Se le penali non bastano.
Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia, intervistato da Isidoro Trovato, sul CorrierEconomia di oggi, propugna, fra le altre cose, una più vigorosa applicazione della Direttiva Europea in materia di ritardi nei pagamenti, invocando “una penale automatica per chi sgarra.” Peccato che poi si renderebbero necessarie penali per i giudici civili che non decidono, e non solo per lo Stato ed i suoi sodali che non pagano (ma non è solo lo Stato, anzi). Già che ci siamo, nell’intervista si parla anche di “risorse fresche come quelle che possono garantire i fondi di investimento, a patto che le aziende si decidano ad aprire al capitale esterno.” Su questo punto la vulgata prevalente comincia a stancare ed è, per dir così, avvitata su se stessa. Le imprese necessitano di capitali freschi, ma non si vogliono aprire sull’esterno: hanno sete, ma non vogliono pagare l’oste che mescerebbe il vino. Che fare? La ricetta di Guerrini è surreale, se non fosse la comica espressione del livello della nostra imprenditoria senza capitali: “La mentalità sta cambiando in fretta, basta solo osservare quello che sta accadendo nel settore delle energie rinnovabili“. Ovvero, la più grande speculazione a spese dello Stato dopo la scomparsa della Cassa per il Mezzogiorno. Se non bastano le penali, non bastano neppure le parole d’ordine: il problema è culturale e, probabilmente, irrisolvibile.