, a visitare le ville storiche. Non è solo un fatto educativo quello che ha spinto le giovani a scegliere, in una mensa presso le suore, dove dovevano pranzare, a mollare tutto e ad aiutare a servire i piatti, questo loro stare di fronte alla realtà. Perché sono state colpite, perché c’era qualcosa che andava oltre: ospiti della mensa c’erano persone povere, senzatetto, ma soprattutto gente che, purtroppo, non ha più un lavoro e i soldi per avere un pezzo di pane. Un gesto questo, delle studentesse, che va oltre all’educazione e al coraggio: una risposta all’invito di Cristo a mettersi al servizio degli altri, con il cuore, con l’amore. Già da qualche mese si trovano ad ospitare anche intere famiglie che non ce la fanno a dare da mangiare ai figli, riferisce la madre superiora. Questo merita una riflessione. Merita un pensiero non solo il gesto ma invita tutti a riflettere sulla propria di realtà, e per tutti quelli, io non mi tolgo, che a volte siamo più attratti dal benessere materiale dimenticando i beni eterni.

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Secondo me il modo più semplice per ideare un lavoro è quello di basare tutto sulle proprie passioni, proprio perchè soltanto facendo ciò che ci piace possiamo trovare le energie sufficienti alla realizzazione dei nostri intenti. In particolari, costruire una rendita lavorativa basata su quello che sappiamo fare meglio, ci da la certezza di trattare temi di cui siamo profondi conoscitori, essere in grado di prevedere le esigenza della nostra nicchia di mercato e proporre delle soluzioni adatte. Ideare un lavoro significa sopratutto capire di cosa le persone hanno bisogno, e per fare questo serve conoscere perfettamente la tematiche che vogliamo trattare.

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