Va a finire che Marx aveva ragione (anche se non si riferiva ai contadini).
La stabilizzazione delle aliquote contributive nelle aree montane e svantaggiate incassata con la Legge di stabilità ha messo al riparo le aziende agricole da un salasso previdenziale. Ma è il solo costo che resta sotto controllo. E soprattutto l’unico dato positivo per il settore. Una vera gelata è arrivata infatti dagli ultimi dati Eurostat relativi ai redditi degli agricoltori europei. Nell’Europa a 27 la crescita nel 2010 è stata del 12, 3 per cento con balzi in tutti i principali paesi, dalla Francia (+31,4%) alla Germania (22,8%) per arrivare a quasi il 55% della Danimarca. Ma l’Italia con una flessione del 3,3% rientra in una ristretta rosa di paesi con segno negativo (Cipro, Finlandia, Grecia, Regno Unito e Romania).
Un ennesimo campanello d’allarme di una situazione ad alto rischio. I conti dell’agricoltura italiana infatti continuano a essere in rosso. Nel terzo trimestre il valore aggiunto agricolo, secondo le ultime rilevazioni Istat, ha perso un altro 1,2% con un calo tendenziale di quasi l’1 per cento. Un risultato che pone l’agricoltura in controtendenza rispetto alla crescita dell’1,3% del sistema economico nel suo complesso. E intanto continuano a crescere le bollette a carico delle imprese. Secondo l’Ismea i costi sono aumentati di quasi il 4% in un anno. In forte rincaro, in particolare, mangimi, energia elettrica e carburanti. Il caro-costi aggrava così i bilanci 2010 delle imprese che per tutto l’anno hanno dovuto fare i conti con la flessione dei prezzi dei prodotti agricoli.
(Il Sole 24 Ore, sabato 8 gennaio 2011)